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Home In Italia e nel mondo Medio Oriente, c’è ancora uno spiraglio per la pace?

Medio Oriente, c’è ancora uno spiraglio per la pace?

La speranza è che gli uni e gli altri ci riflettano bene prima dell’irreparabile

by Luigi Gravagnuolo
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Se c’è un’intesa, una convergenza, un obiettivo condiviso tra Netanyahu e Sinwar è la volontà di scatenare una guerra regionale terrificante.

Israele è stanco dello stato d’assedio in cui si trova dalla sua fondazione settantasei anni fa, quando, sconfitto il nazifascismo e messo fine all’olocausto, le Nazioni Unite deliberarono di assegnargli quel lembo di terra in cui gli Ebrei avrebbero potuto stare al sicuro da eventuali nuovi Hitler.

I Palestinesi sono stanchi di subire angherie, umiliazioni, il furto delle proprie terre, la colonizzazione progressiva del proprio territorio.

Netanyahu e Sinwar sono interpreti dei sentimenti delle loro rispettive genti. Entrambi vogliono farla finita. Entrambi cercano la soluzione finale. Ma, da soli, né Israele né Hamas potranno mai farcela.

Netanyahu cerca con ostinazione di trascinare gli USA e tutto l’Occidente nello scontro frontale contro l’Iran, il finanziatore del terrorismo palestinese e di Hezbollah, degli Houti e della Jihad siro-irachena. Il fornitore di missili e droni ai combattenti islamisti. Il fomentatore di odio antisemita nel mondo intero. Se l’Iran con i suoi alleati attaccasse frontalmente Tel Aviv, gli USA non potrebbero restare a guardare. Un’altra debacle dopo il Vietnam, l’Afghanistan e tanta parte dell’Africa segnerebbe l’inizio della fine della civiltà occidentale. Ammesso che non sia già iniziata ed in corso da tempo.

L’attuale rapporto di forze è ad oggi ancora favorevole alle forze armate dell’Occidente. Quanto meno nella stima che ne fa il governo di Israele. L’Iran ci sta lavorando per fornirsela, ma non ha ancora l’atomica, Israele sì. Le difese antiaeree dell’una e dell’altra parte sono squilibrate a favore di Tel Aviv. Le forze aeree anche. Se ci si aggiunge il potenziale militare degli USA e dell’Occidente, Teheran e i suoi satelliti rischiano di essere spazzati via in due giorni. Un possibile e molto probabile intervento di Russia e Cina a favore di Teheran? La Cina per ora non ha alcuna intenzione di imbarcarsi in un conflitto di tali proporzioni e la Russia è già stressata da due anni di guerra in Ucraina di cui non riesce a venire a capo. Dunque il momento è oggi, non bisogna dare tempo a quanti vogliono sopprimere insieme lo Stato di Israele e la razza ebraica.  C’è questo nella testa di Netanyahu.

Ma gli USA stanno nel pieno delle doglie pre-parto elettorale. Hanno un presidente insidiato dal rivale Trump e a tratti poco lucido, per usare un eufemismo. La composizione del corpo elettorale americano è in misura crescente composta da elettori di seconda e terza generazione arabo-islamica, decisivi in alcuni degli Stati chiave del voto di novembre, Michigan su tutti. Insomma, la Casa Bianca non sembra avere la forza di reggere insieme uno scontro militare frontale con il mondo arabo e le tensioni di un fronte interno irrequieto, attraversato da sentimenti antisemiti sempre più radicati.

E poi, i musulmani nel mondo sono poco meno di due miliardi. Per limitarci solo agli Sciiti si tratta di trecento milioni. Gli Israeliani sono dieci milioni. Date un occhio alla mappa in alto. In rosa i Paesi a maggioranza islamica. Israele sta lì, è quel puntino bleu sotto il Libano e sopra il Sinai che affaccia sul Mediterraneo. Se un leader arabo, o palestinese, o persiano riuscisse a trascinare in guerra tutto il mondo islamico, non ci sarebbe scampo per Israele. È questo che stava in mente alla buonanima di Haniyeh quando ordinò la strage del 7 ottobre. Quel massacro doveva servire a incoraggiare gli islamici di tutto il mondo – vedete? Israele è una tigre di carta, si può battere! – e a provocare la reazione di Israele, che avrebbe colpito insieme miliziani e civili. Il martirio della popolazione civile avrebbe infiammato gli animi dell’Islam mondiale. E sarebbe stata la guerra finale. Questo il suo piano.

Ora ci siamo. Il nodo è arrivato a pettine. Mandanti ed esecutori degli attacchi ad Israele sanno che saranno tampinati uno per uno e alla fine uccisi. Non sarà oggi, sarà domani o dopodomani, sarà nella prossima generazione – Israele ha la memoria lunga – ma saranno scovati e giustiziati. Loro o i loro figli e nipoti. Non c’è Teheran o Beirut, non Damasco o Baghdad che tengano. Non c’è rifugio, tana o tunnel in cui nascondersi. Israele ti trova e ti uccide. L’unica speranza di sopravvivenza per i mandanti e gli esecutori è lo sterminio fino all’ultimo ebreo. Prima che sia troppo tardi. Sono loro, i mandanti e gli esecutori della strage del 7 ottobre, che vogliono la guerra totale subito.

Israele sa che non può tentennare. La sua sopravvivenza è legata alla soppressione del regime degli ayatollah di Teheran. Non bisogna dargli tempo. Se guerra deve essere, che lo sia subito.

Tutto questo bolle nel Medio Oriente mentre a Parigi si svolgono le olimpiadi. Iraniani e Qatarioti, Kuwaitiani ed Egiziani, Israeliani e Libanesi stanno lì, nelle loro case, in tanti di loro incollati alle tivvù. Vedono quanto è bella la vita in un mondo pacifico, quanto è preferibile alla guerra cercata dalla sete di potere dei fanatici imam e dei rabbini accecati dalle ideologie teocratiche.

Sono sicuri i predicatori sciiti che i governi dei Paesi musulmani abbiano tanta voglia di perdere il benessere che poco alla volta – anche velocemente per quanto attiene i Paese produttori di petrolio – stanno conquistando per seguirli nella guerra santa contro gli Ebrei? E Netanyahu può davvero contare sulla disponibilità degli USA e dell’Occidente a mandare i propri figli a morire per Tel Aviv?

La speranza è che gli uni e gli altri ci riflettano bene prima dell’irreparabile.

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GAETANO MAIORINO 8 Agosto 2024 - 14:01

Lucido e concreto come sempre.

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