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Antonio Skarmeta, 7 novembre 1940 – 15 ottobre 2024

Paciencia e impegno civile

by Piera De Prosperis
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Tutti quelli della mia generazione hanno nella mente e nel cuore alcune immagini degli anni ’70 che hanno segnato una svolta nella nostra formazione politica e culturale. Mi riferisco a quella straziante foto in cui il presidente cileno Salvador Allende, barricato nel palazzo della Moneda, scende nel cortile insieme con alcuni collaboratori con il casco storto, in mano un fucile automatico AK47, un regalo di Fidel Castro, con cui di lì a poco si sarebbe ucciso, per guardare il cielo sorvolato dagli aerei militari che avrebbero bombardato la città. Era l’11 settembre 1973. Da quell’anno cominciò la diaspora degli intellettuali cileni che ha visto andare per il mondo, testimoni della violenza subita, scrittori come Luis Sepúlveda, Marcela Serrano, Isabel Allende, Roberto Bolaño, Antonio Skarmeta. Grande impatto ebbe per noi la musica degli Inti Illimani, che riempivano le piazze di giovani sensibili al loro grido di dolore e di protesta. All’epoca dei fatti cileni anche l’ambasciata italiana a Santiago aveva mostrato una particolare sensibilità, diventando il rifugio per centinaia di oppositori che rischiavano la vita, come ci ha raccontato Nanni Moretti nel suo documentario Santiago, Italia del 2018.

Qualche giorno fa è morto Antonio Skarmeta autore di romanzi quali Sognai che la neve bruciava, Match ball, Non è successo niente, Le nozze del poeta, La bambina e il trombone, Il ballo della Vittoria, Un padre da film, I giorni dell’arcobaleno ma che in Italia è ricordato soprattutto per aver ispirato con Il postino di Neruda, titolo originale Ardiente paciecia, l’ultimo film di Troisi.

Il romanzo di Skarmeta è in realtà profondamente diverso dal film per l’impianto politico che fa da sottofondo alla vicenda che vede sì la storia d’amore di Mario e Beatrice con la presenza del galeotto Neruda, ma anche molto altro. A prescindere dal titolo Ardiente paciencia nell’originale e dall’ambientazione che è ovviamente cilena, la storia di Mario Jimenez nel libro si svolge tra il 1969 e il 1973 tra il sogno della socialdemocrazia di Allende e il golpe di Pinochet. Mario diventerà poeta, vincerà un premio letterario e ritroverà Neruda sul letto di morte per assisterlo, finché egli stesso non verrà portato via dai militari per rispondere ad alcune domande. Quindi nel romanzo troviamo da un lato l’amore, la passione, la poesia, per la quale bisogna avere la paciencia necessaria a che faccia la sua strada nel nostro animo, dall’altro la lotta politica e l’impegno civile, forze inscindibili, fuse in un testo in cui la prosa è tipicamente sudamericana, gioiosa, piena di immagini colorate, ironica.

Cosa dunque non è passato dal romanzo al cinema? Il messaggio per cui un uomo politico influente come Neruda che, per inciso, morirà proprio nel 1973, pochi giorni dopo il golpe, è a sua volta metafora di come la politica debba rivolgersi ai più umili, Mario era un pescatore, educandoli all’idea che solo attraverso l’istruzione e il potere della parola a portata di tutti non ci saranno più oppressione, violenza e dittature. Tutta la letteratura cilena degli intellettuali esuli ha questa forte connotazione politica. Anche se è purtroppo venuta meno un’altra voce del Cile di quegli anni, la lezione di quella vicenda, la forza di quella letteratura rappresentano ancora un memento a cui non si può rinunciare.