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L’affaire Osimhen

l’ultimo grande errore del Presidente

by Luigi Gravagnuolo
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Il presidente Aurelio De Laurentis ha dimostrato in tutta la sua vita, nel cinema come nel calcio, di essere un grande imprenditore. Se si mettono su una bilancia da una parte i suoi successi ed i suoi meriti, dall’altra i suoi errori, il piatto pende decisamente dalla prima parte. Eppure nel calcio, negli ultimi anni, ha commesso due errori pesanti.

Il primo è stato l’acquisto del Bari. Quando lo ha fatto le norme consentivano la doppia proprietà, a patto che le due squadre non competessero nello stesso campionato. ADL pensò di replicare l’esperienza fatta col Napoli su scala minore ed acquistò la società pugliese al fallimento. Non fece i conti allora con le norme che stavano cambiando. Lotito ne sa qualcosa.

ADL ora sarà costretto a svendere la società pugliese, con l’aggiunta dell’ingratitudine dei tifosi e della classe dirigente della città di Bari. Lui li ha salvati, li ha portati dalla Serie D alla finale dei play off per la Serie A, persa a pochi minuti dal triplice fischio, eppure a Bari lo odiano. Non accettano di essere tenuti per succursale del Napoli.

Ricordo Antonio Decaro, allora sindaco del capoluogo di Puglia ed oggi parlamentare europeo, in tivvù nei giorni del fallimento. La sua accoglienza entusiasta alla famiglia De Laurentis e le sue perorazioni affinché investisse nel Bari calcio. L’ho risentito poche settimane fa, in campagna elettorale per Bruxelles. Aveva bisogno di voti e intimava ad ADL di andarsene da Bari!

Il secondo errore è stato la somma quasi incalcolabile di tanti sbagli commessi nell’anno post-scudetto. Lo scorso anno il buon ADL non ha avuto più cosa sbagliare.

Avvia una meritoria battaglia per limitare il ruolo degli agenti dei calciatori, ma lo fa alla garibaldina, senza misura. Direi senza senso politico. E se li trova contro, al punto che il Napoli è restato fuori da tutte le competizioni europee ed il Bari per un pelo non è retrocesso in serie C.

Altro, clamoroso errore: come ‘premio’ ai calciatori per lo scudetto pretende addirittura di ridurne gli ingaggi e nel contempo di impedire loro di andare in altre squadre.

Spalletti aveva capito la musica e lo aveva mollato, Giuntoli idem, e lui pensava di essere ormai diventato un buon allenatore-ombra ed un ottimo dg.  Sceglie un bravo mister, Rudy Garcia, che capisce subito musica: la squadra dello scudetto era scoppiata. Bisognava cambiare, azzerare tutto. Per rafforzare la sua tesi il francese afferma che lui le partite dello scudetto neanche le aveva viste. Apriti cielo, i tifosi inferociti e lui, ADL, a inseguirne gli umori. Con Garcia finisce a pesci fetenti.

Poi Mazzarri, che arrivato a Napoli promette che sarebbe tornato al gioco di Spalletti. Ci mette poco anche lui a capire che non funziona. Prova ad apportare delle modifiche, ma i calciatori non lo seguono. Tra l’altro il mister non può disporre di Osimhen, il bomber dello scudetto. Tra coppe africane e capricci vari, il goleador non si rende disponibile per Mazzarri neanche per una partita, o forse per una sola.

Via Mazzarri arriva Calzona, già vice di Spalletti. Stavolta il ritorno al passato è certificato doc. Ma risultati sono altrettanto mediocri.

E mentre il Napoli annaspa, Mario Giuffredi, procuratore di mezzo spogliatoio del Napoli, esce a raffica sui media con dichiarazioni e conferenze stampa. A chi le dà e a chi le promette, senza che il Presidente riesca a contenerlo.

Lo stesso Giuffredi ottiene – unico a riuscirci – la sottoscrizione di contratti più vantaggiosi per i suoi assistiti. Politano, Mario Rui, Di Lorenzo peggio giocano e meglio vengono pagati. Inevitabile il malessere degli altri. Kvaratskhelia, il funambolo georgiano artefice con Osimhen dello scudetto, resta con un ingaggio ridicolo, la metà di quello di Mario Rui. E ADL, ancora ad inizio del campionato in corso, ha gratificato Folorunsho, sempre della scuderia Giuffredi, col rinnovo e con un aumento di stipendio. Il risultato è che ora, quando ha tentato di venderne alcuni, non ha trovato acquirenti. Troppo alti gli ingaggi.

E poi Osimhen. ADL fa l’errore clamoroso non solo di non cederlo dopo lo scudetto – e ci può stare, i tifosi lo avrebbero linciato se lo avesse lasciato andare via – ma di dichiarare che per meno di duecento milioni neanche si sarebbe seduto a parlare con eventuali acquirenti.

Calenda, il procuratore del nigeriano, coglie la palla al balzo. ‘Presidente, non le sfugge che c’è un rapporto tra valore di mercato del calciatore e suo ingaggio. Se lei ritiene che Osimhen valga 200 milioni, deve dargli venti milioni l’anno di ingaggio!’ Si accordano, ad Osimhen dieci milioni l’anno fino al ‘26 e clausola rescissoria a 130 milioni. Calenda garantisce che c’è già l’acquirente, anzi che c’è la fila per prenderlo. ADL si fida, ennesimo errore.

I grandi però sanno fare tesoro degli errori. E ADL è un grande.

Prende atto che il suo errore è stato di voler fare tutto da sé. Contatta Antonio Conte e gli mette il Napoli in mano: ‘Antonio, i soldi in cassa ci sono e il valore della rosa non è svanito. Prendi tu le redini del settore sportivo, scegliti l’operatore di mercato, lo staff che ti serve, decidi i calciatori che con il budget disponibile puoi prendere e quelli che vendi. Fai tu, io non mi intrufolerò nello spogliatoio se non per fare i complimenti a te e ai ragazzi quando ci farete sognare. Per parte mia mi occuperò del lato immobiliare (Maradona e Centro sportivo), del merchandising etc.

Conte ci sta, con una sola puntualizzazione: ‘Di Osimhen devi occupartene tu, Aurelio, o chi altri vuoi. Io non ci vogliono entrare’. Questa l’intesa tra i due e così è stato.

Finisce il campionato e le voci sulle destinazioni di Osi si moltiplicano. Andrà al Paris San Germain, assicurano i bene informati, bisogna solo aspettare che i francesi liberino lo spazio in rosa cedendo uno dei loro. Passa il tempo e si comincia a capire che tra costo del cartellino, ingaggio preteso di 15 milioni annui e superparcella a Calenda, non ne vale la pena. Il Paris si tira fuori.

Niente paura, ci sono quelli del Chelsea, che hanno nelle loro file Lukaku. Sono interessati ad uno scambio: Lukaku, altri due calciatori a scelta di Conte e 80 milioni ad ADL. Calenda garantisce che si farà. Ma i londinesi non ci stanno allo scambio contestuale: ‘Chiudiamo prima Lukaku al Napoli e poi definiamo per Osimhen’.

Calenda garantisce il Presidente che non ci sono rischi. E poi, quand’anche il Chelsea si tirasse fuori, ci sono pur sempre gli arabi dell’Al Ahli. Solo che si sa loro come si muovono sul mercato: abbuffano di soldi i calciatori ed i procuratori, ma alle società danno i rimasugli.

Così è stato. Ad Osi hanno offerto 40 milioni annui per cinque anni, a Calenda una vagonata di petrodollari e al Napoli 65 milioni se li avesse voluti. ADL ha avuto un sussulto di orgoglio: meno di settanta milioni non ne accetto. Ciao ciao.

Ora Osimhen resterà a Castelvolturno fuori rosa fino a gennaio. Con tutto il fastidio che si può immaginare. Intanto il Napoli si è esposto finanziariamente fino ai confini del fallimento.

Osimhen, l’ultimo grande errore del Presidente nello stramaledetto anno calcistico ‘23/’24.