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LE CITAZIONI: Woolf. Le immagini della guerra

Virginia Woolf. Le tre ghinee

by Ernesto Scelza
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Nel giugno del 1938, Virginia Woolf pubblica “Le tre ghinee” in cui esprime le sue riflessioni sulle radici della guerra, stimolate dalla richiesta dal segretario di un’associazione antifascista che, davanti all’avanzare dell’insurrezione fascista in Spagna, le aveva chiesto cosa si dovesse fare per prevenire la guerra. Ed è a lui che la Woolf si rivolge con un “noi” che presuppone un soggetto plurale femminile che alla critica alla guerra e all’opposizione al fascismo aggiunge una nuova e sconvolgente identità, quella femminile: “La guerra, lei dice, è un abominio; una barbarie; la guerra va impedita a ogni costo”. E noi facciamo eco alle sue parole. La guerra è un abominio; una barbarie; la guerra va impedita a ogni costo.

 

«Per quanto ci riempia di angoscia, di perplessità, di confusione, bisogna guardare in faccia la realtà: non esistono certezze, nè in cielo, nè in terra. Anzi, quante più vite si leggono, quanti più discorsi si ascoltano, quante più opinioni si richiedono, tanto più la confusione aumenta, e, dal momento che non siamo in grado di capire né gli impulsi, nè le motivazioni, nè l’etica che vi spingono a fare la guerra, sempre più remota appare la possibilità di fare delle proposte che vi aiutino a prevenirla.

Ma non ci sono soltanto le descrizioni della vita e del pensiero degli altri, non ci sono soltanto le biografie e la Storia, esistono anche rappresentazioni di altro tipo, le immagini dei fatti concreti, le fotografie. Le fotografie, è vero, non sono argomentazioni dirette alla ragione, sono semplici dichiarazioni di fatto dirette alla vista. Ma proprio per questa loro semplicità ci possono essere d’aiuto. Vediamo dunque se, guardando le stesse fotografie, proviamo gli stessi sentimenti. Supponiamo di avere qui sul tavolo davanti a noi delle fotografie. Il Governo spagnolo ce ne invia con paziente ostinazione un paio di volte la settimana (scritto nell’inverno 1936-37, ndr). Non sono piacevoli da guardare; per la maggior parte sono fotografie di cadaveri. Tra quelle arrivate stamani ce n’è una in cui si vede il corpo di un uomo, o forse di una donna, non si capisce bene; è così mutilato che potrebbe benissimo essere anche il corpo di un maiale. Ma non c’è dubbio che quelli laggiù sono corpi di bambini morti, e quella è la sezione di una casa spaccata a metà da una bomba; in quello che doveva essere il salotto sta ancora appesa la gabbia degli uccelli, ma il resto è irriconoscibile: più che a una casa assomiglia a un mazzo di bastoncini di Shangai sospesi a mezz’aria.

No, le fotografie non costituiscono dimostrazioni razionali, sono soltanto grossolane dichiarazioni di fatto dirette ai nostri occhi; ma gli occhi sono collegati con il cervello, e il cervello con il sistema nervoso. I messaggi che questo invia attraversano come un lampo tutti i ricordi del passato e tutte le sensazioni del presente. Ed ecco che mentre guardiamo quelle fotografie si forma dentro di noi un contatto, e, per diverse che siano la nostra educazione e le nostre tradizioni, le sensazioni che proviamo sono identiche; sono violente. Lei, Signore, le descrive come “orrore e disgusto”. Anche noi diciamo “orrore e disgusto”. Ci vengono alle labbra parole identiche. La guerra, Lei scrive, è una cosa abominevole, è una barbarie; bisogna impedirla a ogni costo. E noi facciamo eco alle Sue parole. Perché ora, finalmente, il paesaggio che vediamo è identico: gli stessi cadaveri, le stesse macerie.»

Virginia Woolf. Le tre ghinee.

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