La Fase 2 è partita e, tra le altre attività, ripartono i cantieri. Ma se tanti riaprono alcuni chiudono o rischiano di chiudere. Uno in particolare, che interessa tutti noi e il nostro ambiente. Parliamo dell’impianto di depurazione di Marcianise, il cui corretto funzionamento è fondamentale per assicurare un minimo di pulizia e salubrità alle acque del litorale domitio e che da anni è sotto sequestro da parte della Procura. Il Coronavirus non c’entra niente, è un problema di burocrazia regionale che non ha mai chiuso, continuando imperterrita a fare danni.
Nel 2014 il Provveditorato alle opere pubbliche, su delega della Regione Campania, bandisce una gara da oltre 75milioni di euro per l’adeguamento e gestione quinquennale dell’impianto. Ad aprile 2016, finalmente, i lavori vengono aggiudicati a Tizio (i nomi veri non contano), ma il successivo ottobre l’aggiudicazione viene revocata per la presunta incompatibilità di uno dei professionisti incaricati della progettazione. A fine novembre dello stesso anno, i lavori vengono quindi affidati a Caio. Dopo soli due anni e mezzo. Tanto noi mica paghiamo i loro stipendi con le nostre tasse.
Ovviamente l’escluso fa ricorso al TAR ma, nel 2017, lo perde. Allora propone appello al Consiglio di Stato che però, a inizio 2018, sospende il giudizio per via di una questione generale pendente davanti alla Corte Europea. Da Marcianise a Bruxelles, quando si dice la globalizzazione. Finalmente la cosa si sblocca e si arriva alla sentenza definitiva pubblicata ad aprile di quest’anno. E cosa dice la sentenza? Che Tizio aveva ragione e deve riavere il lavoro.
Cioè, dopo 6 anni dall’indizione della gara siamo punto e a capo? Non proprio, forse un po’ peggio, perché nel frattempo parte dei lavori è stata eseguita ed il subentro, tecnicamente parlando, non è così agevole né scontato. Ma procediamo per gradi.
Stando alla sentenza del CdS, il Provveditorato, sulla scorta di una segnalazione di un partecipante alla gara, svolge un’istruttoria. E che fa? Chiede lumi alla Regione, la quale ritiene il provvedimento di aggiudicazione originario nullo. Quindi, in buona sostanza, l’annullamento lo determinano gli Uffici regionali. Però, attenzione, in realtà non esiste alcun automatismo escludente. Invece a Tizio non viene data la possibilità di dimostrare l’inesistenza dell’incompatibilità. Anzi, non gli viene neanche comunicato l’avvio del procedimento di annullamento. Ma non basta. Anche nel merito, il CdS ha ritenuto che: “Tale provvedimento è inoltre palesemente inficiato dalla carenza dei presupposti previsti…”
Brava la Regione Campania. E ora? Ora l’aggiudicazione a Caio è annullata e il Provveditorato dovrà nuovamente verificare l’eventuale incompatibilità di Tizio, ma sulla base delle illegittimità accertate dal CdS. Sarà quindi arduo sostenerla nuovamente (a meno che gli Uffici regionali non ci mettano di nuovo lo zampino). Ergo, Tizio subentrerà nell’esecuzione dei lavori e nella gestione.
Più facile a dirsi che a farsi. I lavori sono già stati eseguiti per il 30-40% sulla base del progetto di Caio. Tizio dovrà invece eseguire il proprio progetto e alcune opere potrebbero dover essere smantellate.
Abbiamo allora chiesto chiarimenti ai protagonisti di questa infelice vicenda, interpellandoli direttamente.
Tizio, vincitore della causa, gongola. Per il momento aspetta a vedere cosa farà la Pubblica Amministrazione e cercherà di massimizzare il risultato. Anche perché ha patito conseguenze dannose anche in relazione ad altre gare.
Il Responsabile Unico del Procedimento, espressione della Regione, non ha voluto commentare in alcun modo. Ci risulta però che non ritenga impossibile una nuova esclusione. Sarebbe clamoroso. Intanto i lavori procedono.
Al Provveditorato, dove le persone sono nel frattempo cambiate e non ci si ricorda nulla, non pare ci siano idee chiare sul da farsi.
Il Custode dell’impianto per conto della Procura della Repubblica, il professore Massarotti, a telefono ci ha assicurato che farà il possibile per spingere tutti i soggetti coinvolti a risolvere il problema al più presto, nel superiore interesse della collettività. Non dimentichiamo infatti che l’adeguamento è previsto perché l’impianto non rispetta l’attuale normativa ambientale. Su questo è stato esplicito: non ci si può consentire di andare in stallo e ritardare i lavori. Ma abbiamo intuito che, metaforicamente, sta con le mani nei capelli.
Noi che lo conosciamo bene siamo sicuri del suo prezioso impegno e facciamo affidamento proprio su di lui. Su chi altri? Il Consiglio di Stato lo ha scritto chiaramente: qua non c’è nessuno.