Il viaggio in Irak ha mostrato una volta di più la straordinaria statura morale di Papa Francesco, e la sua presenza in quella martoriata regione del mondo ha assunto anche un forte significato politico.
La stampa, la televisione e gli altri media ne hanno dato una comunicazione all’altezza dell’importanza del viaggio e del viaggiatore, con un’unica ombra: la diffusa insistenza ad un riferimento che rappresenta un errore storico-geografico.
Mi riferisco al fatto che in quasi tutti i resoconti si dice che il Pontefice è stato nella terra di Abramo e, in particolare, nella biblica “Ur dei Caldei”. Si tratta di un errore che era stato messo in evidenza già nel 1999, allorché Giovanni Paolo II aveva espresso l’intenzione di andare ad Ur per pregare sui resti della casa di Abramo. In quella occasione Giovanni Pettinato, uno dei maggiori studiosi dell’antichità sumera, disse in una intervista a Repubblica: “Il Papa andrà nel posto sbagliato, perché Abramo non c’entra niente con la città sumerica di Ur“.
La vicenda può essere riassunta sommariamente in questi termini.
Narra la Bibbia nella Genesi: “Poi Terakh prese Abramo suo figlio e Lot, figlio di Haran, figlio cioè di suo figlio, e Sarai sua nuora, moglie di Abramo suo figlio, e li fece uscire da Ur dei Caldei per andare nella Terra di Canaan. Ma arrivarono fino a Kharran e vi si stabilirono”. Poi, dopo la morte di Terakh, Yahve dice ad Abramo: “Parti dalla tua terra e dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò (…) Allora Abramo partì, come gli aveva detto Yahve, e con lui partì Lot. Abramo aveva settantacinque anni quando lasciò Kharran”.
Dunque, secondo la Bibbia, per andare verso la “Terra di Canaan” Abramo parte da Kharran dove era arrivato al seguito del padre partendo dalla “Ur dei Caldei”, per cui il punto da dipanare è: dove si trova la “Ur dei Caldei”?
A questo interrogativo risponde autorevolmente Leonard Wooley sulla base delle indagini archeologiche da lui stesso condotte a partire dal 1922, che portano alla luce l’antica Ur, una delle più importanti città che hanno dato vita in Mesopotamia – la terra tra i fiumi Tigri ed Eufrate – a quella che il grande antropologo Vere Gordon Childe ha definito “La rivoluzione urbana”.
La prima città in ordine di tempo è stata Uruk, patria del leggendario re Gilgamesh, che domina sulla Mesopotamia tra il 3200 e il 2800 a.C.
Ur appartiene al periodo successivo, quello delle cosiddette “città-stato rivali” (2800-2350 a.C.) e viene fondata su un’ansa del fiume Eufrate. Ha una popolazione stimata in 24.000 abitanti e intorno al 2150 a.C. diventa la città capitale di tutto il Sumer. L’impianto urbano è affatto singolare, con una cinta muraria di forma mistilinea lunga circa tre chilometri, al cui interno si trova il temenos, un recinto sacro di dieci ettari che circonda l’area in cui è ubicata la Ziqqurat di Ur-Nammu, tipica costruzione palaziale sumera, oggi fedelmente ricostruita.
Ma il livello di qualità urbana raggiunto da questa città è emerso in modo ancor più evidente da una delle più straordinarie scoperte emerse dagli scavi, quella delle cosiddette “Tombe Reali” al cui interno è stato rinvenuto un tesoro composto da gioielli, utensili, armi e oggetti di varia natura, che fanno intendere livelli elevatissimi di abilità artigianale, di raffinatezza e di sfarzo.
Tra questi il cosiddetto “Stendardo di Ur”, una scatola di legno lunga 45 cm, probabilmente la custodia di uno strumento musicale, che nelle due facce principali porta figure sovrapposte realizzate con conchiglie, lapislazzuli e calcare rosso che raccontano storie di pace e di guerra.
Sul lato detto della pace sono raffigurate scene di un banchetto, con il Re a capo tavola, alcuni cortigiani che bevono dai calici portati dai servi, un musico che suona una lira a forma di testa di bue e un corteo di pastori e pescatori che portano i loro prodotti al palazzo reale. Sull’altro lato le scene di guerra, con la raffigurazione del Re condottiero sul carro da combattimento reale, alcuni fanti e soldati su carri da guerra.
Tornando ora alla questione iniziale, è lo stesso Wooley a confermare con assoluta convinzione che la Ur sumerica è la biblica “Ur dei Caldei”, sostenendo questa tesi in un libro titolato, appunto, “Ur of the Chaldees” (Ernest Benn Ltd, 1930). Non essendoci all’epoca argomenti scientifici atti a contrastare la tesi di Wooley, questa rimane ferma e accettata dalla gran parte degli studiosi per oltre quaranta anni.
Ma a partire dalla metà degli anni ‘60 del Novecento, la campagna di scavi condotta dalla Missione Archeologica della Sapienza guidata da Paolo Matthiae, porta alla luce la città di Ebla in Siria, nel cui Palazzo Reale datato al 2300 a.C. si ha il sensazionale ritrovamento di circa 14.500 tavolette in caratteri cuneiformi che hanno costituito una straordinaria fonte di documentazione sulla storia dell’Oriente antico.
E’ da questo immenso tesoro di informazioni che emerge un elemento che riapre la questione della ubicazione della “Ur dei Caldei”, mettendo in discussione sia il testo biblico che la tesi di Wooley. Dice in proposito Giovanni Pettinato nel suo libro “I Sumeri” (Rusconi, 1991): “Dopo la scoperta degli archivi di Ebla […] non sono più propenso ad accettare come patria di origine di Abramo la città di Ur mesopotamica. Nei testi rinvenuti nella città siriana si parla di una città di Uru sita proprio non molto distante da Kharran, che mi sembra la ovvia candidata ad essere la patria di origine della famiglia di Terakh e di suo figlio Abramo”. Inoltre “Nelle fonti sumeriche e mesopotamiche Ur si chiama Urim. Nella Bibbia, invece, è menzionata una Ur. Nella grafia dell’epoca è impossibile saltare una consonante”.
Potremmo aggiungere anche un altro argomento con riguardo al carattere urbano della Ur dei Sumeri. Come abbiamo visto Ur era una grande città, addirittura capitale del Sumer, circondata da possenti mura, con una imponente Ziqqurat, edifici monumentali e una articolata suddivisione in quartieri in alcuni dei quali erano presenti abitazioni di notevole pregio costruttivo. Insomma, una città caratterizzata da un elevato livello di qualità urbana che è del tutto estraneo all’ambiente di vita tipico di una tribù nomado-pastorale come quella di Abramo, che al suo interno avrebbe dovuto essere insediata.
Dunque per più motivi ormai scientificamente assodati, dobbiamo concludere che la Ur dei Caldei nominata dalla Bibbia non è la Ur sumerica.
Incorrere nell’errore nei resoconti giornalistici non toglie alcunché alla portata epocale del viaggio del Pontefice, ma evitare di commetterlo sarebbe un segnale di rispetto per la storia di quei luoghi.