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Da Pietro a Caterina la Grande

sei autocrati: tre donne, un ragazzino, un infante e un idiota

by Giulia Cioffi
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Pietro il Grande morì nel 1725 senza aver nominato il proprio successore e mancando di eredi maschi diretti, in seguito alla condanna a morte del figlio Alessio per tradimento.

Nonostante l’erede più indicato fosse il nipote Pietro, il trono cadde nelle mani della seconda moglie del Grande, Caterina I. La zarina era supportata da quell’entourage che aveva beneficiato delle innovazioni promosse dal defunto zar e temeva che il figlio di Alessio seguisse le orme del padre nell’ostacolare le riforme pietrine.

In realtà, nei trentasette anni successivi alla morte di Pietro I la Russia conobbe numerosi autocrati e non sperimentò effettivamente un regno stabile e duraturo fino all’ascesa di Caterina II. Per descrivere questi anni, infatti, i commentatori dell’epoca sostenevano che l’impero aveva conosciuto sei autocrati in quegli anni: tre donne, un ragazzino, un infante e un idiota.

Partendo dal regno di Caterina, questo durò solo due anni, nei quali la zarina istituì un supremo consiglio segreto, che fu poi incaricato del ruolo di reggente alla morte della sovrana quando designò il nipote Pietro come suo erede.

Anche in questo caso lo zar ebbe vita breve, e alla tenera di età di quindici anni morì di vaiolo lasciando il trono nelle mani prima di Anna e di Ivan poi, figli di Ivan V, un tempo zar insieme al fratello Pietro I.

I dieci anni di regno di Anna Romanova sono ricordati per il dominio nella scena politica del “partito” tedesco, a discapito della nobiltà russa, ulteriormente colpita dalla decisione della zarina di abolire il consiglio segreto istituito precedentemente da Caterina.

Alla sua morte nel 1740, Anna nominò proprio successore un infante di due mesi, Ivan, pronipote di Ivan V.

Il potere precario che si instaurò permise alla figlia di Pietro il Grande di organizzare un colpo di stato, grazie al supporto dei nobili russi, che fece quindi di Elisabetta imperatrice e privò l’entourage tedesca di autorità.

Negli anni precedenti l’ascesa di Caterina II, la politica estera russa proseguì sostanzialmente per la strada spianata da Pietro I. La Russia aveva ormai conquistato, e mantenne, un ruolo di grande potenza conferitogli non solo dall’acquisizione dei baltici e parte della Finlandia, ma anche e soprattutto dalla costanza nell’intrattenere rapporti con gli altri stati europei, con i quali ebbe permanenti scambi di rappresentanti.

Più dettagliatamente, l’impero zarista strinse rapporti di alleanza con la vicina Austria asburgica, con la quale condivideva l’ostilità verso Francia, Turchia e Svezia.

Con il 1740 e l’ascesa al trono prussiano di Federico il Grande, anche il potente stato tedesco costituì una potenziale minaccia per gli zar, fino a quando la spartizione della Polonia tra 1772 e 1796 soddisfò e riavvicinò le ambizioni delle due monarchie.

A testimonianza del ruolo di great power acquisito dall’impero, si pone l’intervento zarista nella guerra dei sette anni (1756-1763). Combattuta in seguito ad una rivoluzione diplomatica che portò ad una breve alleanza tra asburgici e francesi, la guerra vide la Russia schierarsi al fianco di Austria, Francia, Svezia e Sassonia contro Gran Bretagna, Prussia e Hannover, per contese territoriali principalmente accese tra Austria e Prussia, che però non si approfondiranno in questa sede.

Dal punto di vista degli affari interni, gli anni tra Pietro I e Caterina II videro il consolidarsi dei vantaggi della nobiltà e la crescita della servitù della gleba.

Le riforme del Grande volte a rafforzare un legame di subordinazione e fedeltà dei nobili nei confronti dell’autocrazia, attraverso un servizio obbligatorio nei confronti dello stato, vennero fortemente indebolite. Tra Anna ed Elisabetta, infatti, ebbero luogo l’istituzione di una scuola per cadetti della nobiltà che permetteva loro di divenire ufficiali senza passare per i gradi inferiori, l’abolizione della possibilità di entrare a far parte della nobilità mediante il servizio prestato allo Stato, la creazione di una Banca della Nobiltà che forniva crediti a basso tasso d’interesse ai proprietari terrieri e addirittura l’abolizione del servizio obbligatorio della nobiltà negli anni di Pietro III. Inoltre, i decreti zaristi svilupparono una maggiore consapevolezza di classe all’interno della nobiltà prevedendo che certi privilegi fossero prerogativa solo dei nobili, come la possibilità di acquisire uomini e contadini.

Contemporaneamente, in questi anni si assiste ad un drastico peggioramento delle condizioni e diritti dei servi della gleba; i contadini non potevano offrirsi volontari come militari per scappare delle terribili condizioni delle campagne, non avevano diritto ad acquistare terre o mulini, necessitavano dell’autorizzazione dei loro padroni per allontanarsi dalle proprietà e dedicarsi temporaneamente ad altre attività e potevano essere trasferiti liberamente da un possedimento all’altro, oltre che a poter essere esiliati in Siberia.

Per assistere a dei cambiamenti nella condizione della nobiltà e dei servi della gleba bisogna attendere il regno di Caterina II, la quale sarebbe ascesa al trono un anno dopo la morte della zarina Elisabetta che nel 1761 perì nominando suo erede un altro nipote del Grande, Pietro III, marito appunto della Grande.

 

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