“2+2 = 4” fa il professore. E il contraddittore: “Questo lo dice Lei!”.
“Non lo dico io, ma l’aritmetica” ribatte l’ingenuo, ancora col mito della scienza e delle competenze al governo. E l’altro: “Allora si presenti alle elezioni!”
“Perdoni, ma 2 + 2 fa proprio 4, la matematica non è un’opinione”.
“Questa è la sua opinione!” ribatte il populista, che poi esplicita: “La scienza esatta è un imbroglio per far governare quelli come Lei al posto del popolo. Le ripeto, se proprio vuole sostenere che due più due fa quattro, non ha che da presentarsi alle elezioni. Sarà il popolo a decidere se Lei ha ragione o torto”.
E così il popolo sovrano, allegramente e fieramente democratico epistemico, arrivò al potere nella Nazione più potente del mondo e in molti Stati suoi satelliti. Un vaccaro miliardario negli U.S.A., un guitto semi-alcoolizzato nel Regno Unito, un novello Arturo Ui in Ungheria e via narrando. In questi stessi anni l’Italia non volle farsi mancare l’euforia di un governo iper-populista, detto giallo verde. Fu un disastro, la povera patria di Dante e di Galileo, di Leopardi e di Enrico Fermi, fu sul punto del tracollo finanziario e sociale. Si ravvide per tempo, ma il lascito giallo verde fu terribile, gli incompetenti in buona parte restarono al governo. Non tutti certo, qualcuno con la testa sul collo affiancò gli sprovveduti della scienza decisa dal popolo, qualcun altro decise di farsi affiancare da chi aveva studiato, ma la cifra culturale del nuovo governo, detto giallo rosa, restò modesta.
Toccò a loro, ai mediocri al governo, dover fronteggiare la sfida del virus Sars-Cov2. E dovettero farlo in un contesto istituzionale raffazzonato alla bene e meglio. Venti anni prima era stata varata una riforma del Titolo V della Costituzione generatrice di confusioni e litigi inter-istituzionali e, proprio negli anni ’10, era stato reso legge il più cervellotico codice degli appalti che mente dell’homo sapiens abbia mai partorito.
Di fronte all’assalto del micidiale coronavirus qualche democratico epistemico provò anche a negare l’evidenza. I morti non si contavano più, le bare venivano portate ai crematori sui camion degli eserciti, ma i popolar-sovranisti insistevano che era tutta una truffa. A loro avviso non stava morendo nessuno, la Covid-19 era un’invenzione dei perfidi scienziati della casta. E c’era tra loro chi minacciava rivoluzioni e jacquerie varie, mentre le mafie si fregavano le mani!
In verità nessuno dei mediocri al governo, neanche quelli che al governo ci erano arrivati col voto dei demo-epistemici, li prese in considerazione, ma la guida di una nazione non è una cosa per dilettanti. Alle prime incursioni del virus si aprirono brecce e falle nelle linee di difesa. Dappertutto, prima e più che altrove nella supponente Lombardia. La regione più ricca d’Italia e la più dotata di strutture sanitarie non resse. Poi, un po’ alla volta, le trincee furono rabberciate e l’assalto del virus fu contenuto.
In altri Paesi i populisti epistemici al potere, baldanzosi, sfidarono il virus a petto in fuori. Furono aggrediti nelle loro case. Il premier del Regno Unito finì in rianimazione e si salvò grazie alla scienza, quella elaborata dalla fatica e dagli studi degli scienziati, non quella votata dal popolo. Il vaccaro americano durò ancora pochi mesi, poi fu cacciato, inseguito dalle ombre delle decine di migliaia di morti e sepolti nelle fosse comuni che la sua proterva ignoranza aveva procurato. Altri leader al governo, per non essere cacciati dallo stesso popolo al quale avevano lisciato il pelo, abolirono il voto popolare. Ma anche per loro la colla delle poltrone sotto il sedere durò meno della cera sulle ali di Icaro.
Quando Yuval Noah Harari scriverà una postilla al suo celebre e splendido ‘Sapiens – Da animali a Dei’ – postilla doverosa e necessariamente di rettifica parziale, visto che il suo ormai classico libro si conclude con il genere umano in delirio di onnipotenza impegnato nella ricerca dell’immortalità – dirà non solo del Coronavirus Sars-CoV-2, che ha ricordato all’homo sapiens quanto siano cedevoli le ali di Icaro, ma spenderà pure qualche parola sugli anni dieci del XXI°, quando, sulla scia dei teorici del pensiero debole e degli estremisti del relativismo epistemico, il popolo si convinse che il sapere, le scienze, le verità obiettive ed anche i valori sono tutti inganni della casta per escluderlo dal potere.
Infine – dirà Harari nella sua attesa postilla, se davvero la scriverà – l’homo sapiens prese atto di non essere un Dio, ma un essere fragile e sufficientemente stupido da aver lavorato infaticabilmente per due secoli a tagliare il ramo su cui era seduto. Tornò umile, si rimise a studiare, capì che la natura va rispettata e che ogni ferita inferta al creato è una coltellata nel costato di Dio. E che per essere capaci di governare uno Stato bisogna aver studiato, lavorato e fatto la gavetta. Infine, che la vita va onorata con l’umile sacrificio. E si salvò.