Home Cultura LE CITAZIONI: De Céspedes. Era la guerra, che il fascismo prometteva!

LE CITAZIONI: De Céspedes. Era la guerra, che il fascismo prometteva!

Alba De Céspedes

by Ernesto Scelza
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Alba De Céspedes, è già una scrittrice affermata quando, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, fugge da una Roma stretta nella morsa del terrore nazista, vive alcuni mesi alla macchia nei boschi d’Abruzzo e raggiunge Bari, nel Sud dell’Italia liberata. Qui, sotto lo pseudonimo di Clorinda, la donna-guerriera della “Gerusalemme Liberata”, dal novembre 1943 fino al giugno 1944 dirige le trasmissioni di “L’Italia combatte!” da Radio Bari parlando ai “patrioti” e alle “patriote” che al Nord devono ancora subire l’occupazione tedesca e il regime fascista della Repubblica di Salò, suggerendo atti di sabotaggio accanto a forme di resistenza civile. Il brano proposto è trascritto in “È una donna che vi parla, stasera”, sottotitolo: “La voce di Clorinda dalle radio libere di Bari e Napoli (1943-1944)”.

 

«Voi andavate in giro per le strade, vedevate affissi sui muri grandi cartelloni che annunciavano mostre e triennali, Napoli o Venezia, sconti formidabili. Partivate su treni celerissimi e puntuali, arrivavate in grandi città illuminate. Potente Paese, l’Italia, era scritto sui giornali. Tutto era molto facile, allora, bastava non parlare troppo e invitare a pranzo, spesso, quella tale persona influente del partito o del gruppo rionale; vostro marito non aveva problemi, doveva solo ricordarsi di spostare il distintivo da una giacca all’altra, non raccontare barzellette, non dire quello che pensava. Sacrifici non tanto grandi, in fondo: gli uomini erano esagerati che parlavano di schiavitù e complottavano sempre tra di loro. Bastava solamente essere un po’ furbi, si viveva benissimo. “Ricordi com’era facile la vita quando c’era il fascismo?” dite a vostro marito; e anche a lui parlate di treni, di strade illuminate, forse avete davanti a voi una minestra di fave secche e gli ricordate favolose vetrine di salumeria.

Del resto, di tutto il resto, accusate la guerra. Sentite il rombo dei bombardieri sulle città buie e insidiose, e vi sembra che questo cataclisma si sia scatenato da solo, come un fenomeno meteorologico, il fulmine o la tromba marina. E non pensate che è stato proprio il nostro comportamento a permettere, anzi, direi a scatenare questo nel mondo. A questo inesorabilmente la politica del fascismo doveva condurre. Mentre voi viaggiavate gioiosamente nei treni popolari anche questo tremendo cataclisma viaggiava, avanzava verso di voi. Mentre ammiravate le nuove città sorte all’insegna del fascio Littorio, a poco a poco anche questa minaccia sorgeva, ingigantiva. Voi eravate seduta al sole in una delle nuove strade di Roma, e guardandovi attorno pensavate forse: “Però, ha fatto molte cose, il fascismo” e non vi preoccupavate di quest’altra cosa tremenda che il fascismo stava facendo, intanto. Leggevate sui giornali, stampati vistosamente, annunci di colloqui al Brennero, di Patti e Tripartiti e non capivate che questo voleva dire soltanto la guerra, preparare, ordire la guerra. Ruggendo dal balcone Mussolini pronunciava oscure minacce e sempre parlava di armarsi, enumerava aerei e cannoni e voi avete – anche se non c’erano – applaudito, forse, pensando che era bello appartenere a un paese forte e temuto, sicura che tutto sarebbe finito con una bella parata lungo la via dell’Impero, bande, pennacchi e cavalli bianchi. Invece era tutto questo che Mussolini vi prometteva, incursioni, distruzioni, case polverizzate, bruciate, uomini dispersi o prigionieri. E voi applaudivate, gridavate Duce Duce. Ed era come se applaudiste l’immagine di vostro figlio morto, sanguinante su un lontano ed ignoto campo di battaglia, o ridotto un ammasso carbonizzato insieme con l’aeroplano. Questa vita che adesso vivete, applaudivate.»

Alba De Céspedes, Benessere a credito.

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