“Il vento era la sola cosa viva rimasta” è l’incipit de “Il mondo senza nessuno”. Un saggio, più che un romanzo, sul tema “che il mondo debba avere un senso”, che testimonia dell’impegno civile – ecologista e pacifista – dell’autore di “La ragazza di Bube” a partire dal dopoguerra: “So bene che, quando non ci saranno più gli uomini (cioè molto presto), non ci sarà più nemmeno la bellezza”.
«Il vento era la sola cosa viva rimasta; diciamo meglio, era la sola cosa che desse l’impressione della vita. Ci se ne accorgeva meglio guardando lontano. Per esempio, affacciandosi sul burrone (c’erano punti in cui questo era possibile) e guardando in basso. Si vedeva il fondo del burrone, vale a dire la vallata, e i campicelli che c’erano prima di arrivarci. Si vedevano le strisce di bosco, nei punti più scoscesi del pendio, che dividevano un campicello da quello sottostante.
(…) Dovrei fare uno sforzo per rappresentare il mondo senza nessuno ma non mi sento di farlo. D’altronde, che senso avrebbe? Il giorno che davvero non ci fosse più nessuno, non avrebbe più senso niente. Le macchie, i castagneti, le coltivazioni, il vento, non parlerebbero ad anima viva. A nessuno direbbe più niente il trascolorare continuo delle foglie dei lecci, delle querce e dei castagni.
Non posso parlare obiettivamente dei lecci, delle querce e dei castagni, e non avrebbe senso che lo facessi. Posso supporre di essere morto, e che con me siano morti tutti, ma è una finzione. Questo romanzo non appare dopo la fine del mondo (allora non ci sarebbe più nessuno che potesse scriverlo, che potesse stamparlo e che potesse leggerlo); appare prima, ed è scritto proprio con lo scopo che il prima non diventi mai dopo. Cioè, che gli uomini si rendano conto del male irreparabile che stanno facendo, se non si emendano a tempo.
(…) Fuori stagione ho percorso spesso un lungo tratto di spiaggia; e mi dicevo, guardando le onde che si frangevano in continuazione: “A che pro questo spettacolo, se non è sotto gli occhi di nessuno? Va bene, per il momento ci sono io, ma mi distraggo spesso, comunque tra poco non ci sarò più perché me ne tornerò a casa. Invece le onde continueranno a rompersi contro la riva. Continuano a rompersi anche la notte, e allora davvero non c’è più nessuno che veda. Può sentire soltanto: se c’è qualcuno che si attarda sulla spiaggia, sentirà il fragore delle onde che si rompono, o il loro sciacquio a riva. Vedrà magari il candore della spuma; ma, a meno che sia una notte di luna piena, non vedrà niente delle onde che attraversano il mare per potersi frangere a riva”.
Mi sembrava quasi d’invidiare le onde che s’erano infrante l’estate sotto gli occhi di tutti. Lo sforzo che il mare faceva per gonfiarsi e rompersi una volta giunto a riva, mi sembrava inutile se non c’era nessuno a vederlo. Eppure, l’avrei dovuto sapere che la natura è indifferente agli sguardi degli uomini.»
Carlo Cassola, Il mondo senza nessuno.