Lo scritto, ora raccolto in “Una pietra sopra”, è un inedito del 1972: una “Proposta di testo programmatico” per una rivista progettata con Gianni Celati, Guido Neri, Carlo Ginzburg e altri amici, e mai realizzata. “Il testo faceva parte di materiali preparatori da sottoporsi alla discussione comune e rifletteva in parte spunti su cui c’eravamo trovati d’accordo, in parte miei orientamenti personali”.
«Insoddisfatti come siamo del nostro mondo sempre meno abitabile e persuasi che gli strumenti per cambiarlo non si dànno se non insieme a quelli per capirlo, ogni occasione per ripensare qualcosa da capo ci rallegra. Non si va avanti se non rimettendo in gioco qualcosa che già si credeva punto d’arrivo, acquisto consolidato, certezza. (…) Perciò cercheremo sempre di metterci dalla parte del fuori, degli oggetti, dei meccanismi, dei linguaggi; vorremmo far nostro lo sguardo dell’archeologo e del paleoetnografo, così sul passato come su questo spaccato stratigrafico che è il nostro presente, disseminato di produzioni umane frammentarie e mal classificabili: industrie metalliche, megaliti, veneri steatopigie, scheletri di ecatombi, feticci.
Nel suo scavo l’archeologo rinviene utensili di cui ignora la destinazione, cocci di ceramica che non combaciano, giacimenti di altre ere da quella che s’aspettava di trovare li: suo compito è descrivere pezzo per pezzo anche e soprattutto ciò che non riesce a finalizzare in una storia o in un uso, a ricostruire in una continuità o in un tutto (…).
Analogamente noi vorremmo che il nostro compito fosse di indicare e descrivere più che di spiegare (…). Così si chiarisce un altro punto necessario a definirci: di fronte alla scuola (o insieme di scuole) che rileva i rapporti interni ai sistemi linguistici o i rapporti interni ai sistemi di segni o i rapporti interni ai sistemi di rapporti interumani, mentre molti ne sollecitano un rapido riconvergere sull’asse verticale della Storia, a noi invece quel che più incuriosisce e intriga in questo tipo di sapere è il suo espandersi orizzontale, la spinta tendenziale a render conto di tutti i modelli di rappresentazione e di comunicazione, a generalizzare e formalizzare il codice delle prime operazioni dell’ordinatore umano e più in là biologico, e più in là ancora il meccanismo delle scelte e opposizioni elementari attraverso le quali la materia si diversifica e comunica con sé stessa.»
Italo Calvino, Lo sguardo dell’archeologo.