“L’italianità, da un punto di vista genetico, corrisponde a un ricco mosaico, le cui tessere, collocate in tempi diversi sul territorio, si alternano ora con passaggi repentini di tonalità ora con sfumature più tenui“. Questa bella e interessante definizione della Italianità è stata divulgata già da qualche anno, almeno quattro o cinque.
Quando alcune Università italiane, Bologna, Cagliari, Pisa e Roma La Sapienza hanno reso pubblica una loro ricerca congiunta, affidata a validi ricercatori che hanno concluso quantificando la diversità genetica degli Italiani.
Come molti già si aspettavano, in considerazione della storia molto diversa tra le varie parti del Bel Paese il risultato vede l’Italia al primo posto in Europa per quanto riguarda il grande livello di differenza tra le comunità storicamente stanziali sul suolo italiano.
In particolare è emerso che – con particolare riguardo ai caratteri trasmessi lungo la linea materna, cioè le variazioni del DNA mitocondriale – le distanze genetiche tra le varie popolazioni stanziali sulla nostra penisola sono risultate fino a 30 volte superiori a quelle osservate tra coppie di popolazioni residenti ai confini geopolitici “opposti” del vecchio continente, la nostra Europa.
Per intenderci, tra un campano e un lombardo può emergere una differenza di patrimonio genetico mitocondriale trenta volte superiore a quella esistente tra i popoli di nazioni lontane culturalmente e geograficamente come gli Ungheresi, ubicati a Est, alle porte della Russia e i Portoghesi, posti all’estremo Ovest del continente, davanti al mare atlantico.
La ricerca, pubblicata sul Journal of Anthropological Sciences, aveva oltretutto preso in considerazione circa sessanta comunità caratterizzate dal punto di vista dell’identità culturale, come i Grecanici e gli Albanesi nel Sud italiano, i Ladini e i Cimbri nel Nord delle Alpi orientali. Insomma una ricerca scrupolosa e completa, per quanto possibile.
Uno dei ricercatori, responsabile per il team pisano, Sergio Tofanelli del Dipartimento di Biologia dell’Università di Pisa, grazie a un finanziamento della National Geographic Society è stato l’autore della definizione che apre questo articolo in quanto con il proprio team ha potuto approfondire alcuni aspetti emersi nel corso dello studio, giungendo a queste sintetiche conclusioni: “Alla diversità genetica italiana contribuiscono sia eredità di origine preistorica che flussi migratori di epoca storica, sia barriere culturali che geografiche, sia caratteri di origine centro-europea che mediterranea”
Ma le differenze più marcate risultarono quelle di tipo Nord-Sud, sebbene distribuite a mosaico lungo tutta la penisola e perfino nelle isole. Esistono infatti alcune straordinarie eccezioni come quella della presenza in Campania delle peculiarità genetiche delle popolazioni stanziali delle Alpi Apuane occupate da antiche tribù liguri discese dalle Alpi. I ricercatori le hanno ritrovate simili nelle comunità sannite dell’antico Ager Taurasinum, dove ancora oggi si produce lo straordinario vino aglianico di Taurasi e dove, secondo gli storici latini, i Liguri Apuani sarebbero stati deportati in massa nel 180 a.C. portando con sé la sapienza di agricoltori e il proprio peculiare patrimonio genetico nel già ricco bioterritorio campano.
Che rimane da dire a questo punto? PROSIT!