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La Sala dei Baroni metafora della complessità

Il convegno di Gente e Territorio

by Piera De Prosperis
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Il 24 settembre nella Sala dei Baroni di Castel Nuovo (Maschio Angioino) si terrà il convegno dal titolo NAPOLI: come affrontare un sistema complesso”, organizzato da Gente e territorio. L’attenzione è quindi centrata sulla città ma in questo articolo centreremo piuttosto l’attenzione sul luogo dell’incontro: la Sala dei Baroni. Siamo all’interno di Castel Nuovo detto nuovo fin dalla fondazione per distinguerlo da Castel dell’Ovo e da Castel Capuano. Detto anche Maschio Angioino perché la sua fondazione risale a Carlo I d’Angiò, fu in realtà opera aragonese in particolare di Alfonso I d’Aragona che portò con sé maestranze catalane. Della primitiva costruzione angioina rimangono la cappella Palatina o di santa Barbara ed altri elementi decorativi. La storia fastosa del castello passa attraverso re Roberto d’Angiò il saggio che alla sua corte ebbe Petrarca, Boccaccio e Giotto. Alla corte di re Alfonso d’Aragona vi furono Lorenzo Valla e il Panormita, illustri umanisti come Pontano e Diomede Carafa che furono ospiti di Ferdinando I. E fu proprio Ferrante (Ferdinando I) che nella grande sala aragonese fece arrestare i baroni che avevano ordito contro di lui una congiura con l’inganno dell’invito al matrimonio di una sua nipote, figlia del duca di Melfi, con Marco Coppola, figlio del conte di Sarno. Fece arrestare e giustiziare i più bei nomi della nobiltà del regno, rei di aver tentato di sabotare il tentativo del re di accentrare il potere nelle sue mani, come ormai stava avvenendo o era già avvenuto nei maggiori stati nazionali europei.

Alla Sala Maior detta poi Sala dei Baroni, si accede dal cortile per una scala esterna, essa è opera di Guglielmo Sagrera. Nata come Sala del Trono, fu voluta da Roberto d’Angiò, che chiamò addirittura Giotto per affrescarne le pareti (pitture oggi perdute). La sala fu ristrutturata durante il rifacimento del castello voluto da Alfonso d’Aragona. Danneggiato da un incendio nel 1919, è un ambiente quadrato di m 26, alto 25, coperto da una volta ottagona a costoloni, poggiante negli angoli su grandi strombature, con le imprese della casa d’Aragona nelle congiunzioni dei costoloni che formano un tracciato stellare. Nel centro della volta è un occhio di apertura. Un ambulacro gira tutta la volta alla sua impostatura e si affaccia nella sala con una serie di finestrini. A sinistra del portale d’ingresso è il portale del Trionfo che metteva in comunicazione la sala con l’appartamento dei re aragonesi. Esso era adorno verso la Sala di un bassorilievo di Francesco Laurana, distrutto dall’incendio; nel lato esterno ha un altro bassorilievo, pure guasto, rappresentante l’Ingresso di re Alfonso nel castello, di Gagini. Nella parete verso il mare, tra due finestroni, è un camino monumentale e sopra due palchi sovrapposti per musici, il tutto di arte catalana. (TCI, Napoli e dintorni).

E’ in questa splendida cornice che saranno affrontate le tematiche oggetto del convegno. Non vi poteva essere luogo più consono perché la complessità della città si respira attraverso queste mura poderose. La storia dei re aragonesi che si ripromettevano una reductio ad unum dei poteri centrifughi del loro tempo è in qualche modo metafora del tentativo di interconnettere le parti tanto diverse di cui è costituita la città contemporanea. La complessità ne determina la difficoltà di comprensione allora come ora. Ma, oggi, dalla nostra parte abbiamo la volontà di tutte le forze agenti di collaborare alla disanima se non alla soluzione dei problemi, senza dover ricorrere alle maniere forti aragonesi che nulla poterono, alla fine, contro i Baroni del regno.