L’Autore insegna Economia e Politiche dell’Ambiente ed è Segretario Generale del “Centro Sudi Economia del Welfare”.
Il termine “paesaggio” deriva dalla commistione del francese paysage con l’italiano “paese”. Il suo significato più tradizionale è fornito dalla pittura e vuole indicare una visualizzazione di quella realtà concreta che è appunto il paese. Una delle interpretazioni possibili del paesaggio può perciò limitarsi a identificarlo con “l’immagine da noi percepita di un tratto della superficie terrestre”.
Ma è facile comprendere come tale assunto non sia soddisfacente nella gran parte dei casi, mentre nell’uso più largamente praticato il paesaggio è sinonimo di “panorama”, la veduta di una porzione di territorio da un determinato punto di visuale. Se limitato a questa accezione “visiva”, il paesaggio può facilmente essere riprodotto, perdendo tuttavia alcune delle sue caratteristiche: una fotografia può fissarne gli aspetti visibili, comprendendo però solo una parte della veduta; in un disegno o in un dipinto, l’esito dipenderà dall’abilità del pittore, dalla sua ispirazione momentanea, dal tipo di elaborazione artistica, dalla tecnica usata e da molti altri fattori. Dunque una definizione esclusivamente “visuale” del paesaggio risulta, oltre che soggettiva, riduttiva limitandosi ad una valutazione estetico-formale.
Meno arbitraria è certamente l’interpretazione di paesaggio come “manifestazione sensibile dell’ambiente, realtà spaziale vista e sentita“, anche se ancora inevitabilmente soggettiva comportando un osservatore che metta in gioco la sua sensibilità particolare, la sua cultura, la sua capacità ed il suo modo di vedere.
Il paesaggio come landscape è infatti strettamente correlato all’inscape, termine privo di corrispettivo nella lingua italiana, ma che può essere definito come paesaggio interiore sia dell’individuo che della collettività. E’ dalla compresenza di un osservatore individuale-collettivo che deriva il ruolo del paesaggio come testimonianza delle radici delle persone e dei popoli, che viene consegnata alle generazioni successive affinché lo vivano modellandolo in forme nuove.
Questo è sempre accaduto: i paesaggi antropizzati, cioè la quasi totalità dei paesaggi italiani, sono frutto di sovrapposizioni che aiutano a dare una lettura compiuta delle epoche precedenti, in una sorta di interscambio continuo: l’uomo modifica il paesaggio ed il paesaggio modifica l’uomo. Osservando con attenzione e sensibilità i segni impressi dalle attività antropiche su un paesaggio è possibile capire molte cose sul carattere dei suoi abitanti, sulle loro abitudini, sul loro modo di intendere l’organizzazione degli spazi e della vita stessa e, d’altra parte, elementi oggettivi quali il clima, l’acclività, la fertilità del terreno, possono a loro volta condizionare grandemente il carattere di un popolo.
I riferimenti istituzionali
In Italia, negli anni più recenti, l’attenzione ha interessato anche i paesaggi rurali che per la loro valenza sono oggetto di studi sulla loro storicità, anche per l’importanza di ciò che possono trasmettere. In questo senso l’iniziativa del Ministero delle Politiche Agricole Agroalimentari e Forestali (Decreto n.17070 del 19 novembre 2012) che ha istituito l’”ONPR–Osservatorio Nazionale del Paesaggio Rurale, delle pratiche agricole e conoscenze tradizionali”, consente al paesaggio rurale e alle pratiche ad esso associate una giusta collocazione nell’ambito della politica dello sviluppo rurale.
L’Osservatorio ha il compito di censire i paesaggi, la conservazione e valorizzazione delle pratiche agricole e delle conoscenze tradizionali espresse dalla civiltà rurale che hanno fornito un contributo importante alla costruzione ed al mantenimento dei paesaggi, oltre a promuovere attività di ricerca sui valori connessi ai paesaggi rurali, la loro salvaguardia, gestione e pianificazione, anche al fine di preservare le diversità bio-culturali.
Il paesaggio che a questo si candida deve dimostrare mediante la presentazione di un articolato dossier la sua invarianza storica, con lo studio della cosiddetta “Valutazione Storico Ambientale”, che valuta l’evoluzione del paesaggio nel tempo per comprendere il livello di integrità del paesaggio storico. La redazione del dossier obbliga gli estensori ad un accurato studio dell’area dal punto di vista economico, politico-amministrativo, storico, sociale, antropologico e paesaggistico, rendendo disponibile un importante strumento anche per la progettazione e la programmazione dell’area.
Inoltre, l’iscrizione nel “Registro Nazionale dei Paesaggi Rurali Storici” consente all’Italia, quale stato membro, di inserire un’area nell’elenco dei siti GIAHS (Globally Important Agricoltural Heritage Systems) della FAO che, a partire dal 2002, si occupa di tutelare e monitorare sistemi agricolturali, pastorali e selvicolturali gestiti tramite pratiche tradizionali frutto dell’adattamento dell’uomo all’ambiente.
La Valdichiana
In questo ambito è maturata la policy maker dell’area costituita da undici Comuni della Valdichiana in Toscana, con capofila il Comune di Lucignano, che hanno deciso di intraprendere l’impegnativo percorso di candidatura del “Paesaggio Storico della Bonifica Leopoldina in Valdichiana”, al fine di tutelare e valorizzare la straordinaria eredità della grande opera di bonifica del XVIII-XIX secolo.
In esito alla valutazione positiva da parte del Ministero delle Politiche Agro-Alimentari e Forestali, il paesaggio storico della Valdichiana è stato inserito il 28 ottobre 2020 nel registro nazionale con la seguente motivazione: “L’area candidata si estende per 23.707 ettari, includendo 11 comuni: Castiglion Fiorentino, Chiusi, Civitella in Valdichiana, Cortona, Foiano, Lucignano, Marciano, Montepulciano, Monte San Savino, Sinalunga, Torrita di Siena. Il paesaggio era già intensamente coltivato in epoca etrusca. L’iscrizione al registro riguarda il reticolo di fossi e canali realizzato con le opere di bonifica iniziate in seguito all’impaludamento generatosi alla caduta dell’Impero Romano per l’interruzione delle pratiche di regimazione idraulica (…) Il valore degli insediamenti rurali è testimoniato dalla presenza di 10 fattorie Granducali e da una struttura poderale caratterizzata dalla presenza di case coloniche con caratteri architettonici distintivi, denominate “Leopoldine”, con riferimento al Granduca Leopoldo di Lorena che ne promosse la diffusione. Alla qualità del paesaggio contribuiscono in modo notevole i borghi disposti sulle colline, caratterizzati da centri storici, monumenti ed opere d’arte di notevole significato.”
Con l’inserimento del “Paesaggio Storico della Bonifica Leopoldina in Valdichiana”, nel registro nazionale, viene consegnato uno strumento importante, di valorizzazione e promozione, al territorio, con la speranza che gli attori dello sviluppo ne comprendano l’importanza e lo utilizzino come leva per attrarre ospiti ed investitori.
Da notare che con questo progett0 sono stati superati gli ostacoli frapposti dai confini amministrativi tra la provincia di Siena ed Arezzo e i tempi sembrano maturi per mettere in campo un piano strategico di sviluppo sostenibile di un’area nella quale i campanili devono essere difesi come patrimonio identitario, ma allo stesso tempo devono concorrere unitariamente ad un progetto più ampio.