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Milano Longobarda, provincia di Salerno

by Federico L. I. Federico
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A volte mi sono posto qualche domanda di tipo giornalistico che farà inorridire gli intellettuali puristi: ma tra Milano e Salerno, se le mettiamo a confronto, chi è più Longobarda? O, più in dettaglio: i Meneghini, quelli “autentici” da sette fino a settantasette generazioni, sono più Longobardi dei Salernitani? Infine, continuando nei quesiti: i Lombardi in generale pure? E i Cummenda della Brianza?  E anche i Baùscia, i bavosi, traducendo in lingua? E ancora, a proposito di Bauscia: chi erano? Qui la risposta è facile. Erano coloro che nel triangolo di territorio lombardo tracciato tra Milano, Como e Lecco accoglievano i viandanti forestieri che avevano valicato le Alpi, per rendergli assistenza e servizi. Essi infatti li accompagnavano negli acquisti presso i negozi e lucravano così il necessario per vivere. Ma, insomma, i Lombardi – che portano incisa nel nome la propria provenienza etnica – sono o non sono più Longobardi dei Salernitani? Anche se i Salernitani non portano nel nome la propria origine, ma solo le tracce linguistiche di una fusione tra “Salum” e “Irnum”. Cioè Salerno come luogo situato tra mare salato e fiume Irno. Cosa rispondere alla fine, dunque?

Chi risponde con decisione che i Salernitani sono più Longobardi dei Lombardi e quindi dei Milanesi non ha torto. E noi di Touring procediamo ad argomentare in tal senso.

E’ vero che i Longobardi penetrarono dal Nord Est dell’Italia occupando per prima la Pianura Padana intorno alla fine del 500 d.C. e, soltanto in successione, l’Italia Settentrionale tutta e l’Italia centrale fino alla Campania interna. E’ vero che furono contrastati, sempre più debolmente, dai Bizantini rimasti insediati soprattutto sulle coste. E’ vero inoltre che dal Re Alboino fino al Re Desiderio i Longobardi dominarono la Longobardia italica per oltre due secoli.

Ma è vero anche che la sconfitta di Desiderio risale già all’anno 774 d. C. E che dopo questa data il predominio longobardo sull’ Italia meridionale, e quindi a Salerno, durò ancora circa tre secoli. Cioè fino a quando Roberto il Guiscardo, il Re dei Normanni – che intanto già da mezzo secolo dominavano sul meridione d‘Italia – partì alla conquista del principato di Salerno e poi assediò la stessa Città di Salerno che capitolò nel dicembre dell’anno 1176, dopo una disperata difesa.

E non era ancora finita per gli ultimi Longobardi salernitani. Infatti, il principe longobardo salernitano Gisulfo abbandonò soltanto nella primavera del 1177, con la propria corte e i fedelissimi, il castello d’Arechi in cui aveva resistito negli ultimi mesi.

Soltanto dopo la caduta di Salerno, in due o tre anni, caddero sotto il dominio normanno i vecchi Principati autonomi di Capua e di Benevento, durato a sua volta ben Cinquecento anni.

Non vogliamo prolungarci ancora con altre date per non tediare il Lettore. Ma questo breve excursus storico era necessario per dimostrare che, nel Sud, i Longobardi, e quindi la loro cultura, furono attivi per tre secoli anche dopo la sconfitta dei Langhibardi di Desiderio. E qui si potrebbe riaprire la querelle mai interrottasi sulla “Langhibardia major” del Settentrione d’Italia, detta così in quanto superiore alla “Langhibardia minor” del Meridione d’Italia.

Oggi, però, essa è più viva che mai. Noi con piacere la affronteremo nel prossimo articolo, sostenendola con fatti e parole scritte.

Prima di chiudere. Roberto il Guiscardo, grande Re Normanno, aveva sposato la sorella di Ginulfo. Essa era la principessa Sichelgàita. Quindi l’operazione della conquista di Salerno fu, in un certo senso, un “affare” tra cognati. Ma il Normanno Guiscardo era portatore di un’istanza statuale estesa all’intero meridione, quello che sarà poi il Regno di Napoli. Il più antico Regno d’Europa.

Un Regno rimasto praticamente inalterato per oltre sette secoli nella propria geografia politica, dalla fine del predominio Longobardo fino all’inizio di quello Savoiardo. Il lettore ci consenta quest’unica battuta finale: a parte l’aspra rima in “ardo”, possiamo affermare con certezza che il Sud non ha guadagnato altro dal cambio tra le due dinastie.