Nuovo ministro, nuovo Esame di Stato. Che la prova finale del percorso di secondo grado dovesse cambiare era già nell’aria da tempo, ma sembravano innovazioni tutte di là da venire. E invece no. Quest’anno ci sono molte importanti novità. Ne elenchiamo e ne discutiamo solo alcuni aspetti innovativi e critici, tralasciandone altri che affronteremo in un secondo tempo.
Due prove scritte invece di tre, più l’orale. Viene eliminata la terza prova, il quizzone, costituito da domande su più materie, stabilite dai commissari d’esame e non oggetto della prima e seconda prova, con durata e svolgimento diverse per ogni scuola. Da far tremar le vene e i polsi: tutti, alunni, docenti, genitori tirano un sospiro di sollievo. Una prova che nel tempo si è rivelata sempre più rischiosa e addirittura falsificabile. Ricordo le insistenti preghiere degli alunni ai loro insegnanti per sapere “prima” le domande, le difficoltà del docente di costruire prove serie ma nello stesso tempo pienamente inserite nei programmi d’esame, la difficoltà degli alunni nel non sapere come scrivere l’argomento, l’ancora più cocente delusione degli insegnanti nel leggere risposte che non solo non centravano la richiesta ma che spesso presentavano grossolani errori di scrittura. A ciò si aggiungeva, spesso, la spocchiosità dei commissari esterni, “I miei alunni questi argomenti li conoscono … hai aiutato i tuoi ragazzi durante la prova” E via così. Insomma, ce ne siamo liberati, fuori la Terza prova!
Più attenzione al percorso svolto dai ragazzi, con un punteggio maggiore assegnato al credito scolastico: il credito maturato nell’ultimo triennio varrà fino a 40 punti su 100, invece degli attuali 25. Anche qui direi che il Ministero si è mosso bene. Il lavoro svolto nell’intero triennio e le valutazioni sistematiche dei docenti del corso acquistano un peso ben maggiore rispetto al giudizio di chi, in pochi giorni, può sovvertire quanto costruito. Il nuovo credito riconosce finalmente l’importanza della continuità e “protegge” chi ha sempre studiato, mettendo in guardia verso chi si avvantaggia della baldanza di un momento. Alla commissione spettano poi fino a 60 punti: massimo 20 per ciascuna delle due prove scritte e 20 per il colloquio. Il punteggio minimo per superare l’esame resta fissato in 60 punti. La Commissione d’esame può motivatamente integrare il punteggio, fino ad un massimo di 5 punti, ove il candidato abbia ottenuto un credito scolastico di almeno 30 punti e un risultato complessivo nelle prove di esame di almeno 50 punti.
Griglie di valutazione nazionali per la correzione delle prove scritte. So per esperienza cosa significhi dosare sostantivi e aggettivi nel costruire griglie che siano il più possibile equilibrate. Quanto sia stato duro, durante gli esami, assistere allo spettacolo della giovane docente che tira fuori dalla borsa le sue griglie personali e le propone in sostituzione di quelle di istituto su cui i dipartimenti hanno lavorato con accanito labor limae. “Queste sono di più facile applicazione, le vostre non le capisco”. Finalmente griglie nazionali, anche qui niente da eccepire.
La prima prova scritta, italiano, prevede la scelta del candidato fra tre tipologie di prova (invece delle quattro attuali): tipologia A (due tracce) – analisi del testo; tipologia B (tre tracce) – analisi e produzione di un testo argomentativo; tipologia C (due tracce) – riflessione critica di carattere espositivo-argomentativo su tematiche di attualità. Per l’analisi del testo la novità principale riguarda il numero di tracce proposte: gli autori saranno due, anziché uno come accadeva fino ad ora. Questo per coprire ambiti cronologici, generi e forme testuali diversi. Potranno essere proposti testi letterari dall’Unità d’Italia a oggi. L’analisi e produzione di un testo argomentativo (tipologia B) proporrà ai maturandi un singolo testo compiuto o un estratto da un testo più ampio, chiedendone l’interpretazione seguita da una riflessione dello studente. La tipologia C, il ‘vero e proprio’ tema, proporrà problematiche vicine all’orizzonte delle esperienze di studentesse e studenti e potrà essere accompagnata da un breve testo di appoggio che fornisca ulteriori spunti di riflessione.
Manca il tema di Storia, quasi il capro espiatorio della rivoluzione giallo-verde, che statisticamente è stata, nel passato, la traccia meno gettonata dagli studenti. Il tema storico richiede, in effetti, oltre ad un’elevata conoscenza dei fatti storici, anche la padronanza del linguaggio settoriale, senza contare che spesso gli argomenti proposti esulavano dal programma svolto normalmente all’ultimo anno di corso. Un tema, quindi, che spaventava gli alunni impreparati, di fatto, ad affrontare la proposta. Qui ovviamente entra in gioco la responsabilità dei docenti, connessa alla generale tendenza ad accantonare il passato, considerando solo il presente e il futuro come il campo di azione dei giovani. L’ambito storico rimane, è vero, tra quelli proposti per la traccia B (riflessione critica di carattere espositivo-argomentativo), per il cui svolgimento verranno proposte tre tracce di carattere: artistico, letterario, storico, filosofico, scientifico, tecnologico, economico. Ma non è detto che la traccia di carattere storico sarà presente ogni anno nella nuova prova di Italiano. Tuttavia, in sede di colloquio, le commissioni potranno porre agli studenti anche domande di Cittadinanza e Costituzione. E in quale ambito si studiano queste discipline se non nel corso di studi di Storia ed educazione civica?
Cacciata dalla porta (lo scritto), la storia rientra dalla finestra (l’orale). E questo avviene dopo l’accorpamento di storia e geografia in un’unica disciplina al biennio e la diminuzione delle ore di storia nel triennio. Svilire in questo modo la specificità del sapere storico nella formazione scolastica significa inoltre accelerare, forse senza rendersene conto, un processo già in atto di riduzione del significato dell’esperienza del passato come patrimonio di conoscenze per la costruzione del futuro. (Giunta centrale per gli studi storici). Eliminare il tema di storia è un segnale grave, avalla la pericolosa tendenza attuale, quella dell’accettata ignoranza delle vicende del nostro passato anche quello più recente. Disporre i fatti in epoche sbagliate evidenzia come la retta del tempo, lungo la quale sistemiamo non solo le nostre conoscenze ma anche le nostre capacità critiche, è del tutto frantumata ed ingarbugliata. Come si fa a dare del fascista a qualcuno se non si sa quando è avvenuto e cos’è stato per l’Italia questo periodo. Bene ha fatto Nanni Moretti nel richiamare alla memoria dei più giovani, e non solo, la vicenda cilena Santiago, Italia che rievoca i tragici fatti del 1972, quando tutti parteggiavamo per Allende e l’ambasciata italiana si mosse con grande umanità nel salvare i perseguitati del nascente regime. Ma chi dei nostri figli sa chi era il presidente cileno e cosa avvenne? Certo non deve essere solo la scuola a costruire la coscienza di un giovane ma senza la scuola e l’importanza che essa dà alla disciplina, non si va da nessuna parte. La sistematica eliminazione del peso della storia nel curricolo, e la perdita del tema di storia è un inquietante segnale, danneggia le giovani generazioni, togliendo loro la possibilità di pensare con la propria testa e di utilizzare correttamente il linguaggio, attribuendo il corretto peso alle parole. Forse vogliamo questo?
Il Ministero ha promesso che accompagnerà alunni, docenti e genitori nel passare questo difficile guado con slide esplicative, indicazioni metodologiche, documenti di lavoro per la preparazione delle tracce della prima prova scritta. Mi sembra un atteggiamento volenteroso. Quello che manca è la visione di insieme sul concetto di formazione ed educazione dei nostri ragazzi.
Il Ministero ha effettivamente recepito le istanze di cambiamento, bisogna però non cedere a lusinghe di facilitazione e semplificazione. Per i ragazzi l’esame deve essere un banco di prova, un primo serio momento di riflessione su una parentesi lavorativa che si chiude e ne apre un’altra.
Piera De Prosperis