Queste considerazioni, consegnate dal giovane Giacomo Leopardi alle note dello Zibaldone il 3 luglio 1820, sottolineano le aporie che emergono quando si vuole stabilire una relazione immediata tra i comportamenti delle nazioni e quelle degli individui.
«Ora quell’ἔρις (=il conflitto, la discordia, ndr) che Esiodo dice essere un dono degli Dei per promuovere il bene e l’accrescimento degli uomini, si può dire che sia tolta di mezzo fra le nazioni, e quasi anche fra gl’individui. Una volta le nazioni cercavano di superar le altre, ora cercano di somigliarle, e non sono mai così superbe come quando credono di esserci riuscite. Così gl’individui. A che scopo, a che grandezza a che incremento può portare questa bella gara? Anche l’imitare è una tendenza naturale, ma ella giova, quando ci porta a cercar la somiglianza coi grandi e cogli ottimi. Ma chi cerca di somigliare a tutti? anzi perciò appunto sfugge di somigliare ai grandi e agli ottimi, perché questi si distinguono dagli altri? Quando saremo tutti uguali, lascio stare che bellezza che varietà troveremo nel mondo, ma domando io che utile ce ne verrà? Massimamente alle nazioni (perché il male è naturalmente più grande nei rapporti di nazione a nazione, che d’individuo a individuo) che stimolo resterà alle grandi cose, e che speranza di grandezza, quando il suo scopo non sia altro che l’uguagliarsi a tutte le altre? Non era questo lo scopo delle nazioni antiche. E non si creda che l’uguagliarsi nei costumi e nelle usanze, senza però volersi uguagliare nel potere nella ricchezza nell’industria nel commercio ecc. non debba influire sommamente anche sopra queste altre cose, influendo sullo spirito generale della nazione. Poco dopo che Roma fu divenuta una specie di colonia greca in fatto di costumi e letteratura, divenne serva come greci.
Ma questa è una bella curiosità, che mentre le nazioni per l’esteriore vanno a divenire tutta una persona, e oramai non si distingue più uomo da uomo, ciascun uomo poi nell’interiore è divenuto una nazione, vale a dire che non hanno più interesse comune con chicchessia, non formano più corpo, non hanno più patria, e l’egoismo gli ristringe dentro il solo circolo de’ propri interessi, senza amore né cura degli altri, né legame né rapporto nessuno interiore col resto degli uomini. Al contrario degli antichi, che mentre le nazioni per l’esteriore erano composte di diversissimi individui, nella sostanza poi, e nell’importante, o in quel punto in cui giova l’unità della nazione, erano in fatti tutta una persona, per l’amor patrio, le virtù, le illusioni ecc. che riunivano tutti gl’individui a far causa comune, e ad essere i membri di un sol corpo. E per questo capo si può dire che ora ci son tante nazioni quanti individui, bensì tutti uguali anche in questo che non hanno altro amore né idolo che se stessi.»
Giacomo Leopardi, Zibaldone di pensieri.