Lo scritto reca il luogo, Napoli, e la data della sua redazione, il luglio del 1946: poco dopo il referendum che sancì la nascita della Repubblica ma che a Napoli vide prevalere i voti a favore della monarchia. Fu Leonardo Sciascia a volere raccolti gli “Scritti dispersi (1943-1952)” di Alberto Savinio, e pubblicati nel 1989.
«Torno a insistere sulle ragioni “geografiche”. Quello che avviene nel Libano non va giudicato col criterio che ha corso in Islanda. Distanza e diversità minori sono tra Napoli e Milano, ma anche a Napoli non bisogna giudicare col criterio di Milano. Si cade altrimenti nel principio del criterio unico e del “totalitarismo”, che è condizione innaturale e dunque mostruosa. Ha ragione il Nord o ha ragione il Sud? Deve prevalere la ragione del Nord o quella del Sud? In altre parole chi del Nord o del Sud sta più vicino alla verità? Se fossi un “giovane” risponderei con eguale inesitazione: “Ha ragione questo” oppure: “Ha ragione quello”. La mente dei giovani è tolemaica, e crede a una verità unica e “centrale”. Con lo scemare dell’”imperialismo” mentale e lo svilupparsi del relativismo o meglio del “comparativismo”, si cominciano a scoprire le infinite combinazioni che possono determinare una condizione di verità, e la cieca prontezza viene a poco a poco a mancare che consente di dire: “Tu solo hai ragione e il diritto dunque di sottomettere alla tua le ragioni altrui”. La ragione degli altri la possiamo “distruggere”, che era il modo usato da Hitler, ma farla simile alla nostra non dobbiamo né possiamo, se non a costo non pur di mutarla, ma di mutilarla. Chi pensasse di imporre una ragione unica al Nord e al Sud, dovrebbe cominciare per suscitare un Vesuvio alla sinistra di Milano (ragione geografica: ragione prima dei caratteri somatici dell’uomo e di quelli “mentali”) o circondare Napoli di una specie di pianura lombarda.
(…) A Napoli ho parlato anche con alcuni “monarchici” (…). Mi manifestavano dunque quei “conservatori” napoletani la loro speranza di una repubblica “federale”, e il federalismo da essi propugnato riguardava gl’interessi pratici della vita, e più propriamente l’autonomia dei commerci e delle industrie, ma io dico che anzitutto bisognerebbe istituire fra gl’italiani un federalismo “mentale”.
(…) Quale il torto più grave della monarchia? Quello di avere perduto. La fiducia va trasferita su altri capi. Se si dovesse indire un secondo “referendum” a Napoli, io credo che la Repubblica ne uscirebbe con una grande maggioranza. La Repubblica: ecco il “nuovo vicario della Provvidenza”. Questa la parte, questa la “responsabilità” che presso il popolo napoletano tocca ora alla giovine repubblica italiana. Cui manca ancora una forma, una faccia, un aspetto visibile e tangibile. Un giornale di Napoli, nei primi e più accesi, più “incerti” giorni seguiti al “referendum” scrisse che la Repubblica è ‘na bella guagliona. Ebbe un successo enorme.»
Alberto Savinio, La Repubblica è ‘na bella guagliona.