Dai primi agglomerati urbani fino alle moderne megalopoli le città hanno sempre avuto una caratteristica stabile nel tempo: il cambiamento.
Trasformazioni che non sono mai state radicali e veloci, ma che hanno seguito lentamente le ere e le mutazioni cultural-politiche che esse portavano. Si sono venute a creare così stratificazioni che possiamo riscontrare sia in archeologia sia nello studio più attento della storia dell’arte e dell’architettura sia, in modo più ampio, in urbanistica.
Ad esempio, con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente e l’avvento del cristianesimo al potere politico-amministrativo in sostituzione dell’apparato imperiale e il vuoto che il suo crollo aveva lasciato nelle necessità pratiche e nella psiche collettiva dei vari popoli, molti siti, soprattutto templi pagani, furono trasformati in chiese cristiane. Queste variazioni avevano lo scopo sia di cancellare la presenza architettonica della vecchia fede con la sua potente simbologia (per mezzo della nuova sovrapposizione simbolico architettonica e la conseguente trasformazione dei luoghi sacri pagani) sia, per ragione più pratica, avevano la necessità di recuperare fondamenta e materiale. Costruire ex novo sarebbe costato molto di più.
In quasi tutte le città, se si scava e si analizza il territorio, è facile trovare, a vari livelli, reperti archeologici di precedenti costruzioni o insediamenti. Ad esempio, con lo studio attento e sistematico, gli archeologi hanno scoperto che la mitica città di Troia si è sviluppata, nel tempo, su vari strati sovrapposti. Roma è l’emblema “vivente” più eclatante. Non c’è scavo di fondazione moderna che non trovi, ai vari piani interrati, reperti anche molto importanti di ciò che è stata la Città eterna. Dall’epoca reale, passando per la repubblicana, l’imperiale, il medio evo, il Rinascimento, il barocco etc. fino ai tempi più moderni, Roma ci stupisce ogni volta per la ricchezza dei suoi sedimenti urbanistico-architettonici. Nei recenti scavi a piazza Pia, per la realizzazione di un sottopasso in vista del giubileo 2025, è stato scoperto un antico insediamento urbano che gli esperti ritengono essere il portico dell’imperatore Caligola: un magnifico giardino affacciato sulla riva destra del Tevere. Anche qui abbiamo tre rigenerazioni edilizie da collocarsi tra l’età augustea e quella neroniana.
Il discorso vale per ogni insediamento urbano nel mondo a conferma del fatto che i centri urbani, nel tempo, hanno mutato il loro aspetto “rigenerandosi” (nel bene e nel male) di continuo. Una eccezione, in quanto raro esempio di moderna città progettata e costruita in un territorio del tutto vergine è Brasilia degli architetti Lucio Costa, progetto urbanistico generale, Oscar Niemeyer, Palazzi e costruzioni e Roberto Burle Marx, architettura del paesaggio, che lavorarono sotto la presidenza di Jucelino Kubitsghek (1956 1961) il quale volle fortemente la realizzazione di una capitale moderna e più centrale nel vasto territorio brasiliano, per intuibili ragioni pratiche nell’amministrazione nazionale.
Ricordo che il termine rigenerazione ha un valore semantico molto potente. Dall’etimo del verbo latino re-generare si intuisce rapidamente quale forte intendimento di vita il termine evoca: generare per la seconda volta. Cioè, conferire la possibilità per una seconda esistenza. In realtà, il trascorrere del tempo urbano comprende anch’esso princìpi circolari di morte e di vita in un continuum senza sosta di cambiamento e di rinnovamento sovrapposti. Oggi, la rigenerazione urbana, espressa quando possibile dai migliori ingegneri e architetti urbanisti, non si verifica più a caduta temporale, ma è una necessità attuale urgente e idonea a “rianimare” settori civici desueti o, addirittura, abbandonati, ma esistenti e in grado di funzionare con le opportune modifiche. Dai feroci saccheggi urbanistici che vanno dagli anni Cinquanta fino agli anni Novanta del secolo scorso, per giungere alle dimenticanze incompetenti delle amministrazioni municipali, le città italiane, in particolare, hanno sofferto moltissimo.
La rigenerazione urbana, dunque, porta in sé la visione competente di progetti orientati alla rianimazione di settori urbani o singoli edifici, per offrire a loro e alla cittadinanza tutta, una seconda possibilità di utilizzo intelligente, prima che funzionale. Per far si che ciò possa compiersi nel migliore dei modi, è conditio sine qua non l’abbraccio migliore tra amministrazione politica e la valida progettualità degli urbanisti più preparati.
L’urbanista ingegnere o architetto che sia, deve avere una preparazione straordinaria. Non basta che sappia di calcoli matematici e di leggi fisiche, importantissime e irrinunciabili abilità, ma è indispensabile anche che possegga un bagaglio di sapere culturale umanistico che spazi dalla storia, prettamente detta, alla storia dell’arte, dalla filosofia alla psicologia, dalla letteratura narrativa a quella poetica, dall’archeologia e dall’ambientalismo alla tutela dei diritti e delle esigenze umane primari. È la sua sensibilità che ne trarrà beneficio a tutto vantaggio di chi andrà ad abitare gli insediamenti da lui ideati.
In questi giorni roventi, scrivo nella torrida estate del 2024, viene subito da pensare a quanto danno fisico e mentale continuino a produrre esecuzioni scellerate di quartieri a palazzoni di 10/12 piani, senza verde alcuno intorno, in grado di combattere, seppure in minima parte, con la fotosintesi clorofilliana delle piante, l’impero del caldo estremo (passare sotto l’ombra di un singolo albero frondoso, fa percepire un abbattimento della temperatura di 4-5 gradi).
L’archistar Stefano Boeri ha ribadito l’importanza del verde inglobandolo nella costruzione stessa. Tentativo lodevole anche se, a mio parere, del tutto inadeguato e con poco senso civico. La forestazione urbana ha senso se la si concepisce a favore del Noi e per il bene comune e non come appannaggio per l’Ego autoreferenziale. Io suggerisco di sfruttare ogni angolo di zona, seppur piccolo, per poterci piantare alberi e verde pubblico e affidarlo a comitati di comunità per la manutenzione nel tempo. L’ossessione, soprattutto capitalistica, dello sfruttamento non più del metro quadro, ma addirittura del centimetro quadrato, ha prodotto settori civici inadatti, oltraggiando, oltre le planimetrie di quartieri e città, anche la possibilità per una vita felice di cittadinanza.
In conclusione, sostengo che la rigenerazione urbana, oltre che attuare la progettualità di recupero di edifici abbandonati e riconsegnarli ad una “vita nova” di funzione e di servizio, deve anche assumersi l’onere di scardinare, con la stessa ossessione compulsiva capitalistica o di regime che li ha prodotti, quei quartieri o settori urbani degradati per mala programmazione e peggiore realizzazione (vedere, ad esempio, il letale compimento delle vele di Scampia a Napoli).
Rigenerare deve significare anche questo: lotta progettuale costante e ferma al fine di annullare il brutto estetico, funzionale solo ai cinici ritorni d’investimento finanziari immobiliari, per riproporre, a parità d’investimenti economici, il bello piacevole, attento e adeguato alle esigenze di vita pratica e psichica delle “genti” e dei loro “territori”.
4 comments
Pienamente condivisibile. Peccato che il miracolo della migliorie collaborazione tra istituzioni pubbliche e validi urbanisti trovi rari compimenti. L’articolo coglie i tanti aspetti che influenzano lo sviluppo delle città ed è denso di informazioni interessanti.
L’articolo fa una bella panoramica sui tanti aspetti che influenzano lo sviluppo delle nostre città e fornisce tante informazioni interessanti. Pienamente condivisibili le considerazioni sulle responsabilità delle istituzioni pubbliche.
L’articolo spiega in modo semplice ed esaustivo tutti gli aspetti legati allo sviluppo delle nostre città. Purtroppo le istituzioni pubbliche sembrano essere mai all’altezza delle responsabilità che dovrebbero essere messe in campo per costruire una migliore collaborazione con i cittadini.
Analisi pienamente condivisibile; purtroppo a Roma non abbiamo mai avuto amministratori all’altezza e le lobby sono sempre riuscite a bloccare tutto. D’altronde è difficile fidarsi di chi è messo lì dai partiti senza un minimo di competenza in fatto di urbanistica e di funzionamento della città.
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