Vincenzo Pascale insegna alla Long Island University di New York, nel Dipartimento di Lingue e Filosofia ed in quello di Affari Internazionali. Giornalista e saggista, scrive per “La voce di New York”, il “Corriere del Mezzogiorno” e “Il Denaro”. Gli autori di questo pezzo (LG e FC) si sono confrontati con lui per capire meglio i tragici fatti di Washington.
(FC) Cosa è successo veramente?
Quello che molti avevano previsto ma l’establishment politico americano e i media avevano sottovalutato. Trump ha sempre raccolto ampi consensi tra una frangia di americani totalmente avversa ad ogni forma di partecipazione politica democratica. Molti dei quali profondamente razzisti, negazionisti dell’Olocausto e seguaci delle teorie cospirative per cui il Congresso sarebbe guidato da una setta che non fa gli interessi del popolo. E’ successo che questi hanno raccolto il messaggio di Trump di difendere la democrazia americana dai brogli elettorali. E’ stata una sfida aperta alle libertà democratiche.
(FC) La sensazione è che fosse tutto programmato. Gente organizzata partita ad un segnale.
La tua analisi è corretta. Avevamo già avuto degli avvertimenti quando uomini armati della “milizia trumpiana” erano entrati nel Parlamento del Michigan per costringerlo ad invalidare un voto. Queste persone sono sempre state pronte al richiamo di Trump e aspettavano appunto la chiamata alle armi per la giornata di ieri. Bisogna adesso capire se quello che è accaduto è l’inizio di una profonda lacerazione nel tessuto sociale americano con sviluppi anche di natura terroristica, ieri è stato infatti un attacco terroristico alla libertà della nazione, o è semplicemente l’ultimo episodio violento di una campagna di istigazione iniziata da Trump già durante la campagna elettorale del 2016, quando invocò la carcerazione di Hilary Clinton. Adesso vedremo gli sviluppi all’interno del Partito Repubblicano. Partito che è stato sicuramente sottomesso da Trump. Un partito che fino a ieri aveva su 52 senatori 13 che rifiutavano il risultato elettorale, per poi scendere immediatamente a 6 dopo gli incidenti. Quindi c’è stata una becera manovra politica per ingraziarsi la base trumpiana.
(LG) Vorrei chiederti qualcosa di emozionale. Tu quando e come hai saputo che era in corso questo assalto al tempio della democrazia di Capitol Hill?
Qui ormai sono giorni che i canali televisivi sono concentrati sulla ratifica da parte del Congresso della nomina di Biden. Dalle 5 di mattina fino a tarda notte trasmettono immagini e interviste su quello che accade. La notizia mi è arrivata appunto guardando la televisione. Mi trovavo a casa di un politico americano, qui a New York, cresciuto nel dopoguerra nel mito di Roosevelt. Ebbene, l’ho visto quasi piangere perché il suo credo politico nel rispetto delle Istituzioni si stava infrangendo. Praticamente l’America ha voltato pagina. Quella che fino all’altro giorno era la democrazia della cortesia, dove chi perdeva accettava il verdetto e si congratulava con il vincitore, è venuta meno. Ma è venuta meno in una maniera tragica. Da parte mia c’è stata incredulità nel vedere la facilità con la quale il Senato è stato assalito e devastato, a fronte di quelle che sono state invece le misure di sicurezza prese contro le proteste del movimento afroamericano.
(LG) C’è stato un momento in cui hai avuto il timore che la situazione stesse sfuggendo di mano? Magari quando il Pentagono si è rifiutato di aderire alla richiesta di Nancy Pelosi di mandare la Guardia Nazionale?
No, non l’ho mai avuta. Certamente ho avuto la sensazione che una grossa ferita fosse stata inferta al cuore del corpo politico americano. Certamente in tanti ci siamo chiesti come mai la Guardia Nazionale non arrivava. Ma soprattutto il timore più alto è stato quando, dalle prime ore dei tumulti verso le 15:00, il coprifuoco è stato dichiarato solo alle sei di sera. Quando poi c’è stata la decisione congiunta dei gruppi parlamentari di riprendere i lavori alle 20:00, ora di Washington, si è capito che il pericolo era passato. Ma ripeto, non c’è stata mai la paura che la situazione potesse sfuggire di mano. Certo mi ha turbato l’aggressione ai giornalisti e ai fotografi: macchine fotografiche distrutte, giornalisti cacciati o tenuti a distanza e protetti dalla Guardia Nazionale. C’è stato anche un elemento iconografico, con l’individuo vestito da sciamano o quello vestito da attore di Hollywood. Personaggi che in qualche modo incarnano il profondo risentimento che serpeggia in alcune fasce della società americana.
(LG) Due domande. L’opinione pubblica statunitense come ha vissuto quelle ore e oggi in quale stato d’animo si trova? E poi, quali prospettive ci possono essere per questo grossomodo già annunciato neopartito di Trump che rompe con i Repubblicani?
Il 43% dei Repubblicani ha approvato la manifestazione dell’altro giorno ma ha deplorato la violenza. Una larga fascia degli elettori Repubblicani è ancora convinta che ci sia stata frode elettorale, o quanto meno grosse irregolarità, per quanto smentito dai giudici anche, come nel caso della Georgia, attraverso tre riconteggi dei voti. L’opinione pubblica è divisa. E’ ancora presto per valutare appieno le ripercussioni di quello che è accaduto. Certamente ne è uscita molto indebolita la fiducia nelle istituzioni politiche. Quanto al neopartito di Trump, è ancora tutto da decidere. Trump ha raccolto poco più di 300milioni di dollari di donazioni, vedremo se sarà capace di mettere su un partito oppure userà i fondi raccolti per difendersi dalle pesanti accuse che dovrà affrontare, in primis dalla Procura di NY, oppure, come qualcuno prevede, avendo rotto con la Fox News creerà un suo canale televisivo. Terza ipotesi: il Partito Repubblicano espellerà Trump non permettendogli più di candidarsi. Allora è probabile che fonderà un proprio partito. Con quali risultati è ancora presto per dirlo, però la creazione di un terzo partito è fallita ogni qualvolta è stata tentata. Certo il trumpismo non è morto, tanto è vero che QAnon, misterioso gruppo sorto dal nulla che crede in una grande cospirazione mondiale, ha non solo portato una sua candidata al Congresso ma sta crescendo nei consensi e può contare su ingenti fondi. E’ l’inizio di un qualcosa che ancora non conosciamo.
(FC) Gli autori di questo attacco apparivano organizzati, venivano anche da lontano e avranno dovuto sostenere delle spese. La Guardia Nazionale stranamente non è stata allertata per tempo. Tutto questo sembra presupporre un disegno. Chi potrebbe averlo condiviso?
Quelli che abbiamo visto potremmo chiamarli i pretoriani di Trump. Molti si autofinanziano, molti raccolgono fondi. Negli USA c’è questa cultura per cui uno crea un gruppo di ascolto o di pressione, apre un conto bancario e immediatamente arrivano donazioni. Certo poi c’è la macchina politica di Trump che aiuta. Ci sono prove di precedenti marce di protesta su Washington ai cui partecipanti l’organizzazione di Trump aveva coperto le spese di viaggio e di pernottamento. Il Partito Repubblicano è stato sino a ieri supinamente schierato con Trump ed è capace di muovere centinaia di milioni di dollari in ogni angolo della nazione. Non penso ci siano apparati, Trump si è sempre schierato contro l’establishment politico, militare e di intelligence. Però il trumpismo ha dato voce, fondi e forza al movimento suprematista già da tempo ben radicato in alcune aree. Sono gruppi che ricevono fondi anche grigi, sono ben organizzati e a volte violenti. Ricordiamo l’episodio della Virginia di tre anni fa, dove per la prima volta da oltre 70 anni membri del Ku Klux Klan sfilarono a volto scoperto e ci fu l’omicidio di una ragazza che protestava contro di loro. Trump li definì bravi ragazzi.
(FC) Sembrava abbastanza evidente che la protesta non potesse fermare la ratifica dell’elezione di Biden da parte del Congresso. Perché allora è stata inscenata?
Il Congresso doveva per legge ratificare l’elezione di Biden e i candidati senatori che si erano opposti lo avevano fatto solo per ottenere visibilità. E’ stata da parte di Trump una mossa mediatica. Trump è una persona disperata, chiede protezione, chiede fondi per difendersi dalle migliaia di cause che gli pioveranno addosso. Voleva, con un’azione di forza, far vedere che lui non è finito ma che ha ancora un seguito. L’altro ieri sera, autorevoli giornalisti lo davano letteralmente fuori di testa. C’è stato un precedente quando Nixon dovette dimettersi: a detta di alcuni consiglieri che erano con lui in quelle ore, era impazzito.
Un’ultima domanda. Quali conseguenze ci saranno, se ci saranno, nei rapporti con i populisti e sovranisti italiani?
Gran bella domanda. A volte vedo negli atteggiamenti dei populisti italiani una mancanza di consapevolezza di quello che è il populismo qui negli Stati Uniti. Si può comunque prevedere una rafforzata alleanza atlantica e un ruolo importante dell’Italia con la presidenza Biden, ma non sarà un ruolo gratuito. Ci sono dossier molto delicati che vanno dall’aumento degli armamenti della NATO ad una presenza recuperata dell’Italia nello scenario mediterraneo. Ci sarà poi un’eclissi del romanzo fra populisti italiani ed americani. Trump non ha bisogno di loro e loro non sanno cosa farsene di una frangia del Partito Repubblicano