La bozza del decreto di rinvio del voto regionale e comunale di primavera a dopo l’estate è pronta e circola liberamente nelle redazioni dei media, ma pare che il Consiglio dei Ministri convocato per questa sera non la esaminerà. Per lo meno in questo senso si è pronunciata la ministra Bellanova. Non ci siamo, speriamo che la politica non emuli il mondo del calcio, laddove Leghe, FIGC e UEFA hanno combinato un casino inenarrabile di decisioni, controdecisioni ed indecisioni. In tempi di buriana il nemico principale è l’incertezza. Guai a stare su una barca in tempesta col nocchiero che tarda a decidersi sul da farsi.
Vale per lo sport, vale per la salute pubblica e vale per la democrazia. La formalizzazione del rinvio del voto è una deliberazione inderogabile. Non tanto perché già da oggi si sappia che a fine maggio o a giugno saremo ancora nel pieno dell’epidemia, speriamo di no, ma perché già da oggi la fisiologia della dialettica democratica è alterata.
Una campagna elettorale contempla il lavorio di mesi per la formazione delle liste, incontri e confronti con la gente e tra le forze politiche, l’elaborazione collettiva dei programmi, strette di mano e abbracci con i supporter. È del tutto evidente che non ci sono le condizioni minime perché ciò si realizzi.
Per non dire dei politici affetti dal contagio che necessariamente non possono partecipare in prima persona alla contesa pre-elettorale. Prendiamo la Campania, dove è risultato positivo al coronavirus l’on. Edmondo Cirielli, leader regionale di FdI. È ovvio che lui, in quarantena, non possa partecipare alla campagna elettorale. Ed insieme a lui i collaboratori, i consiglieri regionali e comunali, sindaci ed assessori, dirigenti di partito con i quali si è incontrato durante i giorni dell’incubazione del morbo. Costoro peraltro avranno a loro volta incontrato colleghi anche di altre formazioni politiche. Si può condurre una campagna elettorale con interi pezzi della classe politica a domicilio coatto?
E c’è un motivo ulteriore, ancora più stringente. Questi nostri sono giorni in cui chi governa deve necessariamente assumere decisioni dolorose, spesso impopolari e di difficile comprensione da parte di tanti cittadini, che sono pure elettori. Winston Churchill, sotto i bombardamenti, prese le decisioni giuste al momento giusto. Grazie ad esse condusse l’Inghilterra alla vittoria e … perse le elezioni. Quale politico farà scelte impopolari alla vigilia del voto? Nella guerra attuale contro il coronavirus non si rischia di indurre i decisori a misure incerte, contraddittorie ed infelici?
Coraggio, non si perda tempo e si decreti ad horas il rinvio delle elezioni di primavera. Si mettano quanti hanno il pesante onere delle decisioni nelle condizioni di farlo con serenità e con l’unico obiettivo della salute pubblica. L’altro obiettivo, quello della vittoria nelle urne può aspettare. E magari, tra settembre ed ottobre, a bocce sanitarie ferme, noi elettori avremo anche la corretta contezza di come ha operato chi oggi ci guida e di chi possa farlo al meglio nell’immediato futuro.