“Memoria, identità, crisi” è il titolo della pubblicazione (Guida edtori), in parte autobiografica, di Antonio Iodice – politico ed intellettuale campano – dal significativo sottotitolo “Un viaggio tra le istituzioni ed il Paese reale”, consumato in un arco pluridecennale tra gli inizi ed oltre la fine della “prima Repubblica”.
L’interessante volume si articola in tre parti relative a politica e società, agli interventi istituzionali dell’autore, anche richiamando articoli ed interviste su quotidiani e settimanali, e segmenti (che egli definisce con modestia “frammenti”) della sua vita politica, corredate da corpose appendici.
Ho conosciuto Tonino Iodice – di cui sono poi divenuto estimatore ed amico – alla fine degli anni ’80. Due volte parlamentare europeo e poi deputato, caratterizzato da un profilo di affabile distinzione e signorilità, non certo uomo di potere ma piuttosto politico “intellettuale” nella Democrazia Cristiana. Formatosi attraverso un significativo impegno nell’Azione Cattolica diocesana, è stato consigliere comunale di Giugliano, dirigente e segretario provinciale della DC di Napoli, prima di essere eletto al Parlamento europeo (1984) e nazionale (1992), per poi dedicarsi all’impegno culturale ed universitario.
Il titolo si scompone in tre parole, di cui la prima è “memoria”. La memoria, coniugata con acuta analisi e riflessione critica, è riferita a tante significative esperienze sociali e politiche nell’intreccio tra le tappe del percorso dell’autore e la storia della politica italiana e, soprattutto, della Democrazia Cristiana nelle sue varie fasi sino alla dissoluzione nel drammatico biennio 1992-94.
Nella pudica ricostruzione del suo itinerario individuale, Iodice rivolge una significativa memoria alla figura del padre “Gigino” Iodice – convinto antifascista e partecipe delle “Quattro giornate” di Napoli del settembre 1943 – la cui lezione di vita resterà per lui orizzonte e fonte di ispirazione anche nei momenti più difficili.
Un ruolo fondamentale nella sua crescita è rappresentato dalla prolungata militanza nell’Azione Cattolica, all’epoca significativa fucina di formazione etico-sociale, propedeutica all’impegno politico nella Democrazia Cristiana. In realtà nella prima Repubblica i percorsi politici non erano improvvisati ma partivano spesso da militanze pre-partitiche, nutrite di ispirazione ideale, e si strutturavano attraverso la formativa “gavetta” delle diverse esperienze. Iodice inizia così l’impegno politico sul territorio, l’incontro-scontro con il movimento comunista, la formativa esperienza nel Consiglio Comunale di Giugliano, gli incarichi di progressiva responsabilità nel partito provinciale e gli incontri con i grandi riferimenti nazionali (tra cui Aldo Moro) fino al mandato parlamentare, europeo e poi nazionale.
La seconda parola del titolo è “identità”, quella che si riconosce nella grande matrice del popolarismo sturziano e della dottrina sociale cristiana, coniugata nei valori del personalismo comunitario di Maritain e del pensiero liberaldemocratico nella Democrazia Cristiana, moderno partito nazionale interclassista e di popolo, profondamente radicato nella società ed in dialogo con tutte le sue articolazioni, oltre che forza maggioritaria di governo per oltre un quarantennio.
È forte nell’autore la cultura e l’ispirazione europeista, praticata nel doppio mandato parlamentare e reinterpretata nella prospettiva attuale: l’Europa come vaccino e non come virus; l’analisi dei passi compiuti e di quelli ancora da compiere; il sogno degli europeisti illuminati alla ricerca di un nuovo inizio verso una società civile ed una sfera pubblica europea.
Infine, viene la terza parola del titolo, “crisi”: quella della partecipazione politica e della forma partito tradizionale, “strumento irrinunciabile” ma, tuttavia, oggi “il grande rimosso della politica post-moderna”, su cui si possono condividere con l’autore tante analisi e preoccupate riflessioni della scienza politica contemporanea.
Tra gli indicatori della crisi: il declino della membership partitica e l’indebolimento del tradizionale metodo democratico e partecipativo; la fine dei partiti come grandi associazioni ed organizzazioni della partecipazione di massa e l’illusione della democrazia digitale. Ed ancora il passaggio dalla sostanziale staticità dei vecchi equilibri elettorali – in cui si vinceva o perdeva per spostamenti di un punto in percentuale – alla grande fluidità e liquidità dell’attuale elettorato da una tornata all’altra; l’evidente inadeguatezza dell’offerta politica e programmatica dei partiti e del loro dibattito gladiatorio con la crescente delusione ed estraneazione dei cittadini, che esprimono la loro disaffezione anche attraverso l’elevato astensionismo.
Emerge così la tendenziale “perdita di importanza della politica come processo di formazione progressiva di orientamenti popolari diffusi” (Cassese), con la conseguenza – evidenziata dai politologi – che i partiti “non sono più collegati alla società: rimane solo il legame con lo Stato”, rompendosi il classico e fondamentale triangolo partito-società-Stato. Inoltre, come corollari della crisi generale, si evidenziano lo iato tra i molti annunci e le poche realizzazioni; lo scarso respiro del breve termine (short termism) di una politica tendenzialmente marginale sorretta da inadeguate competenze; il prevalere della politique politicienne sulla “politiche” (policies), degli slogan ad effetto sui contenuti programmatici e così via, con una preoccupante sfiducia nei confronti delle istituzioni.
Il libro di Iodice è ricco di riferimenti, citazioni e spunti impegnativi, evidenziando quanto siano utili le analisi retrospettive e la narrazione di esperienze di vita pubblica a tutti i livelli – di protagonisti maggiori e minori (da Andreotti a Nenni, da Rumor a Giolitti, da De Michelis a Di Giulio, ecc.) – per la ricostruzione critica dei contesti storici e delle loro dinamiche.
Le memorie autobiografiche di uomini politici vissuti nei partiti e nelle istituzioni – al di là dell’inevitabile soggettivismo delle diverse percezioni e sensibilità – sono funzionali alla rilettura ragionata di scenari storici più che cronachistici, di fatti e situazioni del passato recente che sfocia in continuità nell’analisi attuale, narrato attraverso l’angolo visuale del vissuto dei partecipanti e testimoni.
L’importante però – sia pure in tempi così discutibili ed inquieti- è di non rifugiarsi (come l’autore non fa) nella facile retorica della deprecatio temporis ma piuttosto continuare a guardare al futuro senza stanchezza, ma con spirito costruttivo, generosa passione e fiduciosa motivazione.