In cuor mio avevo derubricato l’ormai famosa vicenda delle treccine blu alla scuola Alpi-Levi di Scampia ad ennesimo caso di autoreferenzialità della scuola italiana. Sempre incline ad imporre il rispetto delle regole a prescindere, per quanto stupide possano essere, piuttosto che sviluppare coscienze critiche. Ma leggendo l’articolo di Umberto De Gregorio e le dichiarazioni della preside, pubblicati sul Corriere del Mezzogiorno, ho capito che la questione è più generale.
Il fatto è noto. Lino, studente di 13 anni, si è presentato a scuola con tanto di treccine blu e sarebbe stato per questo motivo respinto per violazione del regolamento dell’istituto. Adesso ha capitolato e se le è tolte. La preside ha detto che se ci sono delle regole bisogna rispettarle, ha parlato di preparazione ad affrontare il mondo del lavoro.
Messa così, sembra che per affrontare il mondo del lavoro, più che le competenze e la capacità di analisi, conti obbedire. Al capo reparto o al capufficio che sia. Operai chini sulla catena di montaggio e impiegati ligi alla scrivania. Magari ragazzi pronti a consegnare le pizze a domicilio senza pretendere di essere regolarmente assunti. E a quali regole, poi! A una disposizione interna all’istituto assolutamente generica, che lascia il dirigente libero di stabilire a proprio arbitrio se sia stata violata o meno.
Al punto di vietare a un ragazzino l’ingresso in classe? Si tratta di scuola dell’obbligo, devo andarci per forza. Se non mi adeguo al presunto decoro stabilito dal regolamento, non posso? Questa si che sarebbe una violazione. Ma poi dove finisce il decoro? Oggi le trecce blu sarebbero indecorose, pare anche i jeans stracciati. Domani potrebbe essere un giromanica o una borsa con i lustrini. Quello che non viene tollerato in una scuola potrebbe essere lecito in un’altra. Confusione, pressapochismo, disparità di trattamento.
De Gregorio, noto professionista napoletano alla guida di EAV, pensa sia giusto insegnare ai bambini che esistono regole che vanno rispettate anche se non piacciono e si chiede: perché quel ragazzino deve per forza portare le treccine azzurre? Perché è un uomo libero, gli rispondo io. E prima di limitare la sua libertà è doveroso verificare se effettivamente il suo esercizio danneggi il prossimo. Altrimenti è giusto che faccia come si sente di fare. Non regge il paragone che fa De Gregorio con chi poggia i piedi sui sediolini dei treni, in quel caso è evidente il comportamento antisociale. Ma nel nostro caso, le trecce di Lino a chi danno fastidio? Offendono il senso estetico del corpo docenti? Ce ne faremo una ragione.
Non voglio rievocare le contestazioni giovanili del ’68 e degli anni ’70, che pur tra mille errori e tragedie hanno anche segnato un percorso di libertà, ma a quei tempi gli studenti si sarebbero presentati a scuola il giorno dopo tutti con le treccine blu. E la scuola avrebbe magari emendato il regolamento, concordando veramente (non solo in Consiglio d’istituto) alcune chiare e semplici regole comportamentali con genitori e alunni. La scuola esiste per loro, è al loro servizio.
Questa le sembra una regola da rispettare signora preside?