Secondo la Teoria del Contatto di Allport l’incontro tra membri di gruppi diversi, se avviene in condizioni favorevoli come lo sport, può ridurre i pregiudizi. La pratica sportiva può favorire lo sviluppo personale positivo sulla base dell’esperienza che ne fa il bambino/adolescente. La struttura e il contesto dell’attività determinano se la partecipazione porta a risultati positivi o negativi.
Lo sport da sempre ricopre un ruolo determinante nella nostra cultura, sociale e familiare, grazie alla sua funzione educativa. E’ lo specchio della nostra società, in grado di trasmettere modelli di vita e pratiche di comportamento più o meno virtuose. Rappresenta, dunque, un importante momento di crescita, sia da un punto di vista fisico-motorio che psicologico-emozionale, capace di contribuire attivamente alla formazione delle personalità dei soggetti coinvolti. La disciplina, poi, è uno dei valori maggiormente legati alla pratica sportiva. Ogni ragazzo, infatti, per affrontare nelle migliori condizioni gli allenamenti e le competizioni, deve necessariamente condurre una vita equilibrata, fatta di regole e di sane abitudini. Si tratta di un fattore importante che aiuta i giovani ad abituarsi a strutturare il proprio tempo, a controllare il proprio carattere, rispettare l’impegno preso e i tempi da questo richiesti.
Se ci si approccia allo sport in modo corretto, dunque, si riesce a produrre benessere su più aspetti: la salute, la crescita cognitiva, ma anche l’inclusione e il rispetto per le culture diverse. Come sottolineato dal Consiglio dell’Unione Europea, lo sport deve essere considerato un diritto di tutti, fonte e motore di accoglienza delle diversità, indipendentemente dalla propria origine etnica, dalla propria nazionalità, dal proprio credo religioso, e viene riconosciuto come uno strumento eccellente per l’integrazione delle minoranze e dei gruppi a rischio di emarginazione sociale.
Nell’ambito delle attività di responsabilità sociale, la FIGC, attraverso il Settore Giovanile e Scolastico, in collaborazione con il Ministero dell’Interno e l’ANCI, è da anni impegnata nello sviluppo di iniziative finalizzate a favorire l’integrazione sociale della popolazione straniera attraverso lo sport, con la partecipazione di giovani italiani e stranieri in squadre miste, e contrastare le forme di discriminazione razziale e di intolleranza. Punti cardine della mission federale sono, tra gli altri, i progetti RETE – Refugee Teams e Freed by Football rivolti a minori stranieri non accompagnati accolti in Italia, coinvolti in attività di carattere tecnico e formativo che utilizzano lo sport quale strumento per favorire l’interazione tra pari e i processi di inclusione sociale ed interculturale. Obiettivi di questi progetti sono: promuovere comportamenti eticamente corretti attraverso l’educazione ai valori utilizzando l’attività sportiva come modello per la società civile.
In Italia sono tanti gli esempi in cui, attraverso i valori dello sport e la sua capacità di unire, si è cercato di mettere in atto progetti di innovazione sociale per superare anche le difficoltà di aggregazione di ragazzi che presentano disabilità fisiche o vivono in contesti difficili. Sport come terapia, senso di liberazione, leggerezza, con effetti immediati sull’umore. La partecipazione ad attività sportive organizzate riduce la possibilità che le persone commettano atti delinquenziali o facciano parte di gang. Le diversità all’interno di una squadra ne migliorano le performance attraverso diversità di prospettive, di opzioni di azioni, di processi decisionali, a patto che siano applicate strategie proattive di gestione delle diversità e ognuno senta di dare il proprio contributo.
Lo sport ha in sé la capacità di unire tutti coloro che lo praticano, favorendo la nascita di amicizie, legami, reti, senza le naturali distinzioni di lingua e identità culturale, di colore e origine, di genere e status socio-economico. Proprio grazie ai valori di fratellanza e solidarietà che animano lo sport, il mondo sportivo può svolgere un ruolo trainante nei processi di integrazione tra i giovani italiani e i loro coetanei che provengono da altri Paesi o che sono nati in Italia da genitori stranieri e contribuire in modo efficace a diffondere la cultura del rispetto e della convivenza tra persone diverse. Nello sport, infatti, entrano in gioco abilità di vita intrapersonali e interpersonali, esistono diversità di ruoli e di caratteristiche che, insieme, formano il team vincente in condivisione di esperienze, fatica fisica, agonismo, tensione, emozioni di gioia e delusione, sconfitte e successi.
L’inclusione può essere definita come il grado in cui una persona si sente libera di esprimere se stessa e sente di avere un senso di appartenenza ad un gruppo. L’integrazione come un processo che precede un coinvolgimento attivo sia da parte dei soggetti impegnati in un percorso di inserimento sociale che da parte dei membri della comunità ospitante preposta a facilitare l’interazione, ad offrire le opportunità e a gestire i problemi.
Nelson Mandela affermava che “Lo sport ha il potere di cambiare il mondo, di suscitare emozioni, di ricongiungere le persone come poche altre cose. Ha il potere di risvegliare la speranza dove prima c’era solo disperazione. E’ più potente di qualunque governo nel rompere le barriere razziali. Lo sport ride in faccia ad ogni tipo di discriminazione”.
I fenomeni di intolleranza verso gli atleti stranieri, ancorché promossi da piccole minoranze, sono il sintomo di pulsioni xenofobe che devono essere decisamente contrastate. L’idea che abbiamo della nostra società parte anche dal mondo dello sport e grazie ad esso può essere alimentata.