Conte ha da poco ricevuto l’incarico di formare il nuovo Governo, incarico accettato con riserva, e lo spread è sceso a 168 punti. Paradossalmente, è in discesa da quando si è aperta la crisi. Senso comune e passate esperienze porterebbero a pensare che una crisi di governo determini inevitabilmente incertezza con conseguente aumento dei tassi d’interesse, soprattutto a ridosso della redazione della legge finanziaria, invece tutto il contrario. Mercati tranquilli e fiduciosi, anzi soddisfatti.
Per non parlare delle cancellerie internazionali. Come saprete, Trump ha fatto formalmente il tifo per Conte, una cosa che in altre epoche avrebbe sollevato polemiche di ogni tipo. Al G7 di qualche giorno fa è stato tutto un susseguirsi di pacche sulle spalle del nostro premier. Macron sorride e la Merkel ha un’aria benevola. La nuova presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, gongola. Tutto l’armamentario di avvertimenti e velate minacce alle quali l’Europa ci aveva abituato negli ultimi 15 mesi è stato accantonato. Evidentemente, i sovranisti in Ungheria (che comunque votano insieme ai Popolari europei) possono anche essere tollerati, ma nella settima potenza economica mondiale no. La scelta europeista e atlantista dell’Italia ora non è più in discussione e i mercati, che solo in parte sono una variabile indipendente, danno la loro benedizione.
Salvini, aldilà della trita retorica populistica usata, potrebbe non avere tutti i torti nel sospettare che un qualche dialogo M5S/PD sia stato avviato già da qualche tempo con la benedizione di Bruxelles. All’indomani del voto europeo, con la Lega che raddoppia i consensi e il M5S che li dimezza, si è andati alla ricerca di nuovi equilibri e i pentastellati sono stati bravi nel trovarli. La Lega invece si è isolata, anche rispetto ai tradizionali alleati, e sembra aver sbagliato i tempi. Il PD ha colto la palla al balzo e ha fatto sponda. Il contesto internazionale offre forse la chiave di lettura più attendibile della crisi e della nascita della nuova maggioranza.
Staremo a vedere la composizione del Governo e il suo programma e se si poggerà su di un patto politico di legislatura o se torneremo a breve alle urne. Qualcosa si capirà dalle imminenti elezioni regionali, se cioè 5Stelle e PD si presenteranno l’un contro l’altro armati o se i toni saranno morbidi. Se dovessero raggiungere una qualche intesa sui territori, il centro destra andrebbe in crisi.
Da noi in Campania, De Luca, oggi in chiaro affanno, con il sostegno o anche solo il disimpegno sostanziale pentastellato avrebbe ben altre prospettive. Soprattutto contrapposto a un centro destra diviso e balcanizzato all’interno dei singoli partiti che lo compongono, ancora privo di qualsivoglia idea di candidato comune, intontito dall’assordante silenzio dei suoi rappresentanti più in vista.
Ma questa è un’altra storia e la seguiremo. Per ora guardiamo al governo Conte, anzi Ursula.