Il segreto principale della bellezza antica e soltanto un po’ sfiorita di Sant’Agata de’ Goti è la sua posizione geografica. Nessuna direttrice importante di traffico la sfiora.
Sant’Agata giace sonnacchiosa su un pianoro verdissimo, solcato da due fiumicelli: l’Isclero e il Martorano, che a stento troverete sulle mappe. Ma essa conserva tesori inaspettati, a cominciare dalla sua stessa conformazione urbana. A picco sul “vallone”, un profondo e verde “canyon” su cui affaccia i suoi precipiti e alti costoni abitati da case a mezz’aria, come in una favola dark.
Sant’Agata è ubicata in un’area nodale di transiti dell’antichità di grande valenza storica nella Campania interna. Ma oggi, in mancanza di una direttrice che la tocchi direttamente, chi vuole andare a Sant’Agata può arrivarci da più direzioni.
Proviamo a descriverne le peculiarità e le caratteristiche, nella speranza di cronista di rendere buon servigio al lettore/viaggiatore.
Proponiamo infatti al nostro lettore Touring questa escursione di straordinario fascino, che presenta tre itinerari a pari o simile percorrenza.
Come primo itinerario, si può scegliere di arrivare a Sant’Agata percorrendo da Caserta Sud l’ Appia traboccante di traffico e richiami commerciali fino alle forche caudine. Si sale poi ad Arpaia, poco lontano da Forchia, che nel toponimo conserva l’immagine della gola stretta che la sovrasta. Là i Romani furono umiliati dai Sanniti in guerra, prima di rifarsi con gli interessi, mettendo in campo il loro strapotere militare e politico da superpotenza dell’Antichità. Da Arpaia a Sant’Agata la strada è tortuosa ma pianeggiante. Si attraversa la intrigante e civettuola Airola e la più campagnola e soda Moiano, lasciandosi dietro l’incombente Taburno in mille svolte che mettono a dura prova il cambio di un’auto.
In alternativa, come secondo itinerario, ci si può dirigere su Sant’Agata prendendo di petto i monti che la dividono dall’Appia ed inerpicandosi verso Durazzano, dopo aver attraversato l’angusto tracciato viario di Messercola. Siamo al confine tra due mondi: la Provincia di Caserta e quella di Benevento. E’ una salita che vale la pena affrontare se si ama la guida sportiva. La strada che porta su al borgo di Durazzano avvolge le sue spire sulle balze montuose con alcune curve a gomito e tornanti che propongono pendenze e strettoie da trofeo automobilistico. Ma, detto tra noi, è un gran bel guidare. E’ un vero e proprio “muro”, ma soltanto ciclisticamente parlando. In auto ovviamente é tutto diverso, ma…
Valicata la cima del muro in località Miranapoli, che prende il nome dal panorama che si gode, sito affacciato sulla piana che va dall’Appia fino al mare azzurro del Golfo di Napoli, si attraversa Durazzano e si scende velocemente verso Sant’Agata.
Ci si infila in un tunnel di un verde avvolgente, interrotto soltanto dalle mille macchioline che si rivelano da vicino ciclamini spontanei del sottobosco ceduo che ci accompagna ai lati della strada. Sant’Agata de’ Goti emerge a tratti sullo sfondo delle discese che si percorrono immersi nel verde e poi accoglie improvvisamente il viaggiatore.
Il terzo itinerario lo proponiamo al viaggiatore che preferisce procedere comodamente, percorrendo l’Appia da Caserta Sud verso Benevento. Egli dovrà lascia la Regina Viarum all’altezza dell’incrocio per la valle Telesina, avviandosi verso la direzione Telese indicata con dovizia dai cartelli stradali. Da lì, dopo aver oltrepassato, non senza un soprassalto d’ammirazione, la straordinaria visione d’insieme dei Ponti della Valle di Maddaloni, deve prepararsi a svoltare a destra poco dopo averli superati.
Il nostro viaggiatore turista avrà avuto, intanto, il tempo di gettare uno sguardo verso il sacrario dei caduti della battaglia del Volturno, che oppose i garibaldini dei Mille, diventati molte migliaia in risalita vittoriosa lungo lo stivale, all’esercito regolare borbonico già in odore di decisiva disfatta e rassegnato alla disperata difesa di Gaeta.
Ma questa è altra Storia e, allora, via verso Sant’Agata de’ Goti.
Attraversiamo una campagna verdissima e ricca di alberi da frutto: ciliegi, noci, peschi e meli che producono le prelibate mele campane che tingono di rosa i campi arrossandosi al sole, in questa terra elettiva della mela Annurca. E’ l’antica consuetudine della maturazione delle mele annurche, stese su letti di paglia, ordinate con cura meticolosa, tipica della pazienza contadina, abituata a misurarsi con il Tempo ed i suoi ritmi immodificabili.
Il risultato è semplicemente fantastico: un tappeto rosa fatto di mele interrompe la monotonia della campagna autunnale, mentre vigneti ordinati attirano l’occhio del visitatore. Siamo nell’area dei grandi vini Mustilli e delle tante più piccole aziende che ne hanno accompagnato il successo.
Arriviamo a Sant’Agata abbastanza velocemente, percorrendo un viale ombroso di platani sempre capitozzati e ricaccianti cespugli di foglie dai loro tormentati nodi sommitali.
Arriviamo sul ponte che dà ingresso alla città e là ci accoglie una prima visione mozzafiato: il fronte abitato di Sant’Agata sembra precipitare nel sottostante torrente Martorano, nel vallone tappezzato e soffocato da un verde tumultuoso.
Quest’ultimo, a sua volta, partendo dalle sponde del torrente si abbarbica ai muri antichi delle abitazioni povere e dei palazzi signorili che insieme compongono uno dei più suggestivi paesaggi urbani che si possa immaginare.
Al di là della cortina urbana, si stagliano contro il cielo le rotondità delle cupole delle chiese, emergenti dall’interno del centro urbano, disteso come un piroscafo in un oceano di verde emergente dall’ammasso tufaceo dei costoni che fungono da perimetro al centro storico.
E’ la bella addormentata che si presenta ai nostri occhi: certamente il più bel centro urbano della Campania interna. Merita davvero una visita prolungata al dedalo delle sue viuzze e dei suoi palazzi confortata dalla rete dei suoi locali pubblici ospitali quanto basta al nostro lettore.