La pandemia da Covid-19 ha riproposto nel mondo uno scenario tragico pari a quello che colpì un miliardo di persone fra il settembre e il dicembre del 1918. Ora come allora, nessun continente fu risparmiato e nel grande carnaio della Prima guerra mondiale perirono milioni di soldati. Il primo caso fu scoperto in America, nell’infermeria di Fort Riley, nel Kansas, dove il sergente capo-cuoco Albert Gitchell si recò con febbre altissima e tosse incessante. Gli fu consigliato di ricoverarsi nell’ospedale da campo ma non sapeva che da quel momento si consegnava alla storia: era il primo caso di “spagnola”, epidemia micidiale più della peste del Trecento. Ben presto altri soldati con gli stessi sintomi si presentarono per farsi curare e nel giro di pochi giorni cominciarono a morire con polmoniti fulminanti.
L’epidemia arrivava da zone rurali, oggi sappiamo che polli e maiali furono contagiati da uccelli migratori provenienti dalla Cina e si diffuse nei campi militari di addestramento americani. Rimase alquanto contenuta ma a maggio esplose anche in Spagna, i giornali ne diedero subito notizia, per questo l’influenza venne chiamata “spagnola”. Il contagio, però, non ha confini e ben presto dai luoghi di guerra si diffuse ovunque, soprattutto nelle comunità più esposte per le scarse condizioni igieniche alla mutazione del virus.
A fine agosto del 1918, la malattia pareva debellata ma a settembre ricomparve con una furia devastante mai vista: se si leggono le cronache di quegli anni sembra di rivivere il dramma attuale: mascherine, isolamento, niente strette di mano, il divieto di starnutire pubblicamente, chiusura di cinema, teatri, sale da ballo, mercati e chiese. Il mito della modernità che caratterizzò il clima culturale e sociale del Novecento subì un brusco contraccolpo e si affievolirono la fiducia e la curiosità per il progresso, il dinamismo e lo sviluppo della tecnica. Con il ritorno dei reduci al termine guerra, l’epidemia si protrasse fino al 1919 tra la popolazione civile.
Il bilancio finale fu di 100 milioni di vittime. Ogni secolo ha avuto la sua epidemia, la tubercolosi e la malaria che hanno causato milioni di vittime nell’Ottocento e nel Novecento. La tubercolosi è stata immortalata in tutta la sua drammaticità nell’opera lirica “La Traviata” di Verdi e nella
“Boheme” di Puccini, mentre Verga e Pirandello hanno descritto pianure assolate dove i contadini gialli di malaria lavoravano finché le febbri altissime non li uccidevano. Grazie al progresso scientifico ed ai vaccini queste malattie sono state sconfitte. Il vaccino della malaria ha salvato recentemente milioni di bambini in Africa con risultati incoraggianti. Il Covid-19 ha dimostrato che le malattie contagiose non sono finite e che l’umanità dovrà sempre difendersi da nuove forme di virus ed investire fortemente nella ricerca scientifica per affrontare le sfide future. Oggi il Covid-19 fa meno paura grazie alla scoperta di un vaccino già disponibile in larga scala, il vaccino Pfizer, a cui se ne sono aggiunti altri tre che potrebbero essere a breve disponibili, Moderna, Johnson e Johnson e AstraZeneca.
I vaccini hanno restituito alla popolazione mondiale la speranza di poter avere una vita serena e il ritorno alle abitudini quotidiane, anche se il cammino è ancora lungo e difficile. Da alcuni giorni l’azienda Pfizer ha comunicato che non potrà mantenere gli accordi contrattuali. Il premier Conte ha scritto su Facebook: “I rallentamenti delle consegne dei vaccini costituiscono gravi violazioni contrattuali, che producono danni enormi all’Italia e agli altri Paesi europei, con ricadute dirette sulla vita e la salute dei cittadini e sul tessuto economico e sociale, già fortemente provato da un anno di pandemia. Ricorreremo a tutti gli strumenti e a tutte le iniziative legali, come già stiamo facendo con Pfizer-Biontech, per rivendicare il rispetto degli impegni assunti e per proteggere in ogni forma la nostra comunità nazionale”.
Le ultime notizie che arrivano dalle aziende produttrici sono preoccupanti. Dapprima Pfizer- Biontech che ha comunicato un rallentamento della distribuzione ai Paesi Ue delle dosi già programmate. Inquietanti, ancora di più, sono le notizie recenti diffuse da AstraZeneca, il cui vaccino è in attesa di essere presto distribuito anche nell’Ue. Se fosse confermata la riduzione del 60% delle dosi da distribuire nel primo trimestre significherebbe che in Italia verrebbero consegnate 3,4 milioni di dosi anziché 8 milioni. Questa settimana, alcune regioni hanno segnalato i dati corrispondenti a un rischio basso, altre moderato, ma allo stato ci sono ancora regioni a pericolo elevato; quindi la valutazione complessiva è incerta ed è opportuno che si eviti ogni danno possibile e si tenga sotto controllo il territorio. La lieve diminuzione dell’incidenza pandemica nel Paese non consente di abbassare la guardia, anzi è obbligatorio riprendere a tracciare i casi per evitare il ripetersi di una storia già vissuta con la possibilità di non avere il controllo della espansione del coronavirus. E’ importantissimo usare ogni precauzione e attendere la prima consegna del vaccino di AstraZeneca dopo la via libera dall’Ema il 29 gennaio e la successiva distribuzione prevista per il 15 febbraio, come ha affermato lo stesso commissario per l’emergenza Domenico Arcuri nel corso della riunione con le Regioni. Le altre due consegne sarebbero invece previste per il 28 febbraio e il 15 marzo. A fine marzo in Italia saranno consegnate circa 15 mln di dosi da AstraZeneca, se approvato da Ema, invece degli 8 mln assicurati in precedenza, ma 3.4 entro fine marzo, oltre alle dosi di Moderna e Pfizer. Il Ministro degli Affari regionali Francesco Boccia, nel corso della riunione tra Stato e Regioni nel segno della solidarietà e del rispetto tra istituzioni, ha proposto un coordinamento permanente, finché le aziende non daranno certezze definitive sulle consegne dei vaccini. E’ stata prevista una comunicazione tempestiva da parte del commissario Arcuri sullo stato dell’arte dei vaccini, sulla distribuzione e sulle interlocuzioni con le aziende farmaceutiche. Le recenti notizie confermano che è meglio non allentare le misure di sicurezza assunte per evitare una ulteriore ed imprevedibile circolazione del virus e nello stesso tempo individuare velocemente le varianti. E’ necessario applicare misure di confinamento ed isolare i focolai. Attualmente solo i sacrifici e gli sforzi che saranno fatti dai popoli del Pianeta terra serviranno a vincere la battaglia contro la pandemia di questo XXI secolo e consegnare alla storia un nuovo e positivo capitolo per le future generazioni.