Alessandro Carrera insegna Italian Studies e World Cultures and Literatures alla University of Houston, in Texas. Saggista, poeta e musicista, propone sul blog “Doppiozero” alcune prime riflessioni dall’interno dell’universo statunitense sull’esito delle presidenziali americane che hanno visto l’affermazione di Donald Trump, la sconfitta di Kamala Harris e il declino dei liberal del Partito democratico. Un breve estratto.
«Trump ha di fatto delegato la politica al suo vice, J.D. Vance (…) Dietro Vance sta Peter Thiel (fondatore di PayPal, a sua volta consigliato dai libertari più radicali di Silicon Valley). L’altro gruppo (…), oltre a Elon Musk, è quello che fa capo alla Heritage Foundation (think tank conservatore, ndr), la quale ha rilasciato un documento di 922 pagine sulla totale ristrutturazione o meglio destrutturazione dello stato federale (…)
Kamala Harris ha rilasciato invece un documento di 82 pagine che sono essenzialmente una difesa della classe media e medio-bassa (…) L’essenziale è fermare Trump (…)
Sarebbe l’impero delle corporations (…) Davanti a questi progetti di impero tecnocratico, Kamala Harris non ha avuto niente da dire (…)
Ma una ragione c’è, ed è che dalla svolta neoliberista dagli anni Novanta in poi (…) i democratici hanno occupato il terreno dei repubblicani moderati, così che i repubblicani si sono trovati spinti sempre più a destra (…) Il Partito Democratico non è più il partito della classe operaia o della piccola borghesia impiegatizia (…) È così che il Partito Repubblicano, al quale della classe operaia non potrebbe importare di meno, diventa il partito che alla classe operaia non dà niente tranne l’identità…»
Alessandro Carrera, Trump: il risultato della biopsia.