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Per un pugno di mascherine

by Luca Rampazzo
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Nella coda fuori dalla farmacia una domanda aleggia: ma chi ce lo fa fare? In fila (comportamento a rischio) per comprare delle mascherine (presidio di protezione), l’ironia è del tutto evidente. Magari non del tutto apprezzata, ma evidente di sicuro. Le mascherine in questa crisi sono il simbolo dell’atteggiamento di chi guida il paese. Prima fase, negazione: non servono, non compratele. Seconda fase, panico: non compratele, servono agli operatori sanitari, e comunque fanno poco. Terza fase, rabbia: perché vi ostinate a girare senza? Quarta fase, negoziazione: ve ne daremo gratis, ma tutti devono averla. Quinta fase, rassegnazione: è fatto obbligo di portarle per uscire.

Alla quinta non ci siamo ancora, a livello nazionale. La quarta si narra che sia avvenuta, ma sono sempre cose successe ad altri. Noi siamo in fila per comprare le mascherine chirurgiche a tre euro l’una. Prima della crisi il prezzo era di qualche decina di centesimi l’una, oggi tre euro. All’ingrosso stavano sui dieci centesimi, anche meno in grossi stock. Oggi all’ingrosso stanno a 70 centesimi. I farmacisti le vendono sfuse. Siamo ormai al concetto stesso di bene di lusso. Iva al 22% (mica compriamo tartufo). Ricarico di due/tre volte. Qualcuno parla di speculazione legalizzata. Noi non lo sappiamo, non vogliamo lanciare giudizi un tanto al kilo. Ma è evidente che qualcosa non sta funzionando. Una famiglia di tre persone che ne volesse usare una a testa al giorno, uscendo tutti i giorni, dovrebbe mettere in conto 900 euro di mascherine. Al mese. Un assurdo.

Molte regioni si stanno attrezzando con strutture private per produrle. Se ne vedono in giro. Ma non è chiaro come averle. Regione Lombardia le ha date ad alcuni soggetti, da distribuire gratuitamente alle persone più a rischio. In alcuni comuni questo ha voluto dire una mascherina per membro del nucleo familiare in cassetta delle lettere. In alcuni altri una a famiglia. A Milano alcune comunità cinesi hanno distribuito loro le mascherine. Sala le ha date (donate sempre dalla comunità cinese) agli abitanti delle case popolari. Resta il punto: il prezzo è dato da due elementi, carenza di offerta ed eccesso di domande. In mezzo c’è la natura imprenditoriale delle farmacie che gestisce un mercato monopolistico con criteri conseguenti. Ovvero prezzi opachi e rifiuto totale di tagliare il margine in situazione di crisi.

Attenzione, il monopolio non è sulla vendita di mascherine, quelle si possono prendere pure su internet. Ma gli unici sul territorio a poter vendere le chirurgiche (quelle che danno qualche misura di protezione per sé, oltre che per gli altri) sono le farmacie. Questo avrebbe dovuto portare ad un taglio dei profitti. Non è comunismo. Ma se sei un monopolio (e quindi stai fuori dalla concorrenza del libero mercato) non puoi scoprirti liberista se ti conviene. Ovviamente è utopia, come lo scontrino che mi viene gentilmente porto dall’impiegato cingalese (senza mascherina) dimostra. Però per una volta sarebbe carino che lo Stato controllasse cosa sta succedendo nei monopoli che ha deciso di creare ed intervenisse di conseguenza.

Anche perché ridurre, per ipotesi, a 2 euro a pezzo le mascherine equivarrebbe a trecento euro di sconto a famiglia, nell’esempio meramente teorico di cui sopra. Senza un solo sacrificio collettivo, mezza tassa o debito europeo. È che ci perdiamo sulle cose da poco. I controlli non ci sono perché nessuno ha fatto un accordo con i farmacisti. E nessuno lo ha fatto per timidezza, eccesso di prudenza e generale confusione. Questo ha portato a quello che dicevamo: in assenza di pressioni da chi concede il monopolio, il monopolista non ha alcun incentivo all’efficienza. Nemmeno nei prezzi. Che possono salire ad libitum.

Così torno a casa. C’è molta più gente in giro del solito. Quasi tutti con la mascherina. Chi con il naso scoperto, chi agganciata ad un solo orecchio. Chi in tasca, per non rovinarla. E resta il dubbio: è la sottile protesta di una nazione che si è vagamente stufata o sono persone con grave scarsità di mezzi? A voi l’ardua sentenza. Noi abbiamo un piccolo tesoro di mascherine con cui cullarci, sentendoci sicuri.