La poesia di Dimitris Christodoulou titola, in greco, “O kaimòs”: un sostantivo astratto derivato dal comune verbo καίω /kjéo/ “bruciare, ardere”, e indica la “pena che brucia”, il “dolore ardente” (qualcosa che “brucia dentro”), e quindi “anelito”, “desiderio”, “tristezza”: “l’amarezza”, nella traduzione di Andrea Buriani che è qui proposta. Nel 1961 viene musicata da Mikis Theodorakis, forse il più grande compositore ellenico di tutti i tempi e interpretata da Stelios Kazantzidis. Dopo l’avvento del regime dei Colonnelli, la canzone, da canto d’amore, diviene una potente condanna della dittatura fascista. In Italia l’abbiamo conosciuta come “Un fiume amaro” nella versione di Sandro Tuminelli, cantata da Iva Zanicchi.
Sì come grande la costa e lunga,
enorme è l’onda profondo è il mar
talmente grande è il mio dolore
e il mio peccato è amar di più.
Quel fiume amaro dentro me,
è il sangue della tua ferita.
Ma più del sangue amaro avrò
le labbra e il bacio tuo, tu mia vita.
Ma più del sangue amaro avrò
le labbra e il bacio tuo, tu mia vita.
Tu non conosci il freddo e il gelo
la notte buia senza la luna
e tu non sai qual è il momento
quando il dolore ti prenderà.
Quel fiume amaro dentro me,
è il sangue della tua ferita.
Ma più del sangue amaro avrò
le labbra e il bacio tuo, tu mia vita.
Ma più del sangue amaro avrò
le labbra e il bacio tuo, tu mia vita.
O kaimòs/L’amarezza.