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Fico alla masseria Ferraioli di Afragola

by Giulio Espero
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Il Presidente della Camera Roberto Fico giovedì trenta agosto ha visitato, quasi a sorpresa, la masseria Ferraioli ad Afragola.

I nostri lettori più attenti certamente ricorderanno che della masseria ci siamo già occupati.

Si tratta del bene confiscato alla criminalità organizzata più grande della provincia di Napoli, circa 120.000 metri quadri sottratti al clan camorristico dei Magliulo e assegnata dal comune di Afragola, qualche anno fa, quando era amministrata dal centro sinistra, ad un gruppo eterogeneo di partner tra i quali figurano la CGIL e svariate cooperative sociali nonché gruppi di volontariato. I quali hanno provveduto a rimettere in sesto la tenuta agricola abbandonata da anni e a organizzarla in tanti piccoli orti urbani assegnati gratuitamente ai cittadini interessati a coltivare i piccoli appezzamenti.

La masseria fu intitolata Antonio Esposito Ferraioli, cuoco, scout e sindacalista della CGIL, vittima minore, per così dire, della camorra, ammazzato barbaramente con due colpi di lupara alla schiena a Pagani la sera del 30 agosto 1978 quando aveva appena ventisette anni.

Ad accogliere il Presidente Fico in occasione del trentennale dell’orribile omicidio, oltre che i rappresentanti dell’attuale amministrazione comunale di centro destra, gli scout dell’Agesci, il Consorzio di Cooperative sociali “Terzo Settore“, la CGIL dell’Area metropolitana di Napoli, la Cooperativa sociale “L’uomo e il legno“, la Cooperativa Giancarlo Siani, l’Associazione di volontariato “Sott’e’ncoppa” e finanche Marco Ferraioli fratello del giovane sindacalista di Pagani.

Toccante il racconto di quest’ultimo che ha alternato ricordi intimi e personali con riflessioni più ampie sulla vita sindacale e professionale di Antonio Ferraioli che, già inviso ai titolari della fabbrica dove lavorava come cuoco nella mensa degli operai perché con le sue battaglie aveva costretto a pagare la tredicesima a tutti i lavoratori, si era rifiutato di cucinare una partita di carne avariata di dubbia provenienza.

Il piatto forte della manifestazione, però, sono state le parole di Fico, presentatosi simpaticamente in maniche di camicia.

La vera emergenza del Paese è la lotta alle mafie. Se non ci liberiamo dalle mafie non saremo mai un paese libero”.

Una dichiarazione a nostro avviso importante, netta e significativa dell’esponente pentastellato, in aperta controtendenza politica rispetto alla compagine di governo, laddove in queste settimane si parla esclusivamente di emergenza immigrati.

La lotta alle mafie– ha ricordato ancora il Presidente Fico- non va dimenticata perché le nostre terre sono spesso sotto scacco della camorra. Una battaglia che bisogna vincere … spesso è come se ci fosse una sorta di incantesimo, pensiamo che questo tipo di fenomeno debba restare per sempre … Le mafie non sono un fenomeno ineluttabile e dobbiamo darci un termine affinché scompaiano … Voglio vivere in un paese che sia libero dalle mafie affinché sia veramente libero”.

E ha indicato in maggiori investimenti nelle forze dell’ordine, nella magistratura, nella scuola e nella formazione il percorso necessario che deve intraprendere lo Stato per combattere questo cancro.

Aldilà dell’approccio istituzionale e, passateci il termine, semplicistico adottato dal presidente Fico, indubbiamente opportuno in una simile circostanza dove l’aspetto commemorativo prevale su qualsiasi altro approfondimento su un fenomeno sul quale sono stati scritti migliaia di volumi, corre l’obbligo sottolineare il nuovo messaggio politico emerso.

Un messaggio che ha dato voce a quell’anima sociale, popolare e di sinistra che caratterizza certamente una importante fetta dell’elettorato dei 5Stelle sin qui rimasta sottotraccia, quasi annichilita dalla più muscolare Lega di Salvini, che di fatto ha prevalso nell’attività del governo di alleanza gialloverde.

Messaggio politico reso ancora più esplicito quando a proposito del premier ungherese Orban, recentemente incontratosi col Ministro degli Interni Salvini, Fico ha sottolineato come quel modello sia quanto di più lontano dalla sua testa “…come politica, come principi e come valori…”

Resta da vedere come questi principi e questi valori, e lo diciamo da meridionali, potranno essere effettivamente rappresentati e tutelati da una compagine di governo alquanto eterogenea.

di Giulio Espero