Molte chiacchiere a vuoto e inconsapevoli sulla ragion di Stato. C’è chi la rifiuta toto corde. E chi la celebra. Secondo costoro, lo Stato su certe cose di vitale importanza per la sua esistenza è legibus solutus. E non deve dar conto. Punto di vista autoritario che apre la strada ad ogni abuso. Manco il segreto fosse affar di signorie rinascimentali o di Stato assoluto del ‘600. Nacque allora il concetto di Arcana Imperii. Lo Stato si libera dalla servitù dell’etica. Che poi spesso era la ragione della Chiesa e del suo potere temporale.
Peccato che lo Stato emancipato nei secoli dalla fede in Occidente – non senza regressi nei fascismi e oggi con Trump – sia divenuto tutt’altra cosa. E coincida con lo stato di diritto. Debba cioè render conto in un modo o nell’altro alla pubblica opinione. Già in Kant, che pure ammise il regicidio come rottura inevitabile dopo il 1792. E del resto già Machiavelli giustificava la virtù del fine come salus pubblica e non già crimine ad libitum. La virtù era civile, dei cives non solo del Principe che di essi si cura come un medico del corpo. E poi il ‘500 era il tempo dell’anarchia e delle guerre civili e religiose senza scampo. E un criterio andava pur cercato come in Hobbes: salvare pace con vita e contratto sociale stabilito. Talché’ più che mai in democrazia liberale già il Croce conia la categoria dell’etico politico. E quindi. Fini universali, scopi della politica. Una élite che meglio di altre la incarni nel conflitto tra le parti. La virtù in Croce, e in Bobbio, è all’inizio e alla fine, e in mezzo c’è l’agire politico che dissimula e nasconde ma alla fine rende conto. Svela non il dettaglio, bensì lo sfondo e la necessità dinanzi ai cives, da cui trae legittimità.
La faccenda poi si complica con il diritto cosmopolitico diretta emanazione della democrazia. La pubblica opinione è fondativa, persino in Hegel, liberal moderato: Gesinnung, cioè sentimento del bene comune nello Stato. Tutto perciò va giustificato e la ragion di Stato diviene per forza Stato di ragione. Che è la democrazia stessa. Quindi laddove ci sia un discostamento o un vulnus dall’etica civile, che è altro dalla fede o immediata morale, tutto questo va spiegato. Mostrato come temporanea eccezione della regola, ma per salvare la regola. Che altrimenti l’eccezione diviene regola e dunque dittatura dell’arbitrio e nuova regola. E il commissariamento della regola alfine si ribalta in dittatura sovrana. In Autorità illegittima.
In conclusione, la destra dovrà illustrare la Ratio della plateale licenza e libertà concessa in pompa magna al torturatore libico: in parlamento o al Copasir, insomma alla pubblica opinione. Certo con le inevitabili garanzie per i suoi servant. Pena la vittoria dell’arbitrio e la ulteriore diffusione di sfiducia e anarchia etico politica. In uno stato come il nostro già colabrodo di nequizie depistaggi e defezioni ribelliste populiste. A meno che nel disordine la destra non voglia essa stessa essere il disordine sovversivo dall’alto. Un copione ben noto che l’opposizione ha il sacrosanto dovere di stracciare. Incurante di nuovi e vecchi ben pensanti ammantati di ipocrita realismo.