Tra il 1700 e la prima metà del 1800 il Grand Tour d’Italie – o più semplicemente, il viaggio in Italia – per le ricche famiglie europee e per i loro figli era considerato indispensabile per il compimento della loro maturazione culturale.
Il grande letterato tedesco Johann Wolfgang von Goethe non si sottrasse all’ormai diffuso “rito” del Grand Tour – che per lui durò però quasi due anni – riportando, una volta in viaggio, le proprie impressioni sul paese e sulla gente che abitava città e contrade italiane. Egli miscelava in maniera sublime la descrizione dei luoghi visitati, con proprie originali riflessioni sull’ arte, la letteratura e il “paesaggio storico” italiano, con le sue stratificazioni antropiche di un vissuto plurisecolare, quasi senza tempo.
Dopo aver soggiornato a Roma e in altre grandi città del bel paese, Goethe fu attratto dalle scoperte archeologiche verificatesi a Pompei ed Ercolano, veri musei all’aperto che attraevano studiosi da tutta Europa.
Goethe si reca quindi a Pompei accompagnato dall’amico pittore Tischbein, nella primavera del 1787. E riporta la visita nel suo “Viaggio in Italia”, poi dato alle stampe.
Goethe, arrivato a Pompei, scrive: “…Mi sono recato con Tischbein a Pompei, ammirando a destra e a sinistra tutte quelle magnifiche viste già note a noi grazie ai pittori di paesaggi, e che ora ci si presentavano nel loro splendido insieme. Con la sua piccolezza ed angustia di spazio, Pompei è una sorpresa per qualunque visitatore: strade strette, ma diritte e fiancheggiate da marciapiedi, casette senza finestre, stanze riceventi luce dai cortili e dai loggiati attraverso le porte che vi si aprono: gli stessi pubblici edifici, la panchina presso la porta della città, il tempio e una villa nelle vicinanze, simili più a modellini e a case di bambola che a vere case.”
L’assenza della magnificenza di Roma caput mundi sorprende il grande Goethe e, nello stesso tempo, lo attrae e lo affascina per la quotidianità che le dimensioni architettoniche e urbanistiche di Pompei esprimono. Assolutamente modeste, anche se grandi per Storia e memoria. Case di Bambole, dunque, piuttosto che vere case.
E su questa tematica, originale e specificamente goethiana tende a soffermarsi nei suoi interventi imperniati sul dasein “pompeiano” Gabriel Zuchtriegel, l’attuale direttore del Parco Archeologico di Pompei, quando egli espone pubblicamente, oppure in forma scritta, nel suo libro “Pompei: la Città incantata”, la propria visione della scavi pompeiani e della loro più auspicabile fruizione. D’altra parte, una tra le più recenti “case” scavate e riportate alla luce nel corso delle indagini, in atto nel cantiere dell’Insula dei casti Amanti, nel quartiere centrale della città antica di Pompei, lungo Via dell’Abbondanza, sembra proporsi come caso paradigmatico: una casa dagli spazi ridotti, senza il tradizionale atrio, ma ricca di decorazioni estremamente evolute. Quasi un raffinatissimo e moderno monolocale accessoriato, che qualcuno ha già definito una casa che gli Inglesi definirebbero “Tiny House”.
Ma anche una casa espressione diretta di un particolare periodo storico di Pompei antica, rimessasi in piedi, ma ancora ferita, anche economicamente, da un recente terremoto. Questa la Casa di Fedra.
Attualmente, gli archeologi del Parco stanno operando nel settore nord-est dell’isolato, all’interno di una serie di ambienti con accesso dal vicolo contiguo. Le indagini in corso stanno comunque consentendo di definire la comprensione della sistemazione planimetrica dell’Insula, tanto da individuare in questa nuova “unità abitativa” una casa autonoma.
Zuchtriegel, da parte sua, chiosa così: “È un esempio di archeologia pubblica o, come preferisco chiamarla, archeologia circolare: conservazione, ricerca, gestione, accessibilità e fruizione formano un circuito virtuoso – dichiara il Direttore del Parco, Gabriel Zuchtriegel – Scavare e restaurare sotto gli occhi dei visitatori, ma anche pubblicare i dati online sul nostro e-journal e sulla piattaforma open.pompeiisites.org significa restituire alla società che finanzia le nostre attività tramite biglietti, tasse e sponsorizzazioni la piena trasparenza di ciò che facciamo, non per il bene di una ristretta cerchia di studiosi, ma per tutti.”
Una sua prima descrizione scientifica è comunque riportata nell’ultimo articolo della rivista scientifica digitale del Parco di Pompei (https://pompeiisites.org/e-journal-degli-scavi-di-pompei/).