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La sostenibilità finanziaria del trasporto pubblico locale in Italia ha attraversato una serie di fasi critiche negli ultimi decenni, caratterizzate da riforme significative e sfide strutturali, non ancora risolte. La regolamentazione del settore avviene principalmente attraverso contratti di servizio stipulati tra le autorità locali e le aziende di trasporto, che definiscono le modalità di erogazione dei servizi, gli standard di qualità e le condizioni finanziarie.
Storicamente, il trasporto pubblico locale è stato largamente sostenuto da trasferimenti pubblici, che coprivano sia i costi operativi che gli investimenti infrastrutturali. Tuttavia, l’evoluzione del contesto economico e politico ha portato a un progressivo ridimensionamento di tali sussidi.
Una delle riforme più rilevanti è stata l’introduzione dell’obbligo per gli operatori di coprire almeno il 35% dei costi operativi attraverso le entrate derivanti dalle tariffe e da altre attività commerciali. Questa misura è stata introdotta per incentivare una maggiore efficienza gestionale e per ridurre la dipendenza dai finanziamenti pubblici, storicamente molto rilevante nel bilancio delle aziende di trasporto.
Tuttavia, questo cambiamento ha creato notevoli pressioni finanziarie, soprattutto in quelle regioni e città dove il rapporto tra domanda di trasporto pubblico e costi operativi è particolarmente sfavorevole, e ancora tutt’oggi sia in contesti più rurali, sia in contesti periferici, il trasporto collettivo fa fatica a risultare una valida alternativa.
In molte aree, infatti, le tariffe applicabili sono limitate dal reddito medio della popolazione e dalla capacità di spesa degli utenti, rendendo difficile raggiungere la soglia del 35% senza sacrificare la qualità del servizio o incrementare significativamente le tariffe, con il rischio di allontanare ulteriormente i passeggeri.
La situazione è stata ulteriormente complicata dalla riduzione dei trasferimenti pubblici a partire dalla fine degli anni 2000, come parte delle politiche di austerità e di consolidamento fiscale adottate dal governo centrale. Questa riduzione ha imposto agli enti locali la necessità di rivedere i propri piani finanziari e di trovare soluzioni alternative per finanziare i servizi di trasporto pubblico. Molte amministrazioni hanno dovuto ricorrere a tagli dei servizi, aumenti delle tariffe o a una riduzione degli investimenti in nuove infrastrutture e nella manutenzione di quelle esistenti.
In risposta a queste sfide, alcune regioni italiane hanno avviato riforme per migliorare l’efficienza del settore e ridurre i costi. Tra le iniziative più rilevanti vi sono la fusione di operatori più piccoli per creare aziende di trasporto più grandi e competitive, l’introduzione di sistemi di bigliettazione integrata per facilitare l’utilizzo del trasporto pubblico e incrementare le entrate, e l’acquisto di nuovi veicoli a basso consumo energetico e a ridotte emissioni inquinanti. Inoltre, in alcune città si è cercato di attrarre investimenti privati attraverso partenariati pubblico-privati (PPP), per finanziare progetti infrastrutturali come l’espansione delle linee metropolitane, la costruzione di nuove stazioni e la modernizzazione della flotta di autobus.
Un altro elemento cruciale è stato il ricorso ai fondi europei, in particolare nel contesto del Green Deal europeo e dei piani di ripresa post-pandemia. Questi fondi sono stati utilizzati per progetti che promuovono la mobilità sostenibile, come l’elettrificazione della flotta di autobus, la realizzazione di piste ciclabili e l’implementazione di sistemi di trasporto pubblico più efficienti e meno inquinanti. Tuttavia, l’accesso e l’utilizzo efficace di questi fondi richiedono una pianificazione strategica e capacità amministrativa che non tutte le regioni e i comuni possiedono in ugual misura.
L’impatto della pandemia di COVID-19 ha rappresentato un’ulteriore sfida per la sostenibilità finanziaria del settore. Il drastico calo della domanda di trasporto pubblico, dovuto alle restrizioni alla mobilità e al diffuso ricorso allo smart working, ha portato a una significativa riduzione delle entrate tariffarie. Il governo italiano ha cercato di tamponare l’emergenza stanziando fondi straordinari per sostenere le aziende di trasporto, ma resta incerto l’impatto a lungo termine della pandemia sulla domanda di trasporto pubblico.
È probabile che alcune abitudini di mobilità cambieranno in modo permanente, riducendo la domanda per alcune tipologie di servizi e costringendo le aziende a rivedere le proprie strategie di offerta. Se da un lato la domanda di mobilità lavorativa è variata, la domanda di mobilità turistica è aumentata vertiginosamente, innescando un nuovo meccanismo di finanziamento per i trasporti pubblici al fine di assicurare un servizio che supera le ore lavorative ma ha lo scopo di servire il flusso turistico.
Guardando al futuro, è evidente che il trasporto pubblico locale in Italia necessiterà di riforme strutturali per garantire la propria sostenibilità finanziaria. Tra le possibili strategie si possono includere: l’adozione di tecnologie digitali per la bigliettazione e la gestione delle flotte, il potenziamento delle reti di trasporto integrate, e un maggiore coinvolgimento dei privati attraverso partenariati che permettano di condividere i rischi e i benefici degli investimenti in nuove infrastrutture. Sarà inoltre fondamentale migliorare la qualità e l’attrattività del servizio per riconquistare la fiducia dei passeggeri e incrementare la domanda, garantendo al contempo un’adeguata copertura dei costi operativi.