William Carlos Williams è il poeta delle libertà individuali al tempo delle masse disinformate. “Queste” fa parte delle “Poesie, 1936-1939” ed è ora inserita nella raccolta “A un discepolo solitario” a cura di Luigi Sampietro e traduzione di Damiano Abieni.
Queste
sono le settimane desolate, oscure,
in cui la natura nella propria sterilità
eguaglia la stupidità dell’uomo.
L’anno si inabissa nella notte
e il cuore si inabissa
più a fondo della notte
fino a un luogo vuoto, spazzato
dal vento, senza sole né stelle né luna
se non per una strana luce come di pensiero
che tesse un fuoco oscuro –
che vortica su se stesso finché,
nel gelo, non si accende
a fare un uomo consapevole di niente
che lui sappia, non della solitudine
in sé – Non un fantasma ma
lo si potrebbe abbracciare – vuoto,
disperazione – (Loro
gemono, sibilano) tra
i bagliori e le esplosioni della guerra:
case delle cui stanze il freddo
è più grande di quanto si possa pensare,
le persone sparite che amavamo,
i letti che giacciono vuoti, i divani
zuppi di umido, le sedie inutilizzate –
Nascondilo non so dove
fuori dalla mente, lasciagli prendere radice
e crescere, distaccato da gelosi
occhi e orecchie – da sé.
In questa miniera vengono a scavare – tutti.
È questo il contrappunto alla più dolce
musica? la fonte della poesia che
vedendo l’orologio fermo, dice:
si è fermato l’orologio
che ieri ticchettava tanto bene?
e sente lo sciabordare d’acqua
di lago – che ora è pietra.