Ieri sera, con il consueto rito delle comunicazioni a decreto ancora non firmato, il premier Conte ha emanato il nuovo decreto sull’emergenza epidemia di Coronavirus. Concordato con le Regioni, recepisce le richieste, in particolare, della Regione Lombardia che chiedeva un inasprimento generalizzato delle misure. Ma lo estende all’intero territorio nazionale. E lo rimodula. In origine, infatti, si chiedeva un intervento estremamente deciso. La Regione Lombardia, per esempio, avrebbe molto gradito la chiusura dell’attività di sportello delle Banche. Vediamo quindi nel dettaglio.
Fabbriche aperte.
Non chiudono le attività produttive, i cantieri e le attività industriali in genere. Sono vincolati però a misure severissime che, almeno nella realtà lombarda, stanno portando a chiusure più o meno volontarie. Anche di molti cantieri. Caso diverso per la logistica, che funziona a pieno regime. Nel DPCM, poi, si dispone la chiusura di tutti i reparti non indispensabili. E il potenziamento dello smart working e del ricorso a ferie e congedi retribuiti.
Chiusa la ristorazione, regolate le pizze a domicilio.
Chiusi bar, pasticcerie, ristoranti. Consentita, per questi ultimi, l’attività per la consegna a domicilio. È forse il punto più rilevante del DPCM in tema di restrizioni alle attività economiche: chiude la ristorazione. Si salva però la parte delle consegne a domicilio. A meno di diverse determinazioni a livello regionale, come in Campania dove la Regione le ha vietate dopo le 18.
Chiusi i negozi di servizi personali.
Sostanzialmente, parrucchieri, estetiste e barbieri. Anche questo era atteso come provvedimento e le attese non sono state tradite.
Cosa resta aperto.
In buona sostanza tutto quello che abbia a che fare con l’igiene (della casa, della persona, dell’animale). Tutto quello che abbia a che fare con l’informatica. Tutto il commercio elettronico. Tutto quello che abbia a che fare con la manutenzione casalinga. I tabaccai. Le edicole. Oltre ad alimentari e farmacie (anche le parafarmacie). Sia che siano negozi sia che facciano parte di centri commerciali, purché si possa arrivare solo là, chiudendo il resto. Online è reperibile l’intero allegato 1 (quello che contiene l’elenco delle attività che staranno aperte), ma qui ci siamo limitati ad una più maneggevole descrizione delle famiglie di attività. Alcune peculiarità riguardano profumerie e vendite di piccoli animali.
Altre cose rilevanti.
Resta consentita la vendita di alimenti e bevande nelle aree di servizio, nelle stazioni, negli aeroporti e negli ospedali. Questo per rispondere ad una serie di esigenze non differibili e certamente necessarie di alcune categorie di lavoratori. Restano operanti i distributori automatici di cibo e bibite.
Il trasporto pubblico potrà essere limitato, dalle Regioni, per operazioni di sanificazione. (Regione Lombardia ne aveva chiesto direttamente lo stop).
Gli uffici, gli studi professionali e consulenziali, laddove impossibilitati allo smart working, potranno proseguire comunque la loro attività.
Un breve commento.
Focalizzandoci sulla Lombardia, chiude ciò che stava già chiudendo da solo. Di ciò che può restare aperto, c’è il rischio che una parte possa chiudere comunque per mancanza di ordini e di liquidità. Si fa affidamento sui 25 miliardi promessi. Se però l’obiettivo del Governo era che cambiasse il clima degli ultimi giorni, il risultato è stato raggiunto. La consapevolezza dei cittadini sembra aumentata.