L’altro giorno è stato inaugurato l’anno giudiziario. Tra mille, prevedibili, polemiche sull’abolizione della prescrizione. Per chi non lo ricordasse, dal primo gennaio di quest’anno è infatti entrata in vigore la terza riforma generale sul tema. Partendo dal famoso codice Rocco del 1930, prima è intervenuta la legge “Cirielli” (2005), poi la riforma “Orlando” (2017) e infine quella attuale, “Bonafede”. La quale, in estrema sintesi, prevede che per i reati compiuti a partire dal 2020, una volta giunti alla sentenza di primo grado, la prescrizione non maturi più.
La riforma sembra avversata dalla maggior parte degli addetti ai lavori. Oggi, perché quando fu approvata il clima era diverso. La Lega, sostanzialmente contraria, la votò sull’altare della tenuta del Governo, millantando un immediato intervento legislativo sui tempi del processo. Adesso, solo i 5Stelle la difendono. I magistrati dal canto loro, a meno degli irriducibili e stando alle dichiarazioni ufficiali, sono più che perplessi e auspicano un cambiamento di rotta. Eppure, sono stati gli spin doctor togati di Bonafede a tirare fuori il coniglio dal cilindro. O ricordiamo male?
Gli avvocati, invece, si sono sempre battuti contro. E non hanno perso l’occasione per inscenare spettacolari forme di protesta. A Milano, hanno abbandonato l’aula quando Davigo ha preso la parola. A Napoli, si sono presentati ammanettati. A Messina, si sono tolti la toga.
Toga che non è solo un residuato, abbastanza ridicolo ed autoreferenziale, d’altri tempi. Non rappresenta solo l’importanza della funzione. Indica la pari dignità tra tutti i protagonisti dell’accertamento della verità giudiziaria. Ossia tra accusa, difesa e giudicanti. A garanzia del diritto dei cittadini alla presunzione di innocenza, alla difesa, ad una ragionevole durata del processo.
La narrazione, volutamente distorta, spinge invece la gente a vedere i beneficiari della prescrizione come colpevoli che la fanno franca. Corrotti che sfuggono alla giustizia con la complicità di politici altrettanto corrotti e di avvocati azzeccagarbugli. L’imputato diventa un colpevole a prescindere.
Però la nuova norma si applica a qualunque reato. Potenzialmente, cioè, a tutti noi. Prendiamo il caso di un ragazzo, nostro figlio magari, che fa un incidente d’auto e viene accusato. Viene pure assolto in primo grado. Vi sembra giusto che il processo possa non finire mai? E ce li ha i soldi per pagare le spese di un procedimento penale che dura una vita? L’accusa si, tanto paga lo Stato con le nostre tasse. E quanto inciderà sulla sua carriera lavorativa, sui rapporti sociali, sulla tenuta psicologica?
Forse il problema non sta neanche tanto nell’abolizione della prescrizione in sé. Quanto nel fatto che si accompagna a un processo elefantiaco. Riformare prima il processo e poi, se serve, intervenire pure sulla prescrizione sarebbe forse più utile. Ma si tratterebbe di una riforma complessa, che rischierebbe di scontrarsi con i formidabili interessi corporativi in campo. Meglio fare una legge che non costa niente, non cambia niente per i prossimi 5 o 6 anni e porta tanti voti. Ma li porta davvero? Dipende da noi.