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La mulier della casa del Tìaso di Pompei ci guarda

Cosa vuole comunicare a chi la guardava allora e a chi la guarda ora?

by Piera De Prosperis
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La cosiddetta casa del Tiaso di Pompei, nell’insula 10 regio IX, ci ha donato un affresco a figure grandi, databile 40-30 a.C., attribuibile al II stile della pittura pompeiana il cui tema pittorico è il rituale iniziatico al culto di Dioniso già presente nella arcinota Villa dei Misteri. Le baccanti qui rappresentate sono cacciatrici, non a caso ad esse si aggiunge un fregio con un variegato bestiario di animali vivi e morti, tra cui cerbiatti, cinghiali, uccelli, pesci e molluschi. Tra le megalografie spicca una figura femminile accompagnata da un vecchio sileno che regge una torcia. Si tratta di una donna mortale che di notte sta per essere iniziata ai misteri dionisiaci. Probabilmente lo sguardo era rivolto alla statua di Dioniso che è andata perduta. Ora però sembra guardare noi. Perché ci guarda? Cosa vuole comunicare a chi la guardava allora e a chi la guarda ora?

Nel mondo antico sappiamo che le donne non avevano un ruolo politico, non avevano neanche un nome se non quello della famiglia, erano ovviamente escluse dalla vita religiosa pubblica. La marginalizzazione religiosa nasceva dal fatto che nessuna pratica religiosa ragionevole, funzionale alla vita pubblica poteva essere da loro svolta, la religione era un affare di uomini. Esistevano le Vestali ma, per quanto indispensabili, il loro ruolo risultava comunque subordinato. Esistevano però i culti eccezionali, circoscritti, misterici. In particolare i riti dionisiaci basati sull’estasi mistica, la follia, l’irrazionalità, sconvolgevano leggi, costumi e gerarchie sociali. Non a caso nei riti erano ammesse donne e schiavi.

E’ un dio, Dioniso, che strappa le donne dal telaio, dalla chiusa, protetta e soffocante vita domestica per portarle fuori, sulle montagne, a caccia o per travolgerle in danze orgiastiche. Il senato Romano era già intervenuto con un senatusconsultum de Bacchanalibus nel 186 per regolamentare gli eccessi dei rituali che diventavano occasione per violenze e crimini. Il pericolo maggiore era rappresentato dalla possibilità per le donne di esulare dai loro canonici doveri, forse di poter vivere esperienze diverse che aprivano varchi profondi da cui poteva essere difficile tornare indietro. Sta di fatto che solo la normalizzazione dei riti consente la loro celebrazione, anche attraverso cicli pittorici importanti nelle domus pompeiane.

Ma torniamo alla nostra matrona da poco disvelata agli occhi delle donne e degli uomini del 2025.

Solo le donne che hanno in sé una selvatichezza naturale possono raggiungere il dio dell’ebbrezza che è di suo selvaggio. C’è affinità elettiva tre le donne e Dioniso, tra l’irragionevolezza di genere e il dio dell’estasi, perciò solo le donne, perché ne hanno le capacità possono riportare ad una dimensione civile il dio e tutto il suo ebbro corteo. Il sileno conduce la donna ma ella ci guarda con occhi rassicuranti, tornerà dopo aver domato il selvaggio. E’ una garanzia per gli uomini che partecipavano a quei banchetti in quella sala. E’ un rito addomesticato ben lontano dalla follia spinta fino al delitto, eppure liberatorio per le adepte. Ma come si conviene ad un convito, tutto poi tornerà nella norma, le donne ritorneranno ai loro compiti, ma chissà quante di loro avranno cominciato a maturare i semi di una consapevolezza del loro esistere al di fuori dell’essere matres. Quante avrebbero preferito continuare a cacciare libere nei boschi pur di non tornare all’ordine patriarcale. Ma il disordine è consentito solo se poi si ritorna all’ordine, se al Carnevale segue la Quaresima. A quella mulier dipinta a Pompei vorremmo suggerire di godere appieno di quella notte perché ne deve passare ancora di tempo perché la libertà delle donne non sia più vigilata.