Speriamo che il tentativo di assalto al tempio della democrazia americana possa essere stato utile per far aprire gli occhi anche ai più refrattari all’accantonamento, quanto meno temporaneo, delle vetuste diatribe tra destra e sinistra. Qui ed ora il discrimine è tra sovranismo e dialogo tra popoli e nazioni, tra il costruire muri o ponti, tra populismo e democrazia, tra irrazionalità e ragione, tra razzismo e umanesimo.
La sinistra ama crogiolarsi nell’idea errata che solo essa stia dalla parte della tolleranza, della ragione e della democrazia, mentre la destra starebbe dall’altra parte. E’ un’idea settaria, sbagliata, che aiuta il populismo ad esercitare l’egemonia sulla destra nel suo insieme. Anche sul terreno sociale mi pare che siano finiti itempi del thatcherismo liberista da un lato e dello statalismo sociale dall’altro. Sarò un cretino, ma non trovo abissali differenze tra le politiche economico-sociali di Angela Merkel in Germania o di Nikolas Sarkozy in Francia e quelle di Pedro Sanchez in Spagna o di Stefan Lofven in Svezia.
Differenze che emergono viceversa evidenti tra un Bolsonaro e la stessa Merkel, o tra Trump e Obama. La linea di demarcazione non si colloca tra la Merkel e Sanchez, ma tra la Merkel e Sanchez da un lato e Bolsonaro e Trump dall’altro.
D’altronde il Parlamento e la Commissione europei non si reggono su una condivisione delle strategie tra destra e sinistra, che ha portato Sassoli e la von der Leyen ai rispettivi vertici, mettendo nell’angolo le formazioni sovraniste?
La presa di posizione ferma di Mike Pence e quella di una parte significativa dell’establishment repubblicano nei confronti delle intemperanze di Trump e, più ancora, di quelle degli scalmanati aggressori del Congresso, indica con nettezza che in Occidente c’è una destra liberale, conservatrice, ed insieme istituzionale, democratica, razionale, umanistica. Come c’è un populismo aggressivo, che non a caso in queste ore, negli U.S.A., ha preso a suo bersaglio principale il repubblicano conservatore Pence, prima ancora che il democratico progressista Biden.
Qualcuno potrebbe pensare, alla luce degli sviluppi della drammatica vicenda U.S.A., che il peggio sia passato e che tra dieci giorni si tornerà al consolidato bipolarismo Democratici-Repubblicani. Attenzione, è vero, Trump ha perso le elezioni ed è fuori gioco, su questo non ci piove, ma i voti degli Americani sono stati pur sempre divisi quasi al 50% tra lui e Biden. Per un filo, e solo grazie alla sua sciagurata gestione del Covid, Trump ha perso; come per un filo aveva vinto quattro anni fa contro Hillary Clinton.
Il punto è questo. È evidente a tutti che, se non ci fossero stati i suoi grossolani errori sul Covid, Trump sarebbe stato confermato alla Casa Bianca. Se ciò fosse stato, quali rischi ben più gravi starebbe correndo oggi la libertà nel mondo? Per non dire dei suoi arroganti approcci guerrafondai alle relazioni internazionali, forieri di inquietanti minacce per la pace.
Chissà che lo shock del Capitol Hill non faccia finalmente scattare una salutare scintilla nella mente dei democratici del mondo intero, sia di destra che di sinistra. É inderogabile, negli U.S.A. come in tutto l’Occidente, metter da parte le idiosincrasie retaggio della storia e unire quanti sono consapevoli dei rischi che sta attraversando il mondo.
Nel primo dopoguerra, in Italia come in Germania, mentre destra liberale e sinistra si contrastavano, Mussolini ed Hitler presero il potere. Lo presero per via elettiva, non tramite colpi di stato militari. Il ‘popolo’ li portò al Governo e li sostenne quando soppressero le libertà nei loro paesi e poi quando portarono il mondo alla guerra. E nel ‘43, se destra e sinistra non avessero messo da parte le loro diversità – peraltro di gran lunga superiori a quelle che le dividono oggi – di certo non avremmo avuto la nostra costituzione democratica, settanta anni di pace in Europa e nell’Atlantico, le conquiste sociali e l’espansione straordinaria dei diritti civili che abbiamo vissuto e di cui ancora godiamo in Occidente.
È giunto il momento di riprendere lo spirito del ‘43. A partire dall’Italia, dove solo tre anni fa le istituzioni democratiche hanno scricchiolato sotto la spinta del sovranismo populista.