Foto: Cerealia 9 giugno 2015
In virtù della nostra partnership con “LAB Politiche e Culture” (www.labpolitiche.it), replichiamo un articolo di Paola Sarcina, pubblicato su LAB n. 3.
I paesaggi sono l’eredità, il prodotto della storia dei popoli; vengono modificati, lentamente, dall’adattamento dei modi di vita e dalle condizioni ambientali; possiedono così, al pari della storia rurale che accompagna la loro formazione, un lento ed impercettibile ritmo d’evoluzione, che al contempo si confonde, a volte, con una loro immutabilità secolare. Spesso il presente non è in grado di leggerli ed, inesorabilmente, si rischia così di perdere il patrimonio culturale che li contraddistingue.
Nel Mediterraneo, come in nessuna altra parte del pianeta, il paesaggio è stato il frutto delle relazioni ricche e multiformi tra geografia e storia, formando trame fitte e intricate. Al di là delle più volte mutate frontiere, delle differenze di religioni, delle sue ricche e complesse vite popolari, il Mediterraneo presenta una storia complessa di influssi di diversa origine, frutto dell’incontro delle civiltà che lo hanno fecondato, che sono fiorite e si sono spente sulle sue sponde. L’unità raggiunta dal mondo mediterraneo attraverso l’unica organizzazione politica estesasi a tutto il suo territorio, l’Impero Romano, per la prima volta nella storia fece si che un’ampia area geografica avesse una politica ed economia con stessi processi amministrativi, stessa lingua e stesso stile di vita urbano. Così attraverso il mare Mediterraneo già prima dei Romani, con i Fenici prima e i Greci poi, si trasferirono idee e prodotti, si stabilirono correnti di civiltà e, lungo le coste, si fondarono centri urbani per commercio e dominio.
Il Mediterraneo è un mare profondo, tra terre e montagne calcaree. La Grecia classica dominata appunto dalla montagna calcarea, sostentò una civiltà capace di esprimere le più belle opere dello spirito e dell’intelletto umano attraverso l’uso di quello stesso calcare. Le diverse isole agevolarono la conoscenza delle rotte, favorendo la navigazione: Creta, le isole del Mar Egeo e la Fenicia, furono i primi luoghi dove civiltà soprattutto rurali e pastorali si dedicato al commercio marittimo, ricavandone potere e prosperità.
Il Mediterraneo è prima di tutto un mare di condivisione in cui gli uomini, sin dall’antichità, si sono abituati a vivere in comunione, plasmandone i paesaggi; così pianure e valli hanno costituito da sempre i luoghi ideali per l’agricoltura: i suo tipici paesaggi si identificano con l’area dell’ulivo, tra gli alberi più diffusi e coltivati dalla più remota antichità. Nelle regioni più aride l’ulivo compare sulle dorsali riarse e spesso sostiene il suolo coltivato a cereali. Ulivi che punteggiano campi di cereali hanno costituito l’immagine comune in Attica, Siria, Italia e Portogallo. In Catalogna filari di vite si alternavano con strisce di grano, mentre il fico e, ancor più la vite, sono state e ancora sono, tra le coltivazioni più prestigiose dell’agricoltura mediterranea.
Ma l’espansione della vite è forse, ciò che più contraddistingue l’influsso del Mediterraneo sull’Europa e oggi sul mondo intero. Secondo Strabone, i Lusitani ed i Liguri bevevano birra di orzo e ciò costitutiva per i Romani uno degli aspetti della “barbarie” di questi popoli. Malgrado, infatti, la vite spontanea fosse conosciuta in Gallia e in Spagna, il vino era un prodotto delle regioni costiere del Mediterraneo ad uso dei ricchi, mentre il popolo beveva birra d’orzo. Probabilmente fu in Grecia che avvenne per la prima volta la selezione e ibridazione che rese possibile la produzione del vino. Questa civiltà della vite fu quella che Roma assimilò, sviluppandola soprattutto in Magna Grecia, con grande rispetto portato a questa pianta anche dagli imperatori, che partecipavano alla sua coltivazione e vendemmia.
Piante tipiche dell’area mediterranea oltre alla vite, all’ulivo e al fico, erano e sono anche il carrubo, la lenticchia, i piselli, i ceci, la fava, la barbabietola ed alcune erbe da pascolo. Altre colture arrivarono poi attraverso l’Egitto dalle montagne etiopiche, come le varietà di grano e di orzo. Dall’Asia giunsero il lino, il grano tenero, molti legumi e la maggior parte delle piante da frutto (noce, mandorlo, melo, pero, melo cotogno, pesco, albicocco, melograno, ciliegio). Le tecniche di produzione del vino e dell’olio erano già conosciute dai Fenici e dai Greci, così come erano comuni ai popoli mediterranei focacce e pani di farina di cereali vari, per lo più cotti sulla brace. Così frumento, vite e olivo – la così detta “triade mediterranea” – sono stati alla base dell’economia rurale mediterranea e, in quasi tutte le antiche civiltà mediterranee, anche articoli d’esportazione agricola. I prodotti derivati – vino, olio e pane – costituiscono anche prestigiosi elementi del rito, nella cultura pagana prima, cristiana poi. L’Islam, vietando il vino, stabilì poi nel Mediterraneo quella che fu, per secoli, la maggior differenza nel suo paesaggio agricolo. L’olio celebrato dai poeti e posto sotto la protezione divina, esprime più di qualsiasi altro prodotto la rustica pace dell’uomo e la sacra fecondità della terra: «olea prima inter arbores est» dicevano i Romani, per il suo valore nel fornire il giusto apporto di grasso ad una alimentazione carente di proteine animali. Infatti, l’agricoltura mediterranea è stata per secoli una agricoltura di sostentamento, influenzando profondamente la composizione del regime alimentare, ricavato più dalla terra che dalla pesca o dal bestiame.
Con la spinta di diverse civiltà si generò un arricchimento del patrimonio agrario mediterraneo: dalle conquiste di Alessandro giunsero pesco, albicocco, cedro e cotone; con Giustiniano arrivarono gelso e baco da seta; i popoli germanici portarono segala e gli arabi riso, limone, arancia amara e canna da zucchero; dalle Americhe arrivarono mais, patata, pomodoro, tabacco e fagiolo e, dalla Cina con i portoghesi, l’arancia dolce. Con lo sviluppo delle tecniche d’irrigazione e l’espansione dei latifondi si ebbe la diffusione di un’altra coltura di pregio portata dagli arabi e oggi largamente presente nei paesi mediterranei: il riso.
Il Mediterraneo è dunque, allo stesso tempo, il più vecchio e il più nuovo dei mondi rurali dell’Europa. Il passato e le sue tradizioni pesano ancora in alcune aree rurali sopra le abitudini contadine; i caratteri del paesaggio agrario sono in parte ancora gli stessi del passato e così anche i prodotti fondamentali delle colture, anche se i recenti cambiamenti climatici stanno innescando modiche irreversibili al paesaggio agrario e non solo, soprattutto proprio nell’area mediterranea. L’uomo del Mediterraneo è un vero e proprio elemento costitutivo della fisionomia dei luoghi, propagando ideali e tecniche che oggi hanno una parte rilevante nel patrimonio euro-mediterraneo che deve poi tanto all’Oriente, culla di antichissime civiltà, da cui ne ha tratto profitto anche l’agricoltura. Pastore, transumante, navigatore, l’uomo mediterraneo è stato un rude lavoratore della terra e l’impronta della storia è presente nella fisionomia dei luoghi, dall’uomo modellati e impregnati dalla sua presenza millenaria. È negli strati più profondi di questa vita rurale che bisogna cercare le persistenti radici dell’unità mediterranea: la sobrietà e frugalità dell’alimentazione contadina; il gusto di vivere e condividere la mensa; i nobili valori umani delle diverse culture e tradizioni. Un tesoro di esperienze che ha arricchito, forse come nessun altro, il patrimonio dell’umanità.
Alla valorizzazione di questo patrimonio mediterraneo il Festival Cerealia ha dedicato 13 anni di attività e proprio la “triade mediterranea” sarà il focus di un convegno multidisciplinare che si svolgerà a Roma il 25 ottobre 2024, nell’ambito della 14° edizione del festival. Cerealia, che opera a livello regionale, nazionale e internazionale nell’area euro-mediterranea, valorizza lo scambio e l’arricchimento interculturale nel gemellaggio che avviene ogni anno con un Paese diverso: dalla sua prima edizione nel 2011 sono state realizzate collaborazioni bilaterali con Egitto, Turchia, Grecia, Cipro, Croazia, Marocco, Malta, Tunisia, Giordania e Slovenia. L’edizione 2017 è stata dedicata all’Unione Europea e ai 60 anni del Trattato di Roma; nelle edizioni 2020 e 2021, a causa del covid-19, sono stati organizzati programmi nazionali speciali. Il Paese ospite nel 2024 è la Repubblica di Albania.
Lo scambio e l’arricchimento interculturale nei gemellaggi con i Paesi del Mediterraneo, generano apertura all’incontro, all’ospitalità, alla scoperta e alla conoscenza reciproca. Il festival promuove inoltre la condivisione delle sfide comuni a livello dei cluster regionali tra i popoli che si affacciano sul Mediterraneo, stimolando lo sviluppo di modelli sostenibili di economia circolare e abbracciando i 17 SDG dell’Agenda 2030-NU (in particolare gli SDG 4 – 5 – 11 – 12 – 15 – 16 – 17), con un approccio interdisciplinare e partecipativo dal basso, che valorizza le istanze e le competenze della società civile, rispettando e salvaguardando l’ecosistema mediterraneo. Un progetto che costituisce un’occasione di scambio culturale a vari livelli sui temi di cultura e società, economia e turismo, cibo e ambiente, territorio e paesaggio, identità collettive e memorie condivise.
La manifestazione è diffusa sul territorio nazionale e coinvolge ogni anno diverse regioni (Lombardia, Puglia, Sicilia, Calabria, Campania, Piemonte, Emilia Romagna, Umbria, Sardegna, ecc.). Inoltre, nell’ambito della Settimana della Cucina Italiana nel Mondo promossa dal MAECI, si svolgono annualmente eventi nei Paesi gemellati del Mediterraneo, esportando le eccellenze regionali e il Made in Italy. Il calendario delle attività, costruito annualmente in rete, prevede: seminari e workshop di approfondimento culturale, scientifico ed economico; spettacoli teatrali e rievocazioni; riunioni e conferenze; degustazioni e menù a tema; passeggiate esperienziali e tour enogastronomici; visite guidate, mostre fotografiche; laboratori didattici per adulti e bambini.
La struttura organizzativa del festival adotta una dimensione leggera che sfrutta le potenzialità di ciascuna struttura partecipante, ponendosi come una rete culturale, in cui la cooperazione è finalizzata al raggiungimento di un unico scopo condiviso da diversi soggetti pubblici e privati. Le organizzazioni che aderiscono come partner mettono a disposizione del progetto il proprio know-how materiale e immateriale in termini di contenuti, strutture e risorse umane. Il mix equilibrato e flessibile valorizza le differenze nella gestione del festival sui singoli territori coinvolti, nel rapporto di ciascun partner con lo Stato gemellato e con il territorio di riferimento, dando valore al modello di economia collaborativa. L’approccio partecipativo dal basso è il punto di forza di Cerealia, che ha dimostrato in 14 anni una grande capacità di resilienza, grazie al suo format che privilegia il saper lavorare su contaminazioni e interconnessioni disciplinari, sulla costruzione di reti tra pubblico e privato, tra società civile e istituzioni. Ciò grazie a un modello operativo transdisciplinare, che agisce sull’integrazione e sull’incontro tra discipline scientifiche e artistico/culturali, con orientamento su temi, valorizzando la dimensione umanistica della conoscenza.
Cerealia ha sviluppato programmi interdisciplinari ed è stata riconosciuta come best practice della Rete Italiana per il Dialogo Euromediterraneo RIDE-APS. Tra le azioni condotte figurano diversi seminari di formazione professionale per giornalisti e agronomi, in collaborazione con i rispettivi ordini. ll festival è stato case-history e oggetto di studio in master universitari nazionali e internazionali, nonché in convegni internazionali. Le 13 edizioni hanno coinvolto istituzioni pubbliche, imprese e organizzazioni della società civile a livello locale e internazionale. Tra i premi e riconoscimenti ricevuti ricordiamo: l’EFFE – Europe for Festivals, Festivals for Europe Label sin dal 2015; la selezione tra le Buone Pratiche in ambito Culturale e tra le Buone Pratiche di Eccellenza della Regione Lazio; la Medaglia del Presidente della Repubblica per 6 edizioni dal 2017; l’inserimento tra gli stakeholder partecipanti al tavolo dei promotori della Settimana della Cucina Italiana nel Mondo del MAECI. Tra le azioni di networking citiamo l’adesione alla Carta di Milano su Alimentazione e Nutrizione e l’adesione al Progetto Rebirth/Terzo Paradiso Roma.
Nel 2018 si è costituito il network informale “Rete del Cerealia Festival” che unisce le organizzazioni che collaborano da anni alla produzione del festival. Nel 2022 le seguenti organizzazioni del network hanno sottoscritto un accordo di collaborazione: Agroalimentare in rosa, Aisu verso Itaca, Cibele srl, ComeUnaMarea Onlus, Federazione Italiana Dottori Agronomi e Medici Forestali – FIDAF, Gi&Me, Istituto Nazionale di Sociologia Rurale – INSOR, L’Albero Verde della Vita, Associazione culturale Music Theatre International – MThI ETS, Nutriziopoli, PROMOItalia.
Cerealia si è gemellata negli anni con GreenFestival, Museo della Civiltà Contadina e dell’Ulivo di Pastena (FR), Festival Ocriculum, ARCI- Biennale dei Giovani Artisti del Mediterraneo, Open Air Expo 2015, Le Idi Adrianensi, Festival della Dieta Mediterranea di Hvar-Croazia , Popoli in festa, Festival Europeo delle Vie Francigene, Earthinkfestival, Giornate del Mediterraneo Antico / Rotta dei Fenici, Fai la differenza / Il Festival della Sostenibilità, Re Boat Race, Festa del Pane di Genzano di Roma, ViniCibando, Blue Sea Land. Dal 2011 il festival ha visto la partecipazione in qualità di partner, sponsor e promotore, di oltre 500 organizzazioni pubbliche e private e sono stati più di 60 gli eventi di divulgazione realizzati o di cui è stato ospite il festival in Italia e all’estero.
Per informazioni: www.cerealialudi.org