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“La speranza cristiana non è un lieto fine da attendere passivamente, non è l’happy end di un film: è la promessa del Signore da accogliere qui e ora, in questa terra che soffre e che geme”. Lo spiega il Papa, nell’omelia della notte di Natale nella basilica di San Pietro, dopo l’apertura della Porta Santa che ha segnato ufficialmente l’avvio del Giubileo 2025: “Questa è la notte in cui la porta della speranza si è spalancata sul mondo… la speranza non è morta, la speranza è viva, e avvolge la nostra vita per sempre. La speranza non delude”.
«Per accogliere questo dono (della speranza, ndr), siamo chiamati a metterci in cammino con lo stupore dei pastori di Betlemme… Il Vangelo dice che essi, ricevuto l’annuncio dell’angelo, ‘andarono, senza indugio’. Questa è l’indicazione per ritrovare la speranza perduta, rinnovarla dentro di noi, seminarla nelle desolazioni del nostro tempo e del nostro mondo: senza indugio (…). E ce ne sono tante desolazioni nel nostro tempo: pensiamo alle guerre, ai bambini mitragliati, alle bombe sulle scuole e sugli ospedali. Non indugiare, non rallentare il passo, ma lasciarsi attirare dalla bella notizia: Senza indugio, andiamo a vedere il Signore che è nato per noi, con il cuore leggero e sveglio, pronto all’incontro, per essere capaci di tradurre la speranza nelle situazioni della nostra vita.
(La speranza) ci chiede perciò di non indugiare, di non trascinarci nelle abitudini, di non sostare nelle mediocrità e nella pigrizia… Ci chiede – direbbe Sant’Agostino – di sdegnarci per le cose che non vanno e avere il coraggio di cambiarle; ci chiede di farci pellegrini alla ricerca della verità, sognatori mai stanchi, donne e uomini che si lasciano inquietare dal sogno di Dio, il sogno di un mondo nuovo, dove regnano la pace e la giustizia. (…) Impariamo dall’esempio dei pastori: la speranza che nasce in questa notte non tollera l’indolenza del sedentario e la pigrizia di chi si è sistemato nelle proprie comodità; non ammette la falsa prudenza di chi non si sbilancia per paura di compromettersi e il calcolo di chi pensa solo a sé stesso; è incompatibile col quieto vivere di chi non alza la voce contro il male e contro le ingiustizie consumate sulla pelle dei più poveri. Al contrario, la speranza cristiana, mentre ci invita alla paziente attesa del Regno che germoglia e cresce, esige da noi l’audacia di anticipare oggi questa promessa, attraverso la nostra responsabilità e la nostra compassione (…). Forse ci farà bene domandarci: io ho compassione, so patire-con? Pensiamoci (…). Signore (citando “un bravo prete”, don Alessandro Pronzato, ndr), Ti chiedo qualche tormento, qualche inquietudine, qualche rimorso. A Natale vorrei ritrovarmi insoddisfatto. Contento, ma anche insoddisfatto. Contento per quello che fai tu, insoddisfatto per le mie mancate risposte. Toglici, per favore, le nostre paci fasulle e metti dentro alla nostra ‘mangiatoia’, sempre troppo piena, una brancata di spine. Mettici nell’animo la voglia di qualcos’altro… La speranza cristiana è proprio il ‘qualcos’altro’ che ci chiede di muoverci senza indugio… Non stare fermi, non dimentichiamo che l’acqua ferma è la prima a corrompersi.»
Papa Francesco, Omelia della notte di Natale 2024.