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Per un vero Museo Pompeiano

by Federico L. I. Federico
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Si è da poco spenta l’eco favorevole della giornata della riapertura del vecchio Antiquarium pompeiano, fondato da Giuseppe Fiorelli nel 1906, poi bombardato durante la Seconda guerra mondiale, quindi rimesso faticosamente in piedi da Amedeo Maiuri nel dopoguerra.

L’Antiquarium riaperto – che vale comunque una visita – propone un percorso museale incentrato sulla Pompei romana, ma non riesce a essere esaustivo sul tema prevalente per la esiguità degli spazi a disposizione, fin troppo affollati di reperti d’ogni tipo e inidoneo ad accogliere nemmeno in piccola parte i flussi turistici abituali per Pompei.

La notizia della riapertura ha comunque innescato commenti in generale favorevoli – sia tra la gente comune che tra i visitatori e gli addetti ai lavori – che però lo riconoscono come inidoneo a rappresentare la vastità variegata dell’universo culturale espresso dagli Scavi pompeiani in circa un quarto di millennio di propria storia.

Il piccolo Antiquarium era rimasto chiuso al pubblico, scandalosamente, per circa mezzo secolo, dopo i notevoli lavori degli anni Ottanta, successivi al furto epocale – avvenuto nel 1976, probabilmente su commissione – degli ori e dei preziosi recuperati in due secoli e mezzo dalle ceneri e dal lapillo vesuviani.

La nostra congettura del furto su commissione trova sostanza nel fatto che finora non ne è stato recuperato nemmeno uno dei tantissimi e preziosi reperti, essendosi persa ogni traccia di esecutori e mandanti già dal primo momento. Qualche avido e ricco collezionista se starà godendo solitariamente.

La vicenda, ignobile, trova riscontro peraltro nei saccheggi clandestini avvenuti successivamente sulla collina della Giuliana, ove oggi – per merito della Procura del Tribunale di Torre Annunziata – si stanno eseguendo scavi e recuperi di altro prezioso materiale, per decenni razziato attraverso cunicoli sotterranei.

Quei cunicoli portarono alla “scoperta” clandestina della villa pompeiana, questa sì davvero una “scoperta”. Inoltre, i rumors recenti raccontano di carro d’epoca romana che oggi si starebbe recuperando dal sottosuolo. Esso però segue purtroppo quello già recuperato dai clandestini e venduto sul mercato clandestino anni fa, stando alle dichiarazioni di una gola profonda di un pentito di camorra.

Insomma, si tratta di una ricca Villa fuori le mura della Città antica. I ritrovamenti e i recuperi già effettuati sono stati dati in pasto alla Stampa nazionale e internazionale, avida e famelica, quando si tratta di Pompei, che ha sempre fatto notizia. Anche e solo perché esiste. Forse, anche perché ha fatto la storia della archeologia in un momento in cui Napoli era tra le più autorevoli capitali della cultura europea e contendeva tale primato a Parigi, a Londra, a Madrid.

Intanto, però, si va alimentando una corrente di pensiero la quale tende a riconoscere alla Città nuova il proprio diritto a dotarsi di un Museo Pompeiano – in un grande contenitore non avulso dalla Città nuova – che non sia ovviamente la replica di un percorso archeologico museale “pompeiano” tout court, peraltro già presente in piccolo nell’Antiquarium demaniale e in grande presso il Museo Archeologico nazionale, oggi Mann.

Un contenitore che risulti capace di raccogliere invece i molteplici versanti dell’Universo di conoscenza rappresentato dalla antica Pompei. Innanzi tutto dovrebbe ospitare la storia del territorio antico pompeiano, anche in epoca preromana. Un territorio che coincide in parte con l’odierno comprensorio vesuviano orientale e che si estendeva tra Ercolano, Stabia, Sarno e Nocera, compresa la laguna fluviomarina interna formata dal fiume Sarno prima del suo sbocco a mare.

Queste antiche quattro città hanno ciascuna il proprio museo archeologico. Quindi al Museo Pompeiano potrebbe toccare, oltretutto, una chiara funzione di traino comprensoriale allargato alle numerose cittadine che oggi affollano l’antico Ager Pompeianus.

E a questi molteplici versanti si potrebbero aggiungere la Storia degli Scavi pompeiani e la storia dell’Opera dello scavo pompeiano, un tempo all’avanguardia nel mondo per tecnica. Pompei, infatti, era sito di specializzazione sul campo per architetti e archeologi francesi e, in generale, di tutta l’Europa.

Ma ovviamente non soltanto questi sarebbero i versanti da presentare ai visitatori.

Ad esempio, meriterebbero spazio di conoscenza il Grand Tour e le visite dei grandi viaggiatori. E quelle dei Re, dei Papi e dei leaders politici di ogni parte del mondo che sono arrivati a Pompei per effettuare la canonica, ma ineludibile, visita degli Scavi pompeiani.

E non dovrebbero mancare nel Museo Pompeiano i grandi personaggi della cultura e dell’arte e infine – lasciatecelo dire – una parte dedicata alle copie “autentiche”. Si, proprio le copie. Quelle dei reperti preziosi trafugati nel 1976, rielaborate sulle foto d’archivio, le testimonianze delle opere distrutte dalla Guerra e, infine, le ricostruzioni “autentiche” di case o templi famosi, ma oggi ridotti a scheletri muti e pietrosi.

Insomma, un Museo/Hub della Pompeianistica d’ogni tempo.