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I rischi per la democrazia. Nonostante tutto… tiremm innanz

La democrazia resta l’ambizione più grande di chi non ce l’ha

by Luigi Gravagnuolo
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Scriviamo mentre negli USA è iniziato il giorno finale della rocambolesca campagna elettorale, quello del voto di coloro che non lo hanno già espresso anticipatamente. Gli elettori della costa del Pacifico stanno ancora dormendo. Poi, da domani, inizierà il conteggio delle schede.

Questa premessa per dire che quanto qui sosterremo prescinde dall’esito del voto. Non siamo suggestionati dalla non improbabile vittoria di Trump, né dall’altrettanto non improbabile vittoria della Harris. Temiamo solo che, in entrambi i casi, la democrazia negli USA, quindi nell’Occidente, abbia gli anni contati.

Nel nostro amato – ribadisco con forza: amato – Occidente ormai i cittadini si sentono insicuri, esposti ad aggressioni imprevedibili da parte di sconosciuti. Hai voglia di dire ‘meglio una pericolosa libertà che una sicura servitù’, se quando porti i figli a scuola non sai se ritorneranno a casa, se una donna rischia ogni giorno la vita o lo stupro nonostante braccialetti e deterrenze varie, se il controllore dei biglietti del treno o del bus deve stare attento a chiedere ai passeggeri il titolo di viaggio se non vuole essere accoltellato o bastonato, alla fine finisci per desiderare l’uomo forte al potere, quello che militarizza tutta la società, rimette la pena di morte e zittisce le chiacchiere sociologiche.

Pensiamo poi ai conti pubblici, dai quali dipende la tenuta dei servizi ai cittadini. Tutti gli Stati dell’Occidente sono indebitati fino al collo. È palmare che prima o poi i nodi verranno al pettine. Prima o poi questi debiti bisognerà pur pagarli. Prendiamo il caso dell’Italia. Il nostro debito pubblico ammonta a tremila miliardi di euro, cifra arrotondata per eccesso. Il valore totale dei depositi bancari e dei patrimoni immobiliari italiani è pari a circa novemila miliardi. Basterebbe mettere una patrimoniale una tantum, anche non particolarmente severa, per ridurre notevolmente il debito pubblico con evidenti guadagni grazie alla riduzione degli interessi passivi che paghiamo ogni anno, nel ’23 circa 80 miliardi. Tutta la manovra finanziaria deliberata dal Governo per il 2025 ammonta a trenta miliardi. Non ci vuole un genio per capire il vantaggio che deriverebbe dalla riduzione, anche solo di cinque-dieci miliardi, del debito pubblico.

Ma siamo in democrazia e chi aspira a vincere le elezioni non può consentirsi di mettere le mani nelle tasche degli Italiani. Se un politico di governo accennasse solo ad una discussione in corso su un’eventuale patrimoniale, immediatamente ci sarebbe una fuga dei capitali all’estero. E la sconfitta certa alle elezioni.

Per dirla con De Gasperi, il partito dei risparmiatori è il più numeroso nel nostro Paese, se li tocchi sei spacciato. La democrazia non consente di rientrare dal debito. Buona parte del quale è nelle mani dei cittadini italiani sotto forma di BTP e titoli di stato vari. Altra parte consistente è nelle mani della BCE e dei fondi sovrani stranieri. Cosa succederà quando e qualora lo Stato italiano dovesse essere dichiarato insolvente? Ci siamo arrivati molto vicino tra il 2010 e il 2012. Ci era arrivata la Grecia prima di noi. Preventivamente Giorgio Napolitano ‘commissariò’ il Governo della Repubblica conferendo l’incarico di presiederlo a un ‘non politico’, Mario Monti. La cura Monti salvò l’Italia dal default, ma il professore ardì presentarsi alle elezioni. Un tonfo, mentre nel Paese esplodevano i forconi e le buffonate di Grillo.

Aggiungiamoci la denatalità che nessuno riesce a frenare in Occidente: tutto il sistema delle protezioni sociali, a cominciare da sanità e pensioni, rischia di andare in fumo.

Ed i problemi della difficile integrazione degli immigrati, con le loro culture ed emarginazioni generatrici di comportamenti devianti.

Ancora, la minaccia delle guerre, per l’Europa già più di una minaccia. È sotto gli occhi di tutti l’inadeguatezza delle procedure democratiche rispetto all’esigenza di decisioni forti e tempestive, ineludibili in tempi di guerra.

Infine, il dissolvimento di una comune base valoriale che tenga insieme la struttura sociale. Quando non si crede più a niente svaniscono i freni inibitori della propria coscienza. E non c’è repressione che tenga. È impossibile controllare ogni centimetro dell’Occidente, un assassino troverà sempre il modo di colpire un innocente, specie se scelto a caso, solo per spasso. Si badi bene. Praticamente tutti gli autori dell’epidemia di omicidi in corso sono stati individuati e arrestati in pochi giorni. Molti condannati all’ergastolo. Eppure continuano. Indifferenti ad ogni misura, repressiva o preventiva che sia.

Chiudiamo questa mesta rassegna sui tarli che insidiano la nostra civiltà democratica con l’Intelligenza Artificiale e il controllo capillare dei movimenti, delle idee, dei desideri e delle paure di ciascuno di noi. Se un golpista, spinto dalla furia populista, dovesse prendere il potere, gli riuscirebbe facile sopprimere ogni residua libertà.

Tutto, insomma, ci spinge a temere le più cupe prospettive per la nostra democrazia.

Ci dà coraggio vedere che tuttavia essa resta l’ambizione più grande di quanti non ce l’hanno. Vedere gli Ucraini che offrono quotidianamente la propria vita per le libertà democratiche, i Georgiani ed i Moldavi dirsi pronti a offrire la propria, le donne dell’Iran e dell’Afghanistan immolarsi per dire no ai tiranni, ci dice che non possiamo permetterci di cedere allo scoramento. Lo dobbiamo a loro.