Ne hanno parlato tutti, ma in pochi hanno spiegato davvero a cosa dovesse servire la norma chiamata Salva Milano. Torniamo indietro di un anno e cerchiamo di capirlo. Per un lungo periodo di tempo, più di dieci anni se ci fidiamo dei conti del Sindaco Beppe Sala, a Milano gli uffici competenti per l’urbanistica, tra cui il SUE (Sportello Unico Edilizia), avrebbero letto le norme in maniera unica. In sostanza, avrebbero considerato ristrutturazioni tutte le operazioni su edifici esistenti. A prescindere dalla portata e dai risultati. Questo consentiva di presentare una semplice SCIA invece di un Progetto Esecutivo. I principali benefici? Meno (o addirittura zero) oneri di urbanizzazione e assenza di confronto con territorio e associazioni.
“Questo era l’unico modo di convincere i costruttori a operare a Milano” pare abbia detto il Sindaco Sala. Una teoria ardita. Di sicuro a un certo punto qualcosa, e per “qualcosa” si intendono più di una decina di cantieri, si è inceppato. I processi sono partiti e noi li lasceremo scorrere. Il problema è che si è bloccata TUTTA la macchina amministrativa, non solo quella delle SCIA. Alcune associazioni di categoria parlano di 150 cantieri fermi. Di fronte a un disastro di queste dimensioni si è mossa la politica nazionale. Esistevano, in origine, due grandi ipotesi. La prima era una banale sanatoria. Si riconosceva l’errore e si accettava che le conseguenze sarebbero state socialmente troppo gravose. Per cui si copriva con il metaforico velo pietoso la situazione. Ma questo non era tollerabile a sinistra.
Quindi si è ripiegato su una interpretazione autentica che stabiliva che sì, a Milano avevamo capito tutto, a differenza del resto del paese. E quelle ERANO DAVVERO ristrutturazioni. Inclusi i grattacieli in cortile e le case di ringhiera che si coricavano su un fianco per divenire alte e snelle torri. O le case dei minatori che diventavano case da ricchi vista lago (abbiamo un Parco delle Cave, dopotutto). Questa legge ha superato in agilità la Camera, ma si è schiantata politicamente in Senato. Dove qualcuno ha chiesto un parere a un paio di urbanisti sulla questione centrale: ma davvero le norme sono così oscure da consentire interpretazioni così varie? Risposta pressoché unanime: NO.
Aggiungiamoci che gli effetti di questa interpretazione sarebbero stati molto diversi a Milano e a Roccasecca: rischiavamo un sacco globale della penisola. Il PD era già pronto a sfilarsi a fine 2024. Solo la testardaggine di Sala teneva in vita una norma che, come abbiamo visto, era stata scelta perché consentiva voti su entrambe le sponde del Parlamento. Il pilastro delle considerazioni del Sindaco era: inchieste o non inchieste, qui non ci sono corrotti. Solo dispute legali. Purtroppo per tutti a inizio marzo la Procura di Milano ha elegantemente dissentito, arrestando il vicepresidente della Commissione Paesaggio (in carica fino a gennaio 2025). L’accusa? Corruzione.
A quel punto, innocente o meno che fosse Oggioni, il PD quella norma non poteva più sostenerla. E così la si è lasciata arenare in commissione, in Senato. Dove morirà di stenti con la fine della legislatura. E Milano? Milano è ferma. Si sta cercando una soluzione per le famiglie incagliate, con qualche centinaio di migliaia di euro in acconti versati e affitti salatissimi da pagare per tempi ignoti. Con il rischio di veder abbattuto tutto e la lotteria delle fideiussioni per recuperare il versato. Politicamente la maggioranza di Sala è ai ferri corti: ci sono almeno 4 ecologisti in Consiglio Comunale, con un assessore in Comune, che ormai votano costantemente contro. Il Sindaco resiste solo per Olimpiadi e vendita dello Stadio. Collezionando, cosa in sé assurda e molto italiana, inchieste pure su vendite mai effettuate, come quella dello Stadio Meazza.
Al momento a sostenere il Salva Milano è rimasta una pattuglia di centristi e liberali. Un misto tra i veterani di una battaglia mai combattuta e gli ùmarell fermi davanti a cantieri vuoti. Gli altri sono andati avanti. A differenza di Milano, sempre più paralizzata e sempre più in crisi di identità