Nato a Rustschuk, una piccola cittadina bulgara sul basso Danubio dove “in un solo giorno si potevano sentire sette o otto lingue“, da famiglia ebraica di origine spagnola, il futuro Nobel per la letteratura Elias Canetti, con queste note del 1980, interviene a commento di quella sua particolare “storia della giovinezza” che è “La lingua salvata”.
«Gli australiani dunque, questi uomini dell’età della pietra, credono a un’eterna età del sogno, l’età dei miti, dalla quale provengono e alla quale torneranno. Da allora nulla è venuto ad aggiungersi; si è solo perso qualcosa. La loro fede è la più alta; l’unica che talvolta condivido; se fossi un australiano, sarebbe sempre anche la mia. Ma poiché ho la discutibile fortuna di essere un uomo moderno e di vivere a Londra, generalmente non lo è; e solo nella misura in cui sono uno scrittore, sono ancora un australiano (1949).
Io, non ignaro contemporaneo delle due più grandi guerre conosciute dall’umanità, le ho però vissute dall’esterno. Non ho militato in alcun esercito, non avrei mai potuto militarvi, né mai vi militerò. Con tutta la forza della mia anima – ed è un’anima energica e impetuosa – mi sono opposto alla guerra. Renderla per sempre impossibile, è lo scopo dichiarato della mia vita, dal quale nulla può dissuadermi. Ma un simile atteggiamento, che compenetra interamente l’essere umano, non è fatto per facilitare dall’interno la comprensione della guerra. Ogni accusa mossa dall’esterno è rimasta priva di effetti. Su questo punto uomini migliori di me hanno fallito. Bisogna avere la forza di infilarsi nelle fauci della guerra e strapparle spietatamente le viscere dal corpo. Chi viene già sopraffatto dalla nausea ancor prima che quella bocca si apra, farebbe meglio a mettersi da parte e a cantare le sue canzoni. Oh, anche a me sarebbe piaciuto cantare qualche canzone, e lungi da me disprezzare coloro che hanno fatto questa scelta. Ma io ho deciso di far fronte alla guerra e alla morte, senza uccidere, di infrangerne le malie, di cacciare i loro sacerdoti e di pervadere così gli uomini delle possibilità che trarrebbero facendo a meno della guerra e della morte. Finora tutti i miei tentativi ser no stati di preparazione a quell’unico momento decisivo. La guerra mi ha aperto la sua bocca, adesso la mia mano è nelle sue fauci. Ho il dovere di non tirarla fuori, finché non le avrò strappato le viscere, le interiora (1957).»
Elias Canetti, La lingua salvata.