Dal 1927 al 1933, il filosofo Walter Benjamin – sotto lo pseudonimo di Detlef Holz, perché costretto all’esilio dalla Germania oramai fascistizzata, in quanto ebreo e comunista – ha scritto e presentato circa ottanta testi radiofonici non pubblicati in vita. Ne emerge l’idea di una radio non solo come strumento di comunicazione, ma soprattutto come istituzione sociale che deve mirare a formare il pubblico, rendendolo protagonista attivo e consapevole dei temi affrontati. I testi sono ora pubblicati in “Radio Benjamin” (Castelvecchi).
«Solo nella nostra epoca, segnata dall’impressionante sviluppo del consumismo tra i fruitori dell’operetta, dei romanzi e del turismo, si è venuta a creare la massa ottusa e informe, il pubblico in senso tecnico, privo di giudizio autonomo e di un linguaggio che sia in grado di esprimere le proprie sensazioni. Questo imbarbarimento è arrivato al suo punto massimo proprio nel modo in cui le masse ascoltano i programmi alla radio. Ora, però, sembra che la situazione stia per cambiare. Sarebbe sufficiente che chi ascolta si concentri su quello che prova veramente, così da poterlo vivere in maniera autentica e consapevole.
(…) Quello che molte volte rende intollerabile l’ascolto anche delle trasmissioni più interessanti sono degli aspetti tecnici e formali: la voce, la pronuncia, il modo di esprimersi. Si tratta esattamente di quegli elementi che, anche se di rado, tengono l’ascoltatore incollato all’apparecchio per seguire argomenti magari lontani dai suoi interessi (…) La preparazione tecnica dell’ascoltatore potrebbe svilupparsi solo grazie a questi aspetti tecnici e formali e uscire così dall’imbarbarimento. Questo è assolutamente evidente, se si pensa che i radioascoltatori sono l’unico tipo di pubblico che ricevono in casa propria, come un ospite, l’oggetto della presentazione, ossia la voce. Già nel momento in cui fa la sua prima apparizione, viene giudicata con la stessa attenzione con cui si giudica un ospite appena entrato. Solo la pigrizia mentale della massa e l’ottusità dei conduttori spiega perché nessuno aiuta la voce a capire cosa si vuole da essa, di che cosa le saremmo grati e che cosa non sopporteremmo mai. Certo, sarebbe molto difficile determinare come si debba muovere la voce in relazione al linguaggio. Tuttavia, basterebbe che la radio si rendesse conto di quanto sia improbabile tutto quello che le viene presentato ogni giorno, che considerasse quante sono le cose che non vanno, a iniziare da una tipologia ridicola degli oratori, per migliorare non soltanto il livello della programmazione, ma anche e soprattutto per formare un pubblico realmente preparato e competente, e non c’è nulla che sia più importante di questo.»
Walter Benjamin, Reflexionen zum Rundfunk (trad. Nicola Zippel).