Home Cultura LE CITAZIONI: Vattimo. La maschera è il destino dell’Occidente

LE CITAZIONI: Vattimo. La maschera è il destino dell’Occidente

Gianni Vattimo

by Ernesto Scelza
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Gianni Vattimo, scomparso nel 2023, è stato uno dei maggiori intellettuali italiani che hanno sottratto il pensiero di Friedrich Nietzsche a una lettura e ad un “uso” strumentale, reazionari e di “destra”, prevalenti fino a tutta la prima metà del Novecento, e proiettato la filosofia italiana al confronto con la grande filosofia europea. A partire da questo testo, “Il soggetto e la maschera. Nietzsche e il problema della liberazione”, che propone la riflessione sulla “maschera” come il filo conduttore della più sconvolgente tra le filosofie dell’Occidente, che cambia per sempre la nostra serena visione della cultura greca classica.

 

«Il problema della maschera è il problema del rapporto tra essere e apparenza. Enunciato così, il tema permette di cogliere fin dall’inizio il senso, da un lato, del rapporto di Nietzsche con Schopenhauer, dall’altro le radici della sua filosofia nell’esperienza filologica. La tematica del rapporto essere-apparenza, che Nietzsche trova elaborata nel pensiero di Schopenhauer, non può essere liquidata sbrigativamente… (il mondo come pura illusione, il velo di Maja, la liberazione dall’apparenza attraverso l’ascesi ecc., il fondo irrazionale delle cose).

(…) Come filologo, Nietzsche realizza pienamente quello che è sempre stato l’atteggiamento base della filologia nei confronti dell’antichità classica, e che è presente in modo profondo nello stesso concetto di classico: l’assunzione dell’antichità come modello, lo studio della letteratura e dell’arte greca in vista di una “critica”, di un giudizio sul presente, che inevitabilmente appare… come decadenza e degenerazione.

(…) La scoperta che tutti i caratteri di equilibrio, armonia, compiutezza e perfezione formale, con i quali siamo soliti contraddistinguere il classico, sono soltanto maschera, apparenza di una “cosa in sé” la quale soffre di profonde dilacerazioni, anzi è essenzialmente, sempre pensata sulla traccia di Schopenhauer, dilacerazione e tormento (…). La “classicità” non viene esperita più come realizzazione esemplare di una coincidenza tra interno ed esterno, ma intesa invece come una peculiare configurazione dell’inevitabile divergenza tra essere e apparire, una peculiare forma di “maschera” che… si presenterà come l’unica possibile “verità” contrapposta alla verità della ragione metafisica. Se Nietzsche modifica profondamente il contenuto della nozione di classico — poiché riconosce l’equilibrio tra interno ed esterno come una peculiare forma di maschera, e quindi di non equilibrio – rimanendo d’altra parte classicista in quanto individua ancora, sia pure non più nella “classicità” tradizionalmente intesa (l’Atene di Pericle), il modello di una cultura non decadente, ciò significherà che la decadenza e in genere la valenza negativa dei fenomeni storici non si potrà identificare semplicemente col loro essere maschera, con il loro divergere dalla cosa in sé; si dovrà dare una forma di mascheramento non decadente e invece una maschera decadente.

(…) L’approccio alla civiltà come maschera, che Nietzsche imposta nella Nascita della tragedia e nelle opere vicine, può a buon diritto… essere assunto come motore centrale del suo itinerario speculativo, dalle originarie riflessioni sui greci fino alla nozione di superuomo (o oltre uomo) e alla volontà di potenza.»

Gianni Vattimo, Il soggetto e la maschera.