“Venti lezioni. Per salvare la democrazia dalle malattie della politica” è il titolo ‘debole’ della traduzione italiana di un libro ‘forte’: “On tyranny”, in cui lo storico statunitense Timothy Snyder, autore di opere capitali sull’Europa tra Hitler e Stalin e sull’Olocausto, esorta ad evitare di ripetere oggi, nell’era di Trump, della Brexit, dei nazionalismi e dei populismi, gli errori di un’epoca tragica. Oggi non siamo “più saggi” degli europei del XX secolo: “Uno dei nostri vantaggi è di poter imparare dalla loro esperienza… La storia insegna che la tirannia più insidiosa non è quella che s’impone con la violenza, per mezzo di un repentino colpo di Stato, ma quella che acquista potere attraverso una serie di cedimenti progressivi da parte dei cittadini”.
«Quando i Padri fondatori discussero la Costituzione americana trassero ammaestramento dalla storia a loro nota. Preoccupati che la repubblica democratica che immaginavano fallisse, guardarono al declino delle antiche democrazie e repubbliche in oligarchia e impero. Sapevano che Aristotele aveva ammonito che la diseguaglianza porta all’instabilità, mentre Platone credeva che i demagoghi sfruttassero la libertà di parola per prendere il potere e diventare tiranni. Fondando una repubblica democratica sulla legge e creando un sistema di garanzie con controlli e contrappesi, i Padri fondatori cercarono di evitare il male a cui, come i filosofi antichi, davano il nome di tirannia. Avevano in mente l’usurpazione del potere da parte di un singolo individuo o gruppo, o l’aggirare la legge a proprio vantaggio da parte dei governanti. In seguito, negli Stati Uniti, gran parte del dibattito politico ha riguardato il problema della tirannia all’interno della società americana: sugli schiavi e le donne, per esempio.
Prendere in esame la storia quando il nostro ordine politico sembra in pericolo è quindi una tradizione dell’Occidente. Se oggi siamo preoccupati che l’esperimento americano sia minacciato dalla tirannia, possiamo seguire l’esempio dei Padri fondatori e guardare alla storia di altre democrazie e repubbliche. La buona notizia è che possiamo contare su esempi più recenti e più significativi dell’antica Grecia e di Roma, quella cattiva è che la storia della moderna democrazia è fatta di declini e cadute.
Da quando le colonie americane dichiararono l’indipendenza dalla monarchia britannica, giudicata “tirannica”, la storia europea ha conosciuto tre principali momenti democratici: dopo la Prima guerra mondiale, nel 1918, dopo la Seconda, nel 1945, e dopo la fine del comunismo, nel 1989. Molte democrazie fondate in questi momenti fallirono (…).
Nell’ultima parte del XIX secolo, proprio come nel tardo XX, l’espansione del commercio internazionale generò aspettative di progresso. All’inizio del XX secolo, come agli albori del XXI, queste speranze furono messe alla prova da una nuova concezione della politica di massa in cui un leader o un partito pretendevano di rappresentare direttamente la volontà del popolo. Le democrazie europee crollarono lasciando il posto all’autoritarismo di destra e al fascismo negli anni Venti e Trenta. L’Unione Sovietica comunista, fondata nel 1922, estese il suo modello in Europa negli anni Quaranta. La storia d’Europa del Novecento ci dimostra che le società possono spaccarsi, le democrazie cadere, l’etica subire un tracollo e gli uomini normali trovarsi sul ciglio di una fossa comune con la pistola in mano. Oggi capirne il perché ci sarebbe molto utile.»
Timothy Snyder, Venti lezioni.