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LE CITAZIONI: Snyder. Il rischio è diventare “Rinoceronti”

Timothy Snyder

by Ernesto Scelza
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Cita “Il rinoceronte” di Eugène Ionesco, Timothy Snyder, storico e accademico statunitense, per suggerire di “credere alla verità” in una delle sue lezioni “Per salvare la democrazia dalle malattie della politica”, che sono un invito a non illudersi che siamo al riparo dei totalitarismi che hanno insanguinato il Novecento: “Abbandonare i fatti significa abbandonare la libertà. Se niente è vero, allora nessuno può criticare il potere, dato che non esiste una base su cui farlo. Se niente è vero, allora tutto è spettacolo. Il portafoglio più gonfio paga per le luci più abbaglianti”.

 

«Negli anni Trenta Eugène Ionesco, il grande drammaturgo romeno, osservò i suoi amici allontanarsi uno a uno, risucchiati nel linguaggio del fascismo. Quell’esperienza divenne lo spunto per la stesura del Rinoceronte, la commedia dell’assurdo che Ionesco compose nel 1959, in cui coloro che cadono preda della propaganda si trasformano in enormi bestioni cornuti.

Riguardo alle proprie esperienze personali Ionesco scrisse: “Professori universitari, studenti, intellettuali diventavano nazisti, membri della Guardia di ferro, uno dopo l’altro. Di certo all’inizio non erano nazisti. Una quindicina di noi si riuniva per parlare e cercare di trovare argomenti da contrapporre a quelli dei nazisti. Non era facile… Di tanto in tanto uno dei nostri amici diceva: “Non sono affatto d’accordo con loro, ma devo riconoscere che su certe questioni, sulla faccenda degli ebrei per esempio…”. E questo era un sintomo. Dopo tre settimane, quell’uomo sarebbe diventato nazista. Era preso nell’ingranaggio, accettava tutto, diventava un rinoceronte. Alla fine, solo tre o quattro di noi resistevano ancora.”

L’intento di Ionesco era di aiutarci a capire quanto strampalata sia la propaganda ma quanto normale appaia a coloro che vi soccombono. Utilizzando l’immagine assurda del rinoceronte, cercava di scuotere le persone affinché si rendessero conto della stranezza di quello che accadeva realmente.

I rinoceronti scorrazzano liberi per le nostre savane neurologiche. Oggi scopriamo di essere estremamente interessati a ciò che chiamiamo «postverità» e tendiamo a pensare che il suo disprezzo per i fatti di ogni giorno e la sua costruzione di realtà alternative siano qualcosa di nuovo e di postmoderno. Eppure c’è ben poco in tutto ciò che George Orwell non abbia già colto sette decenni fa con la sua nozione di «bipensiero». Nella filosofia che incarna, la postverità ripropone esattamente l’atteggiamento con cui il fascismo guardava alla verità; ed è per questo che nulla di ciò che esiste nel nostro mondo avrebbe stupito Klemperer o Ionesco.

I fascisti disprezzavano le piccole verità dell’esistenza quotidiana, amavano gli slogan che risuonavano come il verbo di una nuova religione e preferivano i miti fantasiosi alla storia o al giornalismo. Sfruttavano un nuovo mezzo di comunicazione, che a quell’epoca era la radio, per produrre una propaganda tambureggiante che suscitava emozioni prima che la gente avesse il tempo di appurare i fatti. E oggi, come allora, molti hanno confuso la fede in un leader del tutto inadeguato con la verità su un mondo che tutti noi condividiamo.

La postverità è prefascismo.»

Timothy Snyder, Venti lezioni.

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