Sui siti dei giornali si fa un gran parlare degli avvenimenti finanziari di quest’ultima settimana. L’incredibile altalena vissuta dai mercati azionari e obbligazionari la conosciamo tutti. Tuttavia, dietro le quinte vi sono risvolti che porteranno a strascichi legali, politici ed economici. Andiamo con ordine, mettendo dapprima i fatti salienti in ordine cronologico.
8 aprile 2025:
- Elon Musk su X dà del “moron” – letteralmente tradotto in «deficiente», o «ritardato mentale» – a Peter Navarro, l’ascoltato consigliere di Trump sulla questione dei dazi;
- Da quel momento, l’inventore della Tesla sparisce di scena e si chiude nel silenzio;
- Sempre su X, il Vicepresidente JD Vance posta un sarcastico messaggio: “È sorprendente vedere tutti questi socialisti in limousine che si disperano per le catene di approvvigionamento cinesi da cui dipendono nonché per le loro perdite in borsa.” Inutile dire a chi fosse diretta la stilettata.
9 aprile 2025:
- Ore 9:37: Trump su Truth annuncia che “è il momento giusto per comprare (azioni)”
- Ore 9:47: Kimbal Musk (fratello minore di Elon e membro del CdA della Tesla) su X accusa senza mezzi termini Vance, Donald Trump e i Repubblicani di guidare l’America verso un gravissimo rialzo dei prezzi, soprattutto per il ceto medio-basso, da cui lo stesso Vance proviene, ossia proprio il ceto che il nuovo governo USA dovrebbe proteggere dall’inflazione. Che Kimbal abbia potuto puntare il dito, facendo nomi e cognomi, senza avere il permesso del fratellone Elon, solleva molti dubbi. Anzi, è assolutamente impensabile. Ma ci ritorneremo.
- Ore 13:05: Trump annuncia la pausa di 90 giorni e i mercati azionari s’impennano.
Due sono i quesiti: c’è stato «Insider Trading» (operazioni finanziarie eseguite sulla base di notizie riservate e ottenute in anticipo) da parte di Elon Musk e di altri privilegiati individui all’interno e nei dintorni della Casa Bianca? E poi, in quale momento Elon Musk ha saputo che la pausa sui dazi sarebbe stata annunciata?
In rapida successione, questa settimana il Ciuffo in Chief ha fornito ben due volte la prova inequivocabile che, se lui schiaccia o rilascia il bottone dei dazi, nel giro di pochi secondi le borse vanno giù, o risalgono, con percentuali vertiginose in un senso o nell’altro. Indubbia dimostrazione di potere. Era successo una prima volta lunedì 7 aprile allorché Kevin Hassett, Direttore del Consiglio Economico Nazionale della Casa Bianca, con una frase sibillina aveva dato a intendere che il Presidente stava considerando una pausa sui dazi. La notizia aveva fatto innalzare i listini, per poi riprecipitarli nel baratro un’ora dopo con la smentita da parte della stessa Casa Bianca: fake news. Eppure, guarda caso, 48 ore più tardi succede proprio quello che Hassett aveva sottinteso: pausa di tre mesi sui dazi (meno che quelli per la Cina). A quel punto, le borse sono risalite con percentuali a due cifre, dritte come la traiettoria del vettore Ariane dopo il lancio.
Ok, ma allora, i sospetti di insider trading e gli altri risvolti da dove vengono?
La notte tra l’8 e il 9 aprile, verso mezzanotte, Trump era al telefono con Scott Bessent, Segretario al Tesoro: discutevano di quanto avveniva in quegli istanti sui mercati obbligazionari in Oceania ed Estremo Oriente, ove i «bonds» americani stavano affondando assieme al dollaro. Da lì la decisione di mettere la pausa.
Secondo quanto sospettano alcuni senatori Democratici, Steven Hosberg (Nevada), Adam Schiff (California) e Richard Blumenthal (Connecticut), giusto per citare quelli che hanno rilasciato interviste e dichiarazioni, l’inghippo starebbe proprio lì, in quelle ore che separano la telefonata di The Donald con Bessent e l’annuncio sulla “pausa dazi”. Tredici ore in cui molte persone vicine al Presidente avrebbero potuto piazzare ordini di acquisto, soprattutto in considerazione dell’incitamento dello stesso Trump a procedere con gli acquisti nel suo messaggio delle 9:37. Molto probabilmente sarà avviata un’indagine da parte dei due rami del parlamento USA. La storia ci dirà. Ma c’è di più: a Capitol Hill si ventila anche l’ipotesi che tutta la manovra dei dazi, fin dall’inizio, possa essere stata ideata e utilizzata per arricchirsi personalmente. Fantapolitica? Lo si deve sperare con tutta l’anima perché, considerando i precedenti nel mondo degli affari di svariati membri dell’Amministrazione USA – incluso il Commander in Chief – se l’imbroglio fosse provato, potrebbe forse non sorprendere, ma segnerebbe la fine degli Stati Uniti e della sua credibilità politica, economica e di Stato portatore della fiaccola della libertà. Sarebbe la più grande truffa di ogni tempo, per giunta orchestrata nel cuore della prima potenza economica del mondo. Inimmaginabile… ma come, purtroppo, inimmaginabili furono anche gli attentati alle Torri Gemelle.
E l’enigmatico Elon Musk? Sparito due giorni prima, non ha mai commentato la pausa sui dazi la cui eliminazione tout court era il suo desiderio, come esplicitamente detto a Salvini in collegamento con il congresso della Lega. Dunque, perché tacere? Semplicemente perché non può cantar vittoria. Ha ottenuto quel che si augurava per il resto del mondo, ma non per quanto riguarda la Cina a lui cara e necessaria per il suo business. Vi è un dettaglio che mi pare sia sfuggito alla maggioranza dei media. Infatti, nella conferenza stampa dopo l’annuncio sulla retromarcia dazi, e come sempre condendo i suoi trionfalistici discorsi con motivazioni tanto autocompiacenti quanto degne di farse carnevalesche, alla domanda di un giornalista se “vi saranno esenzioni per certe imprese che importano componenti dalla Cina”, Donald Trump ha risposto: “Sì, alcuni sono stati colpiti molto duramente ed esamineremo questo problema”. Il giornalista è tornato alla carica: “Quale sarà il criterio per scegliere le aziende beneficiarie dell’esenzione?” “Istintivamente… lo deciderò istintivamente” ha risposto tronfiamente il tycoon.
Come dire che non ci saranno criteri industriali, economici, matematici, legali, fiscali, di logica produttiva o logistica: deciderà solo lui, l’imperatore, come più gli aggrada sulla base dei suoi sentimenti in quel momento; e, ovviamente, sulla base della sua amicizia con le aziende colpite. Nessuna regola, nessuna equa opportunità per imprenditori e investitori: sarà «l’istinto» a graziare Tizio o a condannare Caio.
Non vi è più ombra di dubbio sul perché del silenzio di Musk e sul perché, in sua vece, abbia parlato Kimbal: il messaggio, che ricorda quelli indiretti di Cosa Nostra, era chiaro: “se non togli i dazi, smontiamo la macchina mediatica che ti ha portato – e ti sostiene – sul trono”. Elon ha ottenuto che Trump abbia fatto quanto esatto. Anzi, assai di più: grazie all’istinto decisionale di Donald Trump, ora può cominciare a sperare di vendere le Tesla anche al ceto medio-basso tanto caro a JD Vance.
Perché infierire sulla sua marionetta?